A sipario ancora chiuso e buio in sala si sente un cicaleccio insistente di citofono. Si apre il sipario sulla scena ancora completamente buia, il citofono continua a suonare.
Angelina: “Un momento! Ma chi è a chest’ora?”
Si sente un po’ di trambusto, un trapestio. Alla fine lo scatto di un interruttore porta la luce all’estremità sinistra della scena.
È la portineria di Angelina: un ambiente abbastanza scarno, con pochi mobili piuttosto andanti (sedie spaiate, un grande tavolo, tendine da quattro soldi, un fornello a due o tre fuochi, di smalto bianco, posato su un mobiletto sotto cui si vede una bombola di gas; di fronte alla sala un grosso armadio a muro.
Angelina è in piedi, con la mano ancora sull’interruttore. È una bella donna bruna sulla quarantina, alta e con un bel portamento nonostante l’aspetto chiaramente popolano. Indossa tra l’altro un lungo grembiale da cucina e guanti di gomma rosa, pure da cucina.
Angelina solleva la cornetta del citofono.
Angelina: “Ma chi è? Come? La polizia? Ma che è successo? Un urlo? E chi è che ha alluccato? Vabbuò aspettate un momento che vi apro la portella.”
Angelina appende la cornetta poi aziona un altro interruttore; si sente uno scatto meccanico, e qualche istante dopo sul fondo della scena, nella parte centrale, si apre una piccola porticina. Dal vano inizialmente entra solo la luce azzurra lampeggiante di una macchina della polizia evidentemente parcheggiata subito fuori. Subito dopo si accende anche una luce che illumina il resto della scena: è il cortile di un palazzo storico napoletano, con finestre chiuse e sbarrate da grate, qualche cianfrusaglia buttata qua e là, ad un muro è appoggiato un motorino in pessime condizioni; verso il lato destro della scena una scala porta ai piani superiori. Angelina esce dalla portineria mentre dalla porta in fondo (che è inserita in un portone ad arco più grande, attraverso cui passerebbe una carrozza) entrano due agenti di polizia che vengono verso di lei. Sono un uomo e una ragazza, carina, con capelli lunghi e biondi che le spuntano dal berretto.
Angelina: “Trasite, accomodatevi. Ma che è successo?”
Rocco: “Signò ve l’ho detto, qualcuno ha sentito un grido e ci ha chiamato, noi dobbiamo controllare per forza. Voi siete la portiera, come vi chiamate?”
Angelina: “Angelina Mastronardi. Ma chi ha gridato? Io nunn’aggio sentito niente…”
Fiorella (accomodante): “Signora, una persona ha telefonato al 113 dicendo che aveva sentito una donna urlare come se la stessero scannando… voi capite, non è che possiamo far finta di niente!”
Angelina: “Eh, io capisco… ma a chest’ora. I’ po’ veramente non ho sentito niente! Ma chi è che vi ha chiamato?”
Rocco: “Questo non lo sappiamo. E pure se lo sapevamo, signò, mica lo potevamo dire!”
Angelina: “ Vabbuò, tanto sicuramente è stata quella capera della fruttivendola. Chell’è ‘na ‘nciucessa, non si fa mai i fatti suoi, di giorno e di notte! Ma mo’ che dovete fare?
Rocco (perplesso, nemmeno lui sa bene come procedere): “Eh… mo’ dovremmo sentire tutti quelli che stanno nel palazzo in questo momento!”
Angelina: “Umarò, a quest’ora? Ma voi vedete che si passa pe’ ‘na lavannara stuppagliosa!”
Fiorella: “Signò, ma voi siete sicura che non avete sentito niente? Stavate sveglia?”
Angelina: “E come, no? Signorì io stavo pure faticando! Qua con tutto il lavoro della portineria per fare due servizi in casa devo aspettare che si fa notte!”
Fiorella (con aria comprensiva): “Eh, a chi lo dite… ma state sola, qua?”
Angelina: “Sì; veramente, quello il portiere sarebbe mio marito, ma mo’ è partito, sta a Milano a cercare lavoro, sapete com’è… così sono rimasta sola io a fare la ciuccia di fatica!”
Rocco: “E non avete sentito nulla…”
Angelina: “N’ata vota mo’? Nossignore… vi posso mai dire che ho alluccato io per farvi piacere?”
Fiorella: “No no, che c’entra…” (S’interrompe perché si accorge che Angelina la sta scrutando con attenzione, avvicinandosi a lei).
Angelina: “Uh, che bellella!”
Fiorella (basita): “Ma che cosa, signò?”
Angelina: “ La collanina! Quant’è carina, ma dove l’avete presa?”
Fiorella sorride portandosi la mano al collo. Si avvicina maggiormente ad Angelina creando rapporto di intimità con lei: non sono più un’agente di polizia che sta facendo un’indagine e una possibile testimone, ma due donne che si scambiano confidenze.
Fiorella: “È bella assai, vero? L’ho presa un paio di giorni fa proprio qua vicino, sapete quella bancarella che sta sempre all’angolo con la traversa verso i Tribunali? Ci sta un nero…”
Angelina: “Sì sì, ho capito! Avete ragione, quello tiene sempre bella roba, però questa non l’avevo mai vista. Quasi quasi domani vado a vedere se la trovo pure io… se non vi dispiace, eh!”
Fiorella: “Eh, non è che mi dispiace, ma mo’ per qualche giorno è inutile che passate. Stamattina se lo sono incarrettato i carabinieri!
Angelina: “Uh, povero guaglione, e perché?”
Rocco (che da un po’ dava segni di impazienza): “Per vagabondaggio, abusivismo e perché sicuramente nun teneva ‘o permesso ‘e soggiorno, signò! State senza pensiero che tra due o tre giorni lo trovate ‘n’ ata vota llà. Fiorè, ‘iamm’ a ce movere, qua facciamo notte!”
Angelina (un po’ piccata): “Veramente qua la notte già si era fatta…”
Rocco: “Vabbuò. Signora, quanti inquilini ci sono nel palazzo?”
Angelina: “Qua ci stanno tre appartamenti: due al piano nobile e uno più sopra, erano due anche lì ma poi l’architetto che viveva in uno dei due s’è accattato pure l’altro e ha fatto un attico che non vi dico e non vi conto che cos’è!” (Si rivolge a Fiorella)“Tene ‘na vista, signorì… e non vi dico com’è arredato, con un gusto!... È troppo chic!”
Rocco (con un gesto circolare rivolto al cortile e alle finestre che vi si affacciano): “E i bassi?”
Angelina (di nuovo risentita): “Ma qua’ bassi, marescià? Questi sono ammezzati e ci sono solo negozi, negozi accorsati! E comunque mo’ so’ tutti chiusi e vuoti!”
Rocco: “Va bene, va bene. E comunque (accenna ai gradi che ha su una spalla)non sono maresciallo, sono solo sovrintendente.
Fiorella (prendendo Rocco per un braccio): “Dai Rocco, facciamo un giro per gli appartamenti e vediamo di muoverci.”
Rocco: “E ghiammo…”
Angelina (un po’ insinuante, si vede che è curiosa come una gazza): “Permettete che vi accompagno? Così magari vi spiego pure chi sono gli inquilini…”
Rocco e Fiorella si guardano, poi lui annuisce con una smorfia.
Fiorella (sorridendo): “Venite.”
Angelina (soddisfatta ed eccitata): “’Nu mumento, quanto poso ‘sta roba!”
Angelina torna a passo svelto verso la portineria levandosi di dosso il grembiale e poi i guanti, che posa su una sedia; poi torna di fretta verso i due agenti che la stanno aspettando ai piedi della scala.
A questo punto la scena deve dare al pubblico l’impressione che il gruppo salga le scale (prima verso il piano nobile e successivamente verso il secondo piano). Nel caso che il palcoscenico sia sufficientemente grande è possibile preparare una vera scala che porti a due percorribili sovrapposti, il primo con due porte, il secondo con una sola (non è necessario che siano visibili gli ambienti dietro le porte). Altrimenti la scala può essere solo accennata, pochi gradini che gli attori saliranno una prima volta per arrivare al piano nobile, per poi (anche senza dissimulare la finzione scenica) scendere e risalire diretti al secondo piano.
I due poliziotti salgono, Rocco in testa, con Angelina che viene subito dopo Fiorella.
Rocco: “Chi ci sta al primo piano?”.
Angelina: “Il cavaliere Brusciano e l’avvocato Maimone”.
Rocco: “Ma vivono soli? Non ci sono donne in casa?”
Angelina: “E come no… so’ sposati tutti e due, il cavaliere tiene due figli e l’avvocato una. Però mo' moglie e figli del cavaliere stanno in vacanza a Capri.”
Fiorella: “Ma che lavoro fa ‘sto cavaliere?”
Angelina: “Ma come? Brusciano, quello tiene quattro negozi di scarpe per tutta Napoli! Uno ce l’ha proprio qua nel palazzo.
Rocco si ferma davanti alla prima porta.
Rocco: “Qua chi ci sta?”
Angelina: “’O cavaliere”
Rocco: “E speriamo che il cavaliere non s’incazza che lo svegliamo a quest’ora… Fiorè, entro io, tu rimani qua con la signora. (Bussa, passa qualche secondo. Rocco risponde a una voce che il pubblico non sente) Brusciano, mi dispiace disturbarla, è la polizia, un controllo. Mi fa entrare?”
Passa qualche altro secondo in silenzio, poi la porta si apre e Rocco entra levandosi il berretto. Le due donne rimangono davanti alla porta socchiusa.
Angelina: “Ma secondo voi che è stato sto grido?”
Fiorella (dopo un attimo di esitazione): “Signò, la verità? È qualche scassacacchi che si sta divertendo, secondo me. Un paio di notti fa a certi colleghi nostri gli hanno fatto controllare un condominio di sei piani qui vicino, perché avevano sentito degli spari; e la settimana scorsa ci hanno fatto perquisire una scuola perché avevano sentito un bambino che strillava che lo stavano ammazzando. Intanto noi dobbiamo controllare per forza, ci pensate se poi succede qualcosa davvero?
Angelina: “Ci fate na bella figur’e… niente!”
Fiorella: “Appunto!”
Dall’appartamento arriva uno scricchiolio di porta, poi uno scalpiccio.
Rocco (ad alta voce, dall’interno): “Vada, vada…”
La porta si apre per lasciar passare una donna, anche lei sulla quarantina o poco meno, di aspetto piacente ma piuttosto volgare; minigonna, tacchi alti. È palesemente nervosa e imbarazzata, passa davanti ad Angelina e Fiorella, che la guardano sorprese, stringendosi una giacca sul davanti e con passetti rapidi e nervosi che ticchettano giù per le scale e nel cortile. Un paio di volte, prima di guadagnare la porticina socchiusa, si gira appena verso le due donne, è chiaro che vorrebbe essere ovunque tranne che lì.
Angelina: “Umarò, chella fetente!”
Fiorella (ancora stupita): “Ma chi è?”
Angelina: “’A verdummara… La fruttivendola! Gesùggesù, chella caiorda stava c’o cavaliere!”
Fiorella: “Ma quella che secondo voi aveva fatto la telefonata?”
Angelina (annuendo): “Eh, chella… ma mi pare a me che non è stata lei, a ‘sto punto…”
Fiorella: “E mi pare pure a me…”
Angelina: “Maronna però, chi se lo aspettava mai dal cavaliere Brusciano… una persona così distinta, con quella zompaperete! Con una moglie che è una signora, e le due creature…”
Fiorella (tentennando il capo, un po’ sottovoce, quasi a sé stessa): “’Sti fetenti so’ tutti uguali…”
Angelina: “Eh, a chi lo dite. Tutti una maniata di chiavici.”
Fiorella annuisce in silenzio; tra le due si ricrea quell’intimità che le aveva unite quando parlavano della collana. Tanto che scivolano senza rendersene conto nel “tu” reciproco.
Fiorella: “Uno peggio dell’altro. Però ti assicuro che il più chiavico l’ho acchiappato io”
Angelina: “Uh, mi dispiace. Ma com’è, che t’è successo?”
Fiorella: “Niente, stavo con uno; sposato, lo sapevo, però mi diceva che con la moglie si stava lasciando, che stavano assieme solo per i figli, che dovevo avere pazienza… parlare sapeva parlà. E sapeva pure come prendermi, regalini, pensieri, i fiori, le cene; hai capito il tipo, no? (Angelina annuisce a sua volta)Un anno e mezzo m’ha tenuto così; poi improvvisamente comincia a farsi sentire di meno, una volta non può venire perché il figlio non sta bene, l’altra volta non può perché ha tanto da lavorare… finché una settimana fa mi ha lasciato…”
Angelina interloquisce: “…’o cornuto…”
Fiorella: “E lo sai come? Mica è venuto a dirmelo, manco una telefonata, no: un messaggino! Tu capisci? ‘Na munnezza di messaggio m’ha mandato! Guarda qua!”
Fiorella si fruga rabbiosamente le tasche e ne estrae un cellulare; digita qualche comando poi lo passa ad Angelina, la quale a sua volta lo prende e con qualche incertezza (la luce è poca e forse lei non legge benissimo) lo legge ad alta voce.
Angelina (scandendo bene le parole): “Ti amo troppo per farti soffrire così. Perdonami. Addio (Trasecolata rialza lo sguardo verso Fiorella) ’ sculà, c’omm’ e ‘niente! Ma tu non lo devi pensare più a ‘sta mappina, ti devi cercare un ragazzo, tu si’ accussì giovane, sei carina…”
Le due donne vengono interrotte da Rocco che esce dall’appartamento chiudendosi la porta alle spalle. Fa una smorfia e un gesto con una mano come a sottolineare la situazione imbarazzante che s’è creata a casa del cavaliere.
Rocco: “Andiamo dall’avvocato, va’… L’amm’ fatt’ ‘stu guaio al cavaliere…”
Fiorella: “Ma tu hai capito chi era quella? (Visto che Rocco la guarda interrogativo continua)La fruttivendola, quella che secondo Angelina aveva chiamato il 113”.
Rocco (sghignazzando): “Beh di sicuro non è stata lei a telefonare; e se è stata lei a urlare non è perché la stavano sgozzando! Comunque Brusciano ha assicurato che a casa sua non è successo niente, ho guardato in giro…”
Intanto sono davanti alla porta dell’avvocato Maimone. Si ripete la scena: Rocco bussa, ripete la frase di prima, finché non gli aprono. Dopo qualche secondo Angelina appoggia una mano sul braccio di Fiorella.
Angelina: “Guarda, te lo voglio dire, pure io non è che sto meglio di te. Prima, sai com’è, un po’ con gli estranei uno c’ha soggezione, un po’ con la polizia peggio ancora, non vi ho detto proprio la verità. Quello mio marito è partito per Milano, ma non è andato a cercare lavoro. Chillu curnuto teneva la commare! ‘Na zoccola milanese che tanto ha detto, tanto ha fatto, se l’è fatto venire a casa sua a Milano!
Fiorella scuote la testa.
Angelina: “E pure lui come l’uomo tuo, sciuè sciuè, è venuto, mi ha detto ‘Senti, io me ne vado. Aggio trovato una così e così, tu sei questo e quest’altro…’ e stamattina ha preso e se n’è andato.”
Fiorella: “Gesù, mi dispiace… accussì, a bell’e buono? Ma da quanto tempo eravate sposati?”
Angelina: “Undici anni, c’o pozzano accidere! Undici anni che gli ho fatto da serva, l’ho tenuto come un signore, e pure il suo lavoro ho fatto. Che se aspettavano a lui, i signori di Largo Donnaregina 3, ‘sta casa se ne cadeva a pezzi!”
Fiorella: “Ma che schifezza… tenete bambini?
Angelina (scuotendo il capo): “No, grazie al cielo, se no mo’ era ‘na tragedia.”
Fiorella: “Ma tu lo lasci andare così? Quello è tuo marito!”
Angelina (stringendosi nelle spalle): “E c’aggi’a fa? Gli metto il sale sulla coda? La casa sta intestata a me, il lavoro pure, in mezzo a una strada non vado…”
Rocco esce dall’appartamento dell’avvocato Maimone. Scuote la testa, fa cenno di salire.
Rocco: “Tutto a posto pure qua. Dormivano, l’avvocato la moglie e la bambina. E meno male che manco questi si sono incazzati, qua stiamo facendo n’ata nottata a vuoto. Andiamo dall’architetto, va’… Se acchiappano allo stronzo che sta facendo ‘ste telefonate ce la faccio passare io la voglia di fare scherzi! (rivolgendosi ad Angelina)Come si chiama l’architetto?”
Angelina: “Liccardi, marescià”
Rocco sta per ribattere all’attribuzione impropria del grado, ma decide di lasciar perdere e continua a salire, assieme alle due donne, l’ultima rampa di scale. In cima, solita scena: Rocco bussa, si qualifica, la porta si apre e lui scivola all’interno.
Fiorella (imbarazzata): “Ti volevo dire… per quello che ti ho detto prima, mi dispiace… se sapevo che tuo marito ti aveva lasciato non ti venivo a raccontare che io stavo con uno sposato.”
Angelina: “Nun da’ retta, figurati… quelli sono davvero tutti uguali, sposati, scapoli, tengono un solo pensiero: ghi’ tuorno tuorno facendo i farinielli! La colpa sempre loro è… pure tu, il tuo fetente, se non voleva mettere le corna alla moglie non gliele metteva”
Fiorella (con un sorrisetto): “Insomma, io un po’ di corte gliel’ho fatta però.”
Angelina: “Si vabbuò, ma se lui non ci stava, non ci stava. Guarda, io alla milanese la chiamo la zoccola, ma quello che deve passare un guaio è chillu curnuto di mio marito! E poi, che ti credi… quello come ha messo le corna alla moglie le avrebbe messe pure a te, se pure non te le metteva già!”
Fiorella (mestamente): “E che ti credi che non lo so? Che veramente mi credevo che quando mi dava buca era per il figlio o per il lavoro?”
Angelina (con l’intenzione di cambiar discorso, accenna con la testa verso la porta attraverso cui Rocco è entrato): “Senti ma con… lui, niente?”
Fiorella (divertita): “Ma chi, io con Rocco?”
Angelina: “Ma sì, è ‘nu bello guaglione in fondo. E poi state sempre assieme a lavorare, no?”
Fiorella: “No no, non sia mai. Troppe complicazioni con un collega di lavoro; e poi proprio con Rocco sarebbe da ridere…”
Angelina: “E perché, che tiene?”
Fiorella guarda di sottecchi attraverso lo spiraglio di porta rimasto aperto, poi si china un po’ verso Angelina e parla sottovoce.
Fiorella: “Beh, a guardarlo così non ci pare… ma a quello le femmine non ci piacciono!
Angelina: “Uggesùgiuseppemmaria! Ma tu che dici?”
Fiorella (sussultando al tono di voce di Angelina): “Shhh, parla piano! (Angelina fa un cenno di scusa)Ma sì, lui non lo dice ovviamente, ma io l’ho capito, e l’ho pure visto. Tiene un amichetto!”
Angelina: “Umaronnamia, e mo’ chi ‘o ssape che succede là dentro…”
Fiorella: “Perché, che deve succedere?”
Angelina: “No, niente… ma ho paura che da qua non ce ne andiamo più!”
Fiorella (perplessa): “Non ti capisco, perché non ce ne andiamo più?”
Angelina (indicando anche lei la porta di casa dell’architetto Liccardi): “Quello pure all’architetto non ci piacciono le femmine…”
Fiorella rimane un attimo in silenzio guardando prima la porta poi Angelina, poi non si trattiene e scoppia in una risata silenziosa, convulsa, aggrappandosi con una mano a un braccio di Angelina; che a sua volta la segue nella risata.
Fiorella: “E questo ci manca, che ci lascia qua fuori a reggergli il moccolo!”
Le due donne continuano a ridacchiare, poi si sente la voce dell’architetto, un po’ affettata, dall’interno.
Architetto: “Mi raccomando, ci tengo!”
Rocco (uscendo, anche lui con un tono molto “distinto”): “Certamente, non mancherò.”
La porta si chiude alle spalle di Rocco, che comincia la discesa.
Rocco: “Niente, pure qua tutto a posto. Ma che bella casa, che gusto… si vede che è un architetto. (Si volta verso Angelina, che lo segue, seguita a sua volta da Fiorella)Che tipo è, sembra una brava persona, no?”
Angelina (con un ampio gesto della mano, come per dire ‘hai voglia!’): “E come no, bravissima!”
Rocco si volta di nuovo davanti. Fiorella, trattenendo a stento le risate, da’ una manata ad Angelina, che risponde con una gomitata; sembrano due scolarette che prendono in giro la maestra. Alla fine tornano in mezzo al cortile.
Rocco: “Fiorè, ce ne possiamo andare, il verbale lo facciamo poi con calma in commissariato. Qui sta tutto a posto. Signora, scusateci il disturbo.”
Angelina: “Ma no, che disturbo, voi facevate il vostro dovere. E poi (sorridendo a Fiorella)ci siamo fatte due chiacchiere… anzi, se ti capita di passare da qui, vienimi a trovare. (Di nuovo a Rocco)Pure voi, marescià, quando volete siete il padrone”
Rocco (distrattamente, forse lanciando un rapido sguardo all’ultimo piano): “Sì, sì, grazie…”
Fiorella: “E come no, con piacere…”
Rocco si rimette il berretto e si avvia con Fiorella verso il fondo scena. Dopo averli accompagnati alla piccola porta e aver chiuso quest’ultima alle loro spalle, Angelina torna verso la portineria. Scuote la testa.
Angelina: “Ma vedete che ora s’è fatta… con tutto il lavoro che tengo! ‘A piccerella però è simpatica.”
Entra nella portineria, spegne la luce del cortile e accende quella all’interno. Si rimette il grembiule e i guanti. Da un ripiano prende una tovaglia incerata e la stende sul tavolo. Si avvicina al grande armadio a muro e ne apre cautamente un’anta; appena ha aperto uno spiraglio sufficiente vi infila rapidamente l’altra mano e la tiene all’interno dell’armadio; quindi spalanca entrambe le ante.
All’interno dell’armadio appare un uomo cui solo la mano di Angelina appoggiata al petto impedisce di piombare al suolo. È in canottiera, illuminato chiaramente, un grosso coltellaccio è ben visibile, piantato proprio in mezzo all’addome e a un’ampia chiazza di sangue rappreso. È importante che Angelina non impedisca a nessun angolo della platea la vista del cadavere.
Con prudenza, per evitare che il cadavere le cada, Angelina se lo appoggia prima su una spalla sollevandolo come un tappeto arrotolato, poi arranca fino al tavolo e lì lo scarica, sistemandogli poi per bene braccia e gambe.
Angelina (sbuffando): “All’anima e chi l’è ‘mmuorto, fino alla fine m’adda fa’ faticà… pesaturo prima e pesaturo mo’! Che poi io vorrei sapere grande e grosso com’è da dove gli uscita quella vocella da femmina!”
Scosta i capelli dalla fronte, è stanca e sudata.
Angelina: “Pure se a me veramente pareva più ‘nu puorco… Vabbuò va’… prepariamo ‘sta valigia.”
Trascina un grosso valigione che era in un angolo e lo apre accanto al tavolo. Dal ripiano del fornelletto prende una piccola mannaia da macellaio. Si avvicina al corpo del marito morto, solleva bene in alto la mannaia e rimane così, col braccio puntato verso il soffitto.
Angelina: “E mo’ che arrivi a Milano salutami la Madonnina…”
SIPARIO
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