Shoot 'Em Up - Spara o muori di Michael Davis promette un mondo di sfracelli, mondo che puntualmente si avvera sotto forma di un body county di smisurate proporzioni frutto di duelli, sistematicamente “uno contro cento”, che l’ineffabile Mr. Smith (Clive Owen, lanciatissimo vabbè ma verso dove?) vince a man bassa in virtù anzitutto di una capacità, molto da cartoon va detto, non solo di schivare le pallottole altrui, ma anche di sopravvivere a traiettorie ed urti fatali per chiunque (tranne che per lui…) e che gli consentono di arrivare tutto intero dove nessun’altro arriverebbe, tipo quella che lo fa uscire, in seguito ad uno scontro frontale cercato e voluto con un'altra auto, dal parabrezza (che ha provveduto a far saltare a colpi di pistola…) per entrare dritto dritto nel parabrezza altrui così da ritrovarsi, una volta all’interno dell’altra auto, pronto a dar luogo all’ennesima carneficina.
Inutile cercare altrove, perché la cifra del film è tutta qua, in un ribollire di trovate fisiche dove oltre alle traiettorie di cui si è detto, va annoverata l’eliminazione di qualsiasi forma di attrito, il che consente a Mr. Smith scivolate rasoterra lunghissime, così come slittamenti di funzioni dove per esempio le carote, accanto alla funzione solita, quella del nutrire, ne svolgono un’altra, uccidere a mo’ di pugnale, o infine quella per cui se non c’è una pistola per far partire dei colpi, basta avere una mano ed un camino nei paraggi.
In un mondo di cartoon siffatto, “buffamente” il plot è non lo è per niente visto per quanto in modo confuso allinea elezioni presidenziali (americane), leggi a favore di una restrizione della libera circolazione delle armi, cure a base di trapianti di midollo osseo + cellule staminali (da qua discende il neonato da cui tutto ha inizio…), e sensi di colpa grossi quanto una casa, visto che Mr. Smith altro non è che uno che le armi le vendeva, in un negozio, fino al giorno in cui le ha vendute alla persona sbagliata che ha pensato bene di usarle in un fast-food (e non per pagare il conto…).
Mentre gli inserti del film provengono ovviamente dal cinema di Hong Kong ma anche dal western all’italiana (Mr. Smith che con le dita fratturate tenta comunque di reggere la pistola richiama alla mente Franco Nero in Django…), la coppia Clive Owen-Monica Bellucci (prostituta specializzata nell’allattamento al seno di uomini travestiti da poppanti…) proviene dal mondo dei furbi che l’ha messa nel film non per funzionare, e infatti non funziona, ma solo sperando di richiamare in sala uomini e donne in parti eguali. Invece quello degno di attenzione è Paul Giamatti. Non che debba dimostrare la sua bravura, non c’è bisogno, certo è che stavolta tra occhiate assassine, cattiverie fuori misura, una scena necrofila che pochi ad Hollywood avrebbero accettato di girare, sembra il fratello gemello di Anton Chigurh che ha sbagliato film.
La cinèsi è tanta, si è detto, ma di pari passo procede l’assuefazione, così che dopo dieci minuti l’attenzione inizia a scemare. Chi pensa che la famosa scena coito Owen-Bellucci meriti il biglietto si sbaglia di grosso.
La battuta? Eccola: la Bellucci ad Owen “Perché non porti il bambino alla polizia?” “Non posso...”, risponde Owen “…sono Unabomber”. “Guarda che Unabomber l’hanno arrestato” fa la Bellucci. “È quello che credono loro…”.
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