Ogni libro dell'autrice francese Fred Vargas è una piacevolissima scoperta. Magari non tanto per l'intreccio giallo - che comunque è intrigante e mai banale - quanto per la caratterizzazione dei personaggi, la scrittura e l'atmosfera, in un accordo dai toni surreali che però l'autrice riesce sempre a far risuonare come estremamente credibile.
Chi è morto alzi la mano è uno dei primi romanzi della Vargas, ed è anche quello in cui compaiono per la prima volta i "tre Evangelisti" che ritroveremo anche in altre opere. Marc Vandoosler, Lucien Devernois e Mathias Delamarre sono tre studiosi di storia (tra l'altro proprio come la stessa Vargas) e coinquilini per necessità economica. Una convivenza non semplice, visto che oguno dei tre è profondamente immerso nella propria materia di studio - rispettivamente il medioevo, la Prima Guerra Mondiale e la preistoria - e ne è dominato in modo quasi astrologico. A questa difficile alchimia si aggiunge pure il "padrino", ossia lo zio di Marc, ex poliziotto cacciato per corruzione ma con un proprio personalissimo imperativo morale.
Questo coabitazione a quattro, ricca di attriti e diversità di vedute, si trasforma in una efficientissima macchina investigativa allorché ci sia un mistero da risolvere. In questo caso si tratta della comparsa notturna di un faggio nel giardino della vicina, l'ex soprano di origine greca Sophia Siméonidis. Ma quest'albero inatteso sarà solo il principio di una vicenda ben più complessa, che coinvolge antichi misteri familiari e il torbido mondo del bel canto.
Un romanzo che, pur non essendo all'altezza dei capolavori conclamati di questa autrice, resta comunque una prova narrativa molto godibile, anche perché introduce personaggi indimenticabili che ritroveremo anche nei romanzi successivi.
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