Quando saprai far sparire il tempo così come fai sparire la tua moneta, allora potrai dire di aver messo insieme un “numero” interessante.
A volte ci si imbatte in anomalie. Anche la scrittura è una anomalia. Anche un libro è una anomalia. A maggior ragione, se si tratta di un giallo scritto più di cinquanta anni fa da un autore di cui si sono perse le tracce. Un giallo nel giallo, una singolarità che arresta il tempo.
E Geoffrey Holiday Hall fa sparire il tempo con il romanzo La fine è nota. Come? Con l’unico tranello concesso a un autore: incatenare il lettore alla pagina, alla storia. Una detective story che si srotola a ritroso, con il respiro, il ritmo e la penombra degli anni Quaranta. Con una scrittura assorta, riflessiva e un grande talento, egli intreccia trame coese, intaglia personaggi e dipana le vicende con maestria. Come in un film di Hitchock, le diverse voci e prospettive si intrecciano e poi convergono.
Siamo a New York, alla fine degli anni Quaranta. Un uomo si getta nel vuoto dal davanzale dell’appartamento del signor Paulton, vicepresidente di un grande magazzino. Questi non è in casa, al momento del gesto tragico. Solo la moglie è testimone. L’uomo che si è lanciato è uno sconosciuto, dall’aspetto insignificante: cercava con insistenza il vicepresidente in persona, unica persona in grado di aiutarlo. In che modo? Si può soccorrere qualcuno mai incontrato, mai conosciuto in precedenza?
Molte persone e molte cose hanno solo bisogno di un po’ di lavoro e di una veste nuova per mutare aspetto. E talvolta basta una lieve interferenza per inclinare il quotidiano e sospingerlo fuori dai binari consueti. Anche il vento riesce ad assumere una doppia personalità: e comincia a ronfare adagio, come un gatto, contro il muro esterno, oppure a grattare nel silenzio, come un topo. E a scuotere alla radice le certezze di un' intera esistenza. Come accade al signor Paulton. Come può accadere a tutti noi.
Un autore, un giallo. Di Geoffrey Holiday Hall si sono davvero perse le tracce.
Dopo il romanzo La fine è nota, edito nel 1949, nel 1954 con quel nome uscì un secondo libro (Qualcuno alla porta, Sellerio, 1992). Poi, il nulla. Persino l’editore americano non conserva traccia di Holiday Hall nei suoi archivi. Né ha ricevuto notizie. Come si fosse trattata di una digressione imprevista, di uno scherzo. O, come potrebbe alludere il nome stesso, di una “vacanza” sotto pseudonimo. Oppure di un lampo repentino, seguito dal silenzio. Per dirla con Leonardo Sciascia, “un piccolo mistero che sarebbe divertente risolvere”.
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