Sarajevo non è una storia, è un mosaico di storie che si intrecciano, un puzzle del quale però esistono fin troppe tessere, tasselli irregolari che non andranno mai perfettamente al proprio posto e non ricomporranno mai un'immagine univoca. Sarajevo è sfuggente, Sarajevo affastella racconti su racconti, voci su voci, che rischiano di perdersi in una cacofonia babelica caratterizzata solo dal rumore di fondo.

Con la graphic novel Neven, Joe Sacco riesce invece a comporre un'opera potente e discreta, che cammina sul crinale del dubbio - sono tutte vere le storie di guerra? sono inventate? c'è chi ci specula sopra? e allora, di chi fidarsi? - senza perdersi in facili moralismi. Anzi, la guerra civile serbobosniaca emerge da questa storia con un carico di umanità (e di perdita di umanità) come solo le grandi narrazioni riescono a raggiungere.

Neven, il personaggio che dà il nome a questo romanzo a fumetti, è un informatore. Anzi no, è ex miliziano. Anzi no, è un eroe di guerra. O forse solo uno che ha molti debiti di gioco, un beone, un giocatore di biliardo tiratardi e amante della bella vita, quel poco che ne è rimasto in Bosnia Erzegovina. Difficile stabilirlo. Lo stesso Joe Sacco, reporter di guerra che a più riprese visita Sarajevo, non sa bene come annoverarlo. Forse addirittura tra gli amici. Sia come sia, le storie di Neven diventano quelle di un battaglione, di una città, di un popolo. Un cumulo di racconti, di morti, di grandi e piccole tragedie, che dell'impossibilità di ricomporsi in un tutto coerente fanno proprio il loro cardine. Dipende dall'assurdità della guerra, che rende assurda la realtà stessa, o dal fatto che Neven è con tutta probabilità uno spacciatore di storie solo parzialmente vere?

Sacco non risponde, non vuole rispondere, forse perché non può rispondere. La risposta ultima è in questa splendida graphic novel, una porta d'accesso verso Sarajevo e le sue storie, una spinta sicura a volerne sapere di più.