Non sempre si parte al massimo. A rileggerlo oggi, a 45 anni di distanza, il numero 1 dell'ormai mitica serie mensile dell'Astorina, Diabolik - Il re del terrore, presenta così tanti buchi e ingenuità narrative da renderne addirittura faticosa la lettura. Le sorelle Angela e Luciana Giussani, a ogni buon conto, si ripresero subito. E alla grande. Da quel novembre del 1962 tascorse meno di un anno, e una decina scarsa di numeri, per dar vita a perfetti congegni narrativi che costituirono le fondamenta di un successo editoriale made in Italy che, nell'arte sequenziale italiana, rappresenta un modello di longevità paragonabile al solo Tex. Diabolik è un personaggio amatissimo e costantemente ricordato in tutta Italia (tra gli ultimi happening menzioniamo La Maratona Diabolika organizzata di recente a Napoli da Giuseppe Cozzolino) e che oggi è anche un buon videogioco (sviluppato da Artematica).
E allora, per tutti i lettori delle avventure di Diabolik e Eva Kant (che fece il suo ingresso nella serie a partire dal numero 3), fu un toccasana leggere, per i festeggiamenti del diaboliko quarantennale, il remake di questo primo numero a firma di due dei massimi esponenti del fumetto italiano: Alfredo Castelli (ai testi) e Giuseppe Palumbo (alle matite e al pennello). L'operazione del 2001, supervisionata dal direttore editoriale di Astorina, Mario Gomboli, ebbe il merito di ricucire i vuoti narrativi cui prima si faceva cenno, con invidiabile precisione filologica. Castelli, come racconta nell'appassionato Dietro le quinte del volume, lavorava da anni al progetto e finalmente era riuscito a convincerne della bontà Luciana Giussani, che purtroppo non lo vide terminato (la creatrice di Diabolik scomparve infatti nel marzo del 2001, quattordici anni dopo la sorella Angela).
Diabolik - Il re del terrore: il remake non solo mantiene intatta la crudezza e la forza del primo numero, ma, sciogliendo i nodi e svelando i "perché" narrativi lasciati insoluti, rafforza la tonalità nera del fondamento della serie. Diabolik non sarà quasi mai più così noir come al suo esordio, lontano mille miglia dal personaggio romantico e a volte addirittura idealista dei decenni successivi. Con gli anni Diabolik infatti acquista spessore psicologico, smussando la crudeltà degli inizi, che si mostra qui con ferocia assoluta: il nostro eroe, che provoca, come tutti i protagonisti "negativi" di racconti appassionanti, poco piacevoli meccanismi di identificazione, non perde occasione per plagiare, accoltellare e sgozzare chiunque si frapponga tra lui e il suo obiettivo. L'albo ricorda, e lo diciamo, per inciso, per collocare velocemente il personaggio nella sua posizione all'interno del nostro immaginario collettivo, il primo romanzo di Fantômas, il popolarissimo super-criminale protagonista di tanti feuilletons di inizio 900.
Chiudiamo rapidamente tornando all'oggi: se, almeno in parte, appare ancora efficace il Diabolik di Mario Bava (1967), la potenza del trasformismo e della grande invenzione narrativa delle diabolike maschere si riverbera in svariate serie televisive e pellicole a noi più strettamente contemporanee. Qui citiamo solo due esempi, che sottolineano la validità della portata simbolica del personaggio Diabolik: Face/Off di John Woo (1997) e la prima, indimenticabile lunga scena di Mission: Impossible di Brian De Palma (1996). Ma ne riparleremo.
Angela e Luciana Giussani,
DIABOLIK, IL RE DEL TERRORE
“Diabolik”, n. 1
Astorina, novembre 1962
Alfredo Castelli (testi), Giuseppe Palumbo (disegni)
DIABOLIK, IL RE DEL TERRORE: IL REMAKE
Astorina, 2001
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