Questa lievità strana e a me aliena del vivere bene e sorvolare allegramente i problemi dell’esistere era perfettamente incarnata da questo uomo sgraziato e anacronistico che mi trascinava nelle sue marachelle notturne con tanto di sberleffi alle infermiere secondino.
Scesi in cortile aveva estratto una fiaschetta da alpinista e mi aveva intimato di bere "Ti servirà..."
Nel giardino era parcheggiata una vespa gialla con due caschi sopra, ci era salito sopra con noncuranza studiata, ogni suo gesto aveva un che di profetico e ineluttabile .
Si era poi girato e mi aveva guardato con aria scanzonata e mi aveva detto: "Andiamo da Sara."
Come in trance ero salito senza prestare nessuna attenzione al fuori contesto che avvolgeva tutta la situazione, surreale, da soap opera sudamericana eppure così tremendamente inevitabile.
Avevamo superato senza problemi i cancelli dell’ospedale, sembravano tutti assopiti in altri pensieri, meglio così sarei crollato alla prima verifica, decisamente non avevo la stoffa del latitante.
Eravamo arrivati in fretta e furia ad un bosco poco lontano dall’ospedale e avevamo travolto senza difficoltà una transenna che avvertiva di uno strapiombo.
Il vecchio pazzo mi aveva cinto le spalle senza dolcezza ma con la solidità energica di un soldato, poi mi aveva consegnato un biglietto spiegazzato e mi aveva sussurrato con voce solenne "Ero nello stesso reparto di Sara, suo spasimante senza speranza, suo servo assoluto, una servitù che mi ero auto imposto e di nessuna utilità. Mi sembrava l’unico modo di starle vicino. Era sicura che mi sarei salvato e mi ha affidato questo messaggio per te, da darti quando avresti toccati il fondo senza più voglia di risalire."
Mi diede il foglietto: Di A. merini, per te amore mio,
Ho sentimento di una cosa strana
Che tutta mi colora e mi indurisce;
e mi pare di essere sovrana
di largo tempo e tutta mi smarrisce
questa tua apparizione così bella
che a me sembri non uomo ma una stella
"Sono pronto a farmi stella, spingimi giù."
Il vecchio fece una goffa e ineluttabile retromarcia ma io mi ero già librato nell’aria.
Dissero che ero fuggito inseguito dai miei incubi di una morte vicina e angosciante, mia cognata tutta tremante ebbe la conferma definitiva che quella sciagurata di sua sorella aveva sposato uno squilibrato, i nipoti si spartirono allegramente l’eredità, il più piccolo curiosamente fece una richiesta insolita.
Volle un telescopio sofisticatissimo in casa, e prese a frequentare ossessivamente l’osservatorio della sua città.
Aveva gli occhi di Sara.
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