Cosa dire di un’opera sovrumana come Il Grande Nulla? Cosa scrivere senza cadere nel retorico e nell’esaltazione di quello che è il più grande narratore noir degli ultimi 50 anni? Forse bisognerebbe solo leggere e ringraziare. Il Grande Nulla è, in effetti, un Piccolo Tutto: in 460 pagine vi è l’Uomo moderno, con le sue malignità e i suoi inconfessabili segreti, nascosti dietro facciate diverse – dignitose o vergognose – ma che sono proprio intrinseci nel DNA di un essere vivente che non sa resistere ai suoi vizi, alle sue ossessioni, alle sue paure, ai suoi desideri. Con questa seconda puntata dell’incredibile Quadrilogia di Los Angeles - passaggio obbligato per ogni appassionato di noir - James Ellroy allarga a dismisura il palcoscenico del suo personale Teatro degli Orrori. In una California anni ’50 ancora scossa dalle violenze sulla Dalia Nera e dagli scandali sulla corruzione della Polizia, sorge il sole rosso della minaccia comunista sul mondo del cinema hollywoodiano, potente e depravato. In questa colossale storia di uomini, potentati, clan mafiosi e giustizie di Stato soggettive e aggiustabili - soggetti tutti uniti sotto la grande insegna del degrado morale di ogni tipo - quel che lascia stupefatti è l’assoluta padronanza della scena e l’autorità che James Ellroy infonde nel lettore: la consapevolezza di assistere a qualcosa di VERO e possibile è seconda solo alla sconfinata ammirazione per la sua capacità di scrivere una storia così maestosa e complicata senza cadere in errori. Nella sua consueta mistura di sangue, violenze indicibili, sodomie, droghe e intrallazzi di ogni tipo, Ellroy applica lo stile perfetto per una storia di questo tipo e spessore: una impeccabile narrazione in terza persona che mai indulge al giudizio o si sofferma a riflettere. Una vera voce dell’unica grande storia che conta, quella dell’Uomo che, solo, combatte contro tutti e contro sé stesso. E lo fa con una tal perfezione che, alla fine, ci si trova a parteggiare e a soffrire per le sorti di un grandissimo figlio di puttana come Buzz Meeks. Perché non c’è un’unica giustizia, e nel mondo degli uomini quasi tutti hanno qualche ragione e qualcosa da nascondere. Ellroy piazza lì i suoi personaggi fittizi, li intreccia con la vera storia americana di quegli anni e crea arazzi magnificenti e spiazzanti con la maestria sopraffina dell’artista che lascia il giudizio ai soli appassionati, rifiutando buonismo e populismo. Il Grande Nulla non è assolutamente un libro facile e non è per tutti. E’ violento, sordido, nerissimo. E’ difficile da seguire (soprattutto la prima metà) per l’incredibile quantità di personaggi presenti e per un modo di raccontare che non prende per mano il lettore portandolo alle ultime pagine, ma al contrario lo schiaffa in mezzo a un incrocio hollywoodiano e gli dice “ora sono cazzi tuoi.”

Se si resiste agli shock delle pagine più dure e a qualche accenno di noia sulle pagine più politiche, alla fine ci si ritroverà a sudare meraviglia sulle ultime 30 pagine del libro, assolutamente perfette.

Al termine di uno squassante tourbillon, Ellroy svela tutto; lo fa con la sua impagabile capacità di chiudere un qualcosa lasciando comunque nell’aria il sentore di nuovi fuochi e nuove orge.

Inchiniamoci.