Marpalò e l’assassinio nella città murata di Luisa Conz, Robin 2007.

“Aminta Marpalò, ritrovandosi gli operai in casa per alcuni lavori idraulici, decide di passare una breve vacanza presso un agriturismo nella suggestiva cittadina murata di Casteldese. Qui vivono due suoi cari amici, i coniugi Vernani. Una volta arrivata, Aminta viene a sapere che il figlio della coppia, uno stimato cardiologo, è appena morto. La versione ufficiale parla di polmonite, ma il padre insiste in una tesi apparentemente folle, l’omicidio. Nel frattempo un’altra morte agita la piccola comunità: una hostess, che da poco aveva acquistato un’antica residenza nella cittadina, viene rinvenuta cadavere nella sua abitazione per un’overdose di cocaina. Dal ritrovamento della sua agendina emerge la figura di uno steward brasiliano su cui pendono infamanti accuse di pedofilia, ma anche un presunto legame tra la ragazza e il medico deceduto. Aminta, incuriosita, decide di vederci chiaro e ben presto per lei non sarà più possibile rimandare la scoperta di una verità sconvolgente e insospettabile”.

Ha cinquanta anni. Subito alle prese con l’esistenza “Le pareva che l’altalena di positivo e negativo, di favorevole e contrario, che rappresenta la norma del vivere quotidiano, fosse una condanna ostinata al punto da non farle trovare, in quel momento, motivo per alzarsi e mettere fine all’incipiente congelamento del suo corpo”. E sul passare del tempo “Perché non lasciarsi morire nello stato e nella forma di quando si è raggiunta la maturità?”.

Non si vedrebbe il decadimento di tutto il corpo. Frecciate sui politici ignoranti e maleducati, bravi solo nell’insulto e sul “premier goliardico e giocherellone che si divertiva a tirare il sasso per poi nascondere la mano, o fare le corna in una riunione internazionale di capi di stato”. Indovinate chi è. Pudica nel parlare di sesso. Si lascia prendere dall’ottimismo della giovane Carola accolta con il figlio Bibì sotto la sua protezione “Le aveva trasmesso ottimismo, l’immagine di un mondo che, pur trasformandosi in modo caotico e vorticoso, apriva spazi d’indipendenza, d’emancipazione e di libertà dalla paura del diverso”. Ostinata anche verso se stessa nel voler risolvere il caso e piena di speranza e di orgoglio “Passeresti per monsieur Poirot agli occhi di tutti”. Citato anche il solito, scontato dr. Watson. Che sia testarda lo conferma anche la domestica Attilia “Perché tu sei peggiore dei muli degli alpini che quando decidono di fermarsi o di andare avanti per conto loro neanche le botte gli fanno cambiare idea”. Onesta ma se c’è bisogno di scoprire qualcosa usa anche le frottole. E se c’è bisogno di farsi bella per “sedurre” lo fa “Adesso, infatti, con la redingote di panno nero, gli stivali a tacco alto e la pelliccia che le ornava le spalle, dava davvero l’impressione di una dama un po’ fanèe ma di sicura eleganza”. 
Brevi flasch back della sua vita quando si becca sulle spalle la bacchetta della maestra. Ricordo di suo padre ingegnere. Tra loro amore e contrasto, ma soprattutto stima. Ne sente la mancanza. Alla fine avverte il bisogno del capitano dei carabinieri Andrea Felsini verso il quale nutre una discreta simpatia. Una donna ritornata alla vita. Ricordo ai lettori che ne “L’impiccato” era lei che doveva impiccarsi e si imbatte in uno che l’ha già fatto!

In questo libro abbiamo le solite descrizioni del luogo, i soliti riferimenti storici, i soliti accenni ai cambiamenti della società. La solita zolfa, insomma. Il tutto condito con una  scrittura modesta. Uno dei tanti, troppi,  gialli dozzinali in circolazione.

 

Spazio libero

Un saluto ai miei lettori!

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it