Sono un uomo della Bassa. Una terra che per me rappresenta uno stato mentale, un luogo in cui vale la pena ritornare frequentemente, fra i campi, il Po e la nebbia che ti rimane dentro anche quando non c'è. Sono uno con poche certezze nella vita ma di quelle poche mi fido. Letterariamente parlando non ho paura del domani; al limite mi preoccupo di non trovare l'idea giusta per il prossimo libro che dovrò scrivere. In genere, comunque, non mi inquieto. Cerco di non pensarci, faccio altro, mi distraggo. Guardo la tv, vado al cinema, osservo la gente per la strada e quando ci ripenso l'idea è lì.
Amo la buona cucina; mangiare è la seconda cosa che mi piace fare oltre a scrivere. La prima immaginatela; )
Noi della Bassa abbiamo una vera passione per la tavola. E anche per il resto.
A volte cucino ma sporco un numero imprecisato di pentole e padelle il che mi fa desistere perché poi bisogna lavarle... Nei miei romanzi mi piace parlare di cibo: ho imparato da Vasquez Montalban e dal suo Pepe Carvalho, uno che di cibo se ne intendeva. La tavola richiede tempo e calma per questo sono un fervente sostenitore dello slow food. Non sono un gran goloso. Posso dire che quella che seguo è la dieta del bambino viziato: non mi piacciono le verdure, i cibi fuson, le cucine etniche...
Difficile dire quale sia il mio piatto preferito. Ne ho tanti e per campanilismo cito i cappelletti in brodo e le salsicce mantovane con polenta.
Sono sostanzialmente un pigro anche se per presentazioni e incontri viaggio molto. In città mi muovo solo coi mezzi pubblici e con lo scooter. Quando sono arrivato la prima volta in auto a Milano mi sono sentito disorientato. Qui i semafori funzionano anche alle due di notte e c'è sempre coda. A Mantova una cosa del genere non mi era mai successa. Lì i semafori alle dieci sono già tutti lampeggianti...
La conseguenza è che prendo spesso la metropolitana, anche se nei miei romanzi si vede che coltivo una certa idiosincrasia verso questo mezzo. Mi piace il treno per viaggi di qualche ora ma la Francia la girerei tutta solo in auto. Anzi, in camper. Mi piace il mare a giugno quando non c'è nessuno; le dolomiti tutto il resto dell'anno.
La mia scrittura penso sia come me. Un po' agitata, sempre all'erta. Mi capita a volte di uscire di corsa dalla doccia tutto bagnato perché ho un'idea da fissare sulla carta prima che scompaia per sempre... La fisso a l'ancienne: matita e taccuino. Lo svolgimento, il lavoro duro dello scrivere, invece, lo faccio al Pc.
Il computer. Il famigerato elettrodomestico ha una parte importante nella mia vita. Con l'informatica, in generale, vivo un rapporto morboso visto che è la mia professione. C'ho pure scritto un libro ironico sopra che s'intitola “Informatici – I Peter Pan del Pc”. Il sottotitolo dice tutto: sostanzialmente si tratta di ragazzini che si rifiutano di crescere...
Anche con la scrittura ho un rapporto intenso che potrei riassumere in tre parole, come quella canzone: Amore. Accondiscendenza. Dipendenza.
Quando ho la famosa ispirazione cerco di coglierla subito, sforzandomi d'incanalarla per dargli una forma compiuta, che sia quanto più intelligibile possibile per il lettore.
Il blocco dello scrittore, o la stitichezza nello scrivere come la chiamo io, ancora non mi ha colto. E mi sento fortunato per questo. Così come mi sento fortunato di aver conosciuto tutti i miei nonni. Ne ho ancora tre a cui sono molto affezionato. Con loro, e col passato in generale, ho un rapporto di profondo rispetto perché, per sapere dove stiamo andando, dobbiamo conoscere da dove veniamo. Sono laureato in Storia Contemporanea e all'importanza della memoria, di cui sono fermamente convinto, ho dedicato il mio romanzo La mano sinistra del diavolo con cui quest'anno ho vinto il Premio Camaiore di Letteratura gialla.
Mi piacerebbe un giorno vivere solo di scrittura, ad oggi ancora non ci riesco. Sono molto pochi quelli ci riescono del resto. Se, però, per scrittura si intende, oltre ai libri, anche sceneggiature, articoli di giornali eccetera allora l'obbiettivo è più alla portata. Per ora io mi divido fra due passioni: la scrittura e il computer. Spero che un giorno la prima l'abbia vinta sul secondo; )
Paolo Roversi è nato il 29 marzo 1975 a Suzzara (Mantova). Scrittore, giornalista ed esperto di ICT, vive a Milano. Si è laureato in Storia contemporanea all'Università Sophia Antipolis di Nizza (Francia) con una tesi sull'occupazione italiana in Costa Azzurra durante la seconda guerra mondiale. Giallista promettente, definito dalla critica lo Scerbanenco postmoderno, è uno degli esponenti del cosiddetto noir metropolitano ed è spesso indicato come il golden boy del giallo italiano. Ha pubblicato due romanzi gialli con protagonista il giornalista hacker Enrico Radeschi: Blue Tango - noir metropolitano (Stampa Alternativa, tre edizioni) e La mano sinistra del diavolo (Mursia) con cui ha vinto il Premio Camaiore di Letteratura Gialla 2007 ed è stato finalista del <strong>Premio Franco Fedeli 2007. Studioso di Charles Bukowski, alla sua opera ha dedicato tre libri: la prima biografia italiana scritta con l'aiuto di Fernanda Pivano, un romanzo con protagonista proprio lo scrittore ed un libro di aforismi pubblicato nel 1997 nella collana Millelire. Ha scritto un libro-guida su Mantova e la sua gente, ed un volume umoristico sulla professione dell'informatico. Collabora con riviste e giornali letterari come Rolling Stone, Diario e Stilos. Cura una rubrica dedicata al lato oscuro della rete sul mensile Detective Magazine. È fondatore e direttore della rassegna dedicata al giallo e al noir NebbiaGialla Suzzara Noir Festival che si svolge ogni primo weekend di febbraio a Suzzara (Mantova). Dirige il portale MilanoNera il lato oscuro della scrittura, dedicato interamente alla letteratura gialla. Dal giugno 2007 dirige la collana NebbiaGialla dedicata al giallo e al noir per la casa editrice Eumeswil
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