Tre macchine in carrozzeria e chissà quanti incidenti mortali scansati per un pelo, a causa dell'insondabile follia di M.A., il ladro di tombini di cui riferisce Il Gazzettino del 30 gennaio. Divorato da una sorta di intimo fuoco trasgressivo, in un imprecisabile periodo di tempo ne ha rubati a centinaia nella sola provincia di Padova, oltre a a caditoie e segnali stradali divelti dalla loro sede.
La storia di questo ingegnere tunisino di 31 anni, che ora rischia non solo una condanna per furto e attentato alla sicurezza dei trasporti, ma anche di rifondere danni per 20mila euro, è talmente fuori da ogni logica, da conquistarsi un posto a titoli cubitali nell'archivio di Gotico Padano. Pur cadendo in un momento in cui - tra fuochi apparsi nel cielo, odori nauseabondi e salme mummificate - l'intero Nordest sembra in preda a un inarrestabile Armageddon, il caso di M.A., che alle ore piccole attendeva il momento buono per strappare dall'asfalto i tombini delle reti pubbliche (particolare accanimento pare mostrasse verso quelli della Zip di Padova), merita assoluta precedenza.
All'identità dell'Arsenio Lupin delle fogne i carabinieri di Piove di Sacco e Legnaro sono risaliti scoprendo il ricettatore che ogni mattina attendeva l'Apecar da cui M.A. scaricava il "bottino" di una notte di intenso lavoro: un raccoglitore di ferrovecchio che pare pagasse l'extracomunitario 15 centesimi al chilo. Davvero molto poco per mettere in gioco la propria fedina penale. Qualcosa di misterioso forse sta sfuggendo alle indagini, scattate negli stessi giorni in cui i carabinieri di Vicenza portavano a compimento un'inchiesta di tutt'altro tenore su una quindicina di magrebini sospettati di organizzare un attentato tramite un camion-bomba da far esplodere in centro città (Il Giornale di Vicenza del 30 gennaio).
Non è importante immaginare legami concreti tra M.A. e i suoi connazionali indagati per attività terroristiche. L'importante è collocarli all'interno di un medesimo "mood" percepibile a Nordest della Ragione. Dove fanno certamente notizia i tre banditi che rapinano preziosi per dieci miliardi di lire in una gioelleria di piazza San Marco (La Nuova Venezia del 2 febbraio), ma non meno di altri due "colpi", avvenuti a breve distanza di tempo, nello stesso minuscolo paese del Veneziano: Olmo di Martellago.
Il primo è stato "centrato" ai danni non del Rotary Club ma della Pro Senectute, associazione che si occupa di assistenza agli anziani, dalla cui sede vengono rubati salami, liquori e sopresse (Il Gazzettino del 9 gennaio). Il secondo è stato invece fallito, ma in modo assolutamente spettacolare, da una gang che potrebbe essere la stessa, entrata in azione nottetempo con accurata attrezzatura da professionisti (fiamma ossidrica, bombole di ossigeno, scale, picconi) per ripulire l'ufficio postale di Olmo di Martellago. Dopo avere lavorato ore, questi cloni padani dei Soliti Ignoti (anche nel film di Monicelli l'unico furto alla fine è quello di un piatto di minestrone) raggiungono la cassaforte senza riuscire ad aprirla. Dopo ripetuti tentativi, in cui rischiano anche di incendiare l'ufficio (devono ricorrere agli estintori presenti all'interno per spegnere il fuoco), trascinano fuori dalla sede il forziere, pesante più di dodici quintali, per poi abbandonarlo in strada in preda al panico. Datisi alla fuga senza un centesimo di bottino, lasciano alle loro spalle un ufficio postale semidistrutto e danni per migliaia di euro (Il Gazzettino del 28 gennaio).
Ovunque è un padano male di vivere a manifestarsi, nelle forme più inedite ed eccessive. Qui, dove si vive circondati da "segni" che farebbero la gioia dei cronisti come il Rodolfo il Glabro o l'Ademaro di Chabannes magnificati da Georges Duby in L'anno mille (Einaudi). Così è per i falchi pellegrini che, liberati tre anni fa dal Comune di Venezia, per eliminare i colombi malati, oggi scendono in picchiata sui turisti di piazza San Marco per sottrarre loro il miglio destinato agli odiosi piccioni, oppure si sfracellano in volo sulle vetrate delle abitazioni scambiate per il cielo (Il Corriere del Veneto del 18 gennaio). E così è, naturalmente, per la misteriosa palla di fuoco che la sera del primo febbraio ha solcato il cielo del Vicentino, mobilitando carabinieri, vigili urbani e Protezione civile nei paesi di Isola e Costabissara (Il Giornale di Vicenza del 2 febbraio).
Per il momento nessuna traccia è stata trovata del bolide, sul cui passaggio compie accertamenti anche il professor Antonio Chiumiento, matematico e ufologo che da anni scandaglia in lungo e in largo il Triveneto, indicato come zona di atterraggio prediletta dagli extraterrestri. Lo sa molto bene chi, abitando dalle parti di Lugo Vicentino, a suo tempo si imbattè in Chiumiento durante una memorabile estate di incontri ravvicinati ("Atterrato un Ufo", Il Giornale di Vicenza del 9 agosto 1996).
Per oggi sembra bastare, a patto di impegnarsi ad approfondire a breve il caso degli odori nauseabondi che, in provincia di Venezia, continuano a togliere il fiato agli abitanti di Spinea (Il Gazzettino del 22 gennaio). E a occuparsi doverosamente della salma mummificata rinvenuta in un magazzino del cimitero di San Gaetano, frazione di Caorle (Il Gazzettino del 30 gennaio). Potrebbe essere di un santo, si dice. Potrebbe essere il resto secolare di un esperimento, si pensa...
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