Un cadavere viene rinvenuto sulla spiaggia, ha il volto divorato dai pesci e un tatuaggio che recita: "Sono nato per rivoluzionare l’inferno". Questo è l’incipit e il cardine su cui si svolge fondamentalmente la trama di Tatuaggio. Della storia non rivelo altro: scoprire elementi di una detective story, di un noir o, se preferite, di un giallo è, lapalissianamente, un delitto.
Ma cos’ha di interessante questo romanzo di Manuel Vázquez Montalbán? In pratica, quest’insieme di caratteri inchiostrati su carta economica sono il documento d’identità di uno dei detective più interessanti della letteratura poliziesca: Pepe Carvalho. Andiamo a conoscerlo.
Pepe si definisce un "cinico apostata": uno che, passando in mezzo a Comunismo, amore, CIA e letteratura, s’è rotto metaforicamente le ossa (o, meglio, qualcos’altro) e che adesso si sente totalmente disincantato e disilluso da qualsiasi ideologia e, sembrerebbe, anche dall’umanità tutta, tant’è vero che per accendere il suo camino brucia ogni volta un libro della sua vasta biblioteca. Le uniche cose che sembrano consolarlo sono le donne e il cibo, anzi, sicuramente più il cibo che le donne, dato che queste ultime appartengono più in senso stretto alla categoria "umanità". Un personaggio straordinario, al limite del surreale e del bizzarro; Antonio Tabucchi, in un articolo scritto in memoria del suo amico Manuel Vásquez Montalbán (scomparso di recente), parla di Pepe Carvalho come personaggio picaresco. Questioni di etichette, sulle quali si può discutere. Indiscussa è invece la caratura letteraria di Carvalho e del suo autore.
Molti dicono che Tatuaggio non è il miglior romanzo di Manuel Vásquez Montalbán: questo è sicuro o quantomeno condivisibile. Ma ciò non toglie che il libro del quale stiamo parlando sia di ottima fattura e degno, per chi lo volesse, di una appassionata lettura.
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