Sequel del sempre 28 (ma giorni…), 28 settimane dopo di Juan Carlos Fresnadillo è un portatore sano (oppure no?) di due pericoli. Il primo dei due riguarda principalmente la storia e il pubblico che vi assiste, il secondo direi il pubblico e basta. Il primo pericolo è quello più facilmente visibile, visto che si tratta del virus (della rabbia) che nel primo episodio aveva seminato morte e distruzione tra la popolazione londinese. Dopo un inizio che non lascia promettere nulla di buono, lo stacco temporale del titolo ci segnala che la situazione è stata ricondotta sotto controllo così da permettere la creazione nel centro di Londra di un’enclave (un po’ come la zona verde di Bagdad…) nella quale la popolazione può tornare ad uno stile di vita “quasi” normale (anche se i cecchini appostati pressoché ovunque stanno a ricordare che l’emergenza non può dirsi ancora superata del tutto…). Il problema si pone allorquando si scopre che la stessa enclave è tutt’altro che inespugnabile e che basta un nulla (due figli in cerca della madre rimasta nella Londra infetta, un padre-marito lacerato dai sensi di colpa per aver abbandonato la moglie tra gli zombies, un pass di troppo…) per precipitare di nuovo Londra nel terrore. Esaurito il primo pericolo ecco affacciarsi il secondo. Si tratta di uno strisciante senso di assuefazione alle carneficine che via via si susseguono. Siano esse inflitte con armi da fuoco dai militari sulla folla, vista l’incapacità di separare i sani dagli infetti, o in modo più ravvicinato dagli infetti stessi (tramite sbranamento…), la sostanza non cambia, visto che piano piano, fiotto dopo fiotto, mutilazione dopo mutilazione, squarcio dopo squarcio, l’estetica del massacro, ammesso e non concesso che tale si possa definire, affonda tirandosi dietro tutti i sottotesti (quasi inevitabili in un film così, basti pensare che i soldati chiamati a ristabilire l’ordine sono rigorosamente statunitensi…) e tutta l’empatia che uno spettatore medio ha a disposizione ed è disposto ad investire in un film così. Riposino in pace (per modo di dire, ehh!!) tutti coloro che si aspettano da 28 settimane dopo qualcosa di nuovo in fatto di zombie-movie (o qualcosa di analogo…) perché inutile passare sotto silenzio il fatto che non v’è un cliché che è uno che non venga puntualmente chiamato a presenziare tutti gli snodi della storia (i sopravvissuti in fuga, il sacrificio di alcuni per il bene degli altri, l’hunappy end di maniera, tra l’altro addolcito dal fatto che con i “geni”, nel senso di DNA, non si può mai dire…). A parziale riscatto va segnalata la regia robusta di Fresnadillo (qualcuno ricorderà il suo Intacto, dove un gruppo di persone bendate correva a perdifiato in un bosco…) e il montaggio vorticoso che non lascia tregua divertendosi a sbrindellare la continuità dell’azione senza però somigliare per nulla all’odioso montaggio di alcuni videoclip. Curiosità: esattamente come accade in Planet Terror c’è una scena con un elicottero che prima viene fatto arrivare a mezzo metro da terra e poi fatto avanzare con le pale del rotore inclinate in avanti così da trasformarsi in un gigantesco affetta-zombies. Chi avrà copiato chi?