- Quello che sta succedendo non è giusto! – Insiste.

Le sue amiche – oddio, amiche, mica tutte – sono d’accordo. Non è giusto.

- Dobbiamo fare qualcosa. Anche noi, "nel nostro piccolo".

* * *

- Mamma, sono contento.

- Perché, amore?

- Pierguglielmo non c'è più.

- Ah, sì, ha cambiato asilo. Bene.

- Lui non era mio amico, mamma.

- Bene. Lo so.

- Ma io cerco di essere bravo come lui, va bene?

- NO!

- Ma io, ma tu...

- Lascia stare. Piuttosto, come sta il tuo amico Thomas?

- Bene.

- Stai bene con lui, vero?

- Sì, però... Lo so che lui non è tanto bravo, ma...

- No, non è che non sia bravo, è un tipo vivace. Ma buono. Simpatico. Mi piace, Thomas.

Che strano, la mamma ha cambiato idea. Ha anche cambiato colore di capelli. E’ bella, adesso, la mamma. E’ bionda. Era bella anche prima. Papà sarà contento.

Daniele allunga la mano con un gesto di affetto, lasciandosi volentieri strattonare dalla solita fretta di Erika pur di avvertire il calore sudato dei suoi palmi. La macchina è ancora lontana, parcheggiata al solito posto: sosta vietata, di traverso.

* * *

Maddalena, la ventiduenne pulitrice della scuola materna, ha finito il suo turno.

Entra nello spogliatoio, ne esce dopo vari minuti, senza il suo grembiule azzurrino, con delle scarpe col tacco a lama al posto degli zoccoli di gomma bianca, e sfoderando un make-up impeccabile e un sorriso radioso.

Lentamente, richiude dietro a sé la porta e si sofferma ad osservare i bambini che, ad intermittenza irregolare, sfilano verso la sala mensa. Al solito, Daniele, con le mani ancora un po' gocciolanti e ansioso di raggiungere il posto a tavola, è tra i primi che si affrettano verso il rito giornaliero del pranzo.

Maddalena ha già un fazzolettino in mano. – Daniele, dove stai andando? Vieni qua un attimo – lo richiama, abbassando poi la voce. – Devi imparare ad asciugarle, le mani – rammenta quindi al piccino, sempre sorridendo benevola. Un po' in tutte le direzioni.

Gli prende le mani tra le sue e si abbassa, mentre il tessuto della vertiginosa minigonna scorre a scoprire una coscia giovane e ben tornita, visione che il piccolo imparerà ad apprezzare appena fra qualche annetto.

Con il fazzoletto, lentamente, comincia a tergergli le mani. Intanto, alza uno sguardo dolce e, fissandolo, con tono complice bisbiglia: - Ehi, lo so che non sono affari miei, ma ti sei accorto che Franco dice agli altri bambini che tu sei cattivo, che non sei amico di Michele, e che gli fai i dispetti? Io so che non è vero, ma io non posso dirlo alle maestre. Si arrabbierebbero, io sono qui solo per pulire, non devo occuparmi di voi. Ma io lo so che tu sei un bravo bambino. Mi sei simpatico. Però io non ti ho detto niente, va bene? E' il nostro segreto, sì?

* * *

- Forse ce la fa. – La trepidazione in Erika è evidente. Cammina avanti e indietro per il soggiorno, con la Sobraine che le si consuma in mano.

L'uomo abbassa lo sguardo, scuote appena il capo. Lei non può fare a meno di notare il progressivo diradarsi della chioma di suo marito.

- E' sbagliato. E' tutto sbagliato... – sta mormorando l'uomo. Anche lui è nervoso: seduto sulla poltrona, cambia posizione ogni momento. Le mani accarezzano distrattamente la copertina di un romanzo la cui lettura non riesce a decollare. Sta pensando a Daniele, che alla sera crolla sul letto, senza nemmeno chiedergli di giocare, o prima ancora che lui riesca ad abbordare le prime righe di Pinocchio. A Daniele, che da qualche tempo si agita nel sonno. A Daniele, che ieri gli ha chiesto: - E' vero che bisogna stare attenti agli amici, papà?

- Che cazzo stai dicendo, Marco? – sbotta sua moglie, interrompendo il suo ansioso rimuginare.

Sei sempre stata così volgare, Erika? pensa lui, per poi spiegare: - Ti dico che non dovevamo mandarcelo.

- Eri d'accordo, mi sembra! – Acida e petulante. Sempre di più. Un processo che appare ormai irreversibile.

- Sicuro: minacciasti di mandare a monte il nostro matrimonio. Pareva che decidessi tutto io, in casa, che non sapessi cos'è bene per il futuro di mio figlio. Che fossi capace solo di sognare, come se non portassi una paga a casa, come se non fossi sempre stato responsabile, a dispetto di tutti i miei sogni.

- Beh, infatti. Non hai le idee chiare su cos’è utile al futuro di un bambino. Del resto, non le hai mai avute nemmeno sul tuo, e soprattutto sul nostro, di futuro. Non fosse per me, staresti al palo. Anche in ufficio. Non hai un minimo di dignità, di ambizione.