L’edizione in DVD del secondo episodio delle avventure di Jason Bourne (disponibile anche in un economico disco doppio insieme alla prima puntata, The Bourne Identity) offre, al di là della valutazione del film, alcuni spunti di riflessione su un personaggio creato una ventina d’anni fa da Robert Ludlum, indiscusso maestro della spy-story, deceduto nel 2001 ma che, per una delle misteriose alchimie del mondo editoriale, ha ripreso dopo gli ultimi dieci anni di stanche ripetizioni a sfornare avvincenti romanzi e serie che portano il suo nome. Ora, escludendo che uno scrittore commerciale potesse avere nel cassetto 6 romanzi lunghissimi e attuali nell’argomento, è logico immaginare che dietro la misteriosa sigla MIN PLYN LLC ci sia un gruppo di scrittori che hanno assorbito gli insegnamenti del maestro riproponendone lo stile migliore, ossia quello degli anni ’80. Ed è proprio di quest’epoca la creazione del personaggio di Jason Bourne, eroe senza memoria, super agente della CIA incaricato di impersonare un sicario fantomatico e imprendibile per intrappolare quello che, ai tempi, era considerato il nemico pubblico numero 1, Carlos lo Sciacallo. Tutto bene sinché nel corso di una missione in Francia Bourne (che in realtà si chiamava Webb e aveva preso il posto di uno psicopatico delle Special Forces ucciso in Vietnam) veniva ferito e perdeva la memoria. Iniziava così Un nome senza volto (The Bourne identity) il romanzo originale e forse il più riuscito di Ludlum(quello vero) dal quale fu anche tratta una serie televisiva con Richard Chamberlain. Jason Bourne ebbe, nel proseguio della sua carriera almeno altri tre seguiti via via più pasticciati e mal scritti e, sino a poco tempo fa nessuno avrebbe immaginato di vederlo risorgere dalle ceneri della Guerra fredda. Invece, un paio d’anni fa eccolo lì, con la faccia di Matt Damon più bravo ragazzo che mai, senza memoria ma negli anni 2000. Carlos e il suo mito erano già sfatati da tempo e occorreva una mano solida e idee nuove per rilanciare un’idea (il killer smemorato che in realtà è un buono manipolato dalla CIA) che ancora funzionava. E allora si spostò tutto a oggi, in un confuso mondo di spie dove non esistono più divisioni ma i servizi segreti continuano cinicamente a uccidere, con una Parigi fascinosa e una netta separazione tra buoni (Damon e Franka Potente reduce da Lola Corre) giovani e idealisti e la vecchia generazione (Brian Cox, vecchia volpe della CIA) cinici e manipolatori. La formula è piaciuta tanto da trarre dal secondo romanzo della serie (The Bourne Ultimatum, Doppio inganno in Italia) questo Bourne Supremacy che, al pari del primo episodio, non ha nulla a che fare con il libro. Qui si tratta di mafia russa, di petrolieri che strizzano l'occhio alla cronaca (la compagnia petrolifera russa contesa da Putin invece di Yukos si chiama Pecos) e, oltre l’inserimento di un micidiale killer con il viso di Karl Urban (già nel Signore degli anelli e in Le cronache di Riddick) si affida la regia a Paul Greengrass, “autore” (Bloody sunday) più che artigiano del genere, il quale svolge un ottimo lavoro con la macchina da presa a mano, rasentando forse il virtuosismo gratuito ma conferendo a una storia tutto sommato prevedibile un ritmo nervoso e moderno. Più che Bourne ne escono protagoniste (in entrambi gli episodi) le città. Parigi, Zurigo, Berlino, Mosca, Goa. Sì, perché il cambio di setting, i killer esperti nelle arti marziali quanto nelle armi da fuoco, il tradimento in ogni angolo restano quegli elementi di sempre per costruire il successo di una spy-story. Brosnan sputa nel piatto dove ha mangiato sino a ieri (e che gli ha consentito di affrancarsi dalla TV) affermando di non voler più essere James Bond, forse sostituito da Clive Owen che, guardacaso, è un killer in Bourne Identity; di fatto 007 dopo l’11.9.01 sembra un personaggio obsoleto. Al suo posto Bourne sembra rappresentare una valida alternativa. Più giovane, inserito in trame più realistiche ma altrettanto movimentate, il personaggio sta vivendo anche una nuova primavera letteraria. Eric Lustbader (autore della serie Ninja) l’ha ripreso in un romanzo ancora inedito in Italia, The Bourne Legacy, di ottima qualità e già pronto per essere trasferito sullo schermo. Intanto ottimi professionisti come Gyale Lynds e Phiip Shelby si alternano nella realizzazione di Covert-One, una serie “nata da un’idea di Robert Ludlum” i cui primi episodi Laboratorio mortale e Cassandra compact (ma in originale ci sono almeno altri tre titoli) sono già usciti anche in italiano. Insomma la visione dei due episodi dedicati all’eroe di Ludlum nuova maniera offre una panoramica interessante di ciò che è e ciò che diventerà la spy-story cinematografica e letteraria in un prossimo futuro. Come sempre extra e interviste rivelano aspetti inediti e interessanti per chi ama capire come nascono i prodotti di successo.
Extra
Commento, 9 piccoli documentari sul making del film e scene eliminate
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