Nata nella provincia più settentrionale della Cina, nello Heilongjiang, Chi Zijian è un’autrice che appartiene al filone realista della narrativa cinese contemporanea e che alla frenesia della metropoli preferisce i ritmi quieti e armoniosi della campagna. Già nota in Italia grazie a precedenti pubblicazioni di racconti, sempre editi da Pisani, con Andante al chiaro di luna aggiunge al corpus già presente in altre raccolte della casa editrice e qui riunito in un unico volume un racconto nuovo, che dà il titolo alla raccolta. I cinque racconti, ambientati per lo più in epoca contemporanea o alle soglie del novecento, hanno a che vedere con diverse tematiche quali il tradimento e la fedeltà, l’addio, il mito della bellezza intramontabile e la fragilità dei rapporti umani, dissestati dagli incidenti del quotidiano. La presenza del paesaggio e della natura, che per l’autrice assume un ruolo preponderante, si fa sentire nelle molte immagini che raffigurano elementi della vita umana come associati al cibo o agli animali, ossia agli elementi più usuali della vita di campagna. Così, ad esempio, i denti gialli della protagonista del primo racconto diventano simili "a chicchi di granturco essiccati che brillavano nel granaio” o nel terzo, la protagonista ha un viso che sembra “luminoso come un piatto d’argento”, mentre i fogli di una lettera nel quarto racconto sono “sottili come ali di cicala”. E ancora, sempre nel quarto racconto, la mappa della Cina viene paragonata dapprima alla sagoma di un gallo “che annuncia il nuovo giorno” poi, più appropriatamente, dice la narratrice, a una gallina, poiché “depone le uova ed è capace di dare vita, mentre il verso del gallo è di una bellezza sterile”.

La preferenza accordata alla gallina femmina in quanto nutrice rispetto allo sterile gallo maschile ci conduce indirettamente all’universo prettamente femminile che l’autrice esplora nei suoi scritti. Chi Zijian narra infatti soprattutto di donne, delle loro decisioni e dei loro tumulti interiori, dei piccoli misteri che circondano la vita di ognuna non appena il passato e il futuro sembrano riabbracciarsi nel presente in un momento di epifania. Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, due operai, marito e moglie, divisi dalla povertà che li ha costretti a lavorare ciascuno in una città diversa, non possono fare altro che inventarsi un amore nella frammentazione del tempo e dello spazio che scorrono come il lampo di un treno che non colma le distanze, ma le dilata, simile alla luce della luna che scorre nel cielo malinconica e piena di amarezza. In “Il braccialetto di giada”, la Quarta Moglie di un ricco proprietario terriero, rimasta fedele al ricordo del marito morto e al pegno d’amore da lui regalatole – un braccialetto di giada, appunto – individua nel mulino nella proprietà il fulcro di passioni consumate all’ombra nel presente dalla Seconda Moglie insieme al suo amante, intuendo che quello stesso luogo celi altre, incoffessate verità sepolte nell’inganno del passato. In “Sei piatti d’argento” una risoluta ragazza di campagna, convinta di essere la sposa prescelta di un contadino, non appena si vede preferire una ragazza disabile soltanto perché quest’ultima, in quanto residente in città, garantirebbe un permesso di lavoro al futuro marito, decise di trasferirsi a sua volta in città per guadagnarsi da vivere. Ma il fasto e le nebbie di ricchezza che la città promette non distolgono nemmeno una volta la sua caparbietà, neanche quando il ricco e affascinante datore di lavoro vorrebbe prenderla con sé per farne la sua sposa. Soltanto i piatti d’argento, luminosi e semplici come chiari di luna, sembrano donare conforto alla ragazza, forse perché le ricordano la luce della campagna a cui sa che prima o poi tornerà. In “Viaggio del paese delle notti bianche”, racconto con chiari tratti autobiografici, la narratrice ripercorre un viaggio compiuto nel paese più a nord della Cina, il punto in cui si crea quel particolare fenomeno di luce perenne simile a quelli che si verificano in Finlandia ad altitudini altrettanto fredde e glaciali. La donna viaggia con il suo ex marito, un donnaiolo impenitente di cui nessuno sembra accorgersi come fosse un’immagine sfuocata e sbiadita dei ricordi, finché tutto non sembra sfilacciarsi nella nebulosa rarefatta del paesaggio inondato di bianco. In “La ballerina di yangge”, infine, un intero villaggio vive letteralmente nell’attesa del passaggio della compagnia di danzatori, fra i quali spicca la leggendaria e bellissima Shuzhuang, capace di far svenire ogni uomo al solo suono del suo nome e al ricordo dei suoi esili piedini. Ma, più di ogni innamorato sospirante, sarà in realtà la protagonista a cogliere il vero segreto nascosto fra le pieghe del cuore dell’incantevole creatura e nella magia dell’arte.

Scritti con un linguaggio in cui domina il tono pacato della delicatezza, i racconti di Chi Zijian rivelano un’autrice dallo sguardo maturo e mai banale che sa come far brillare il passato e gli elementi apparentemente insignificanti delle giornate rurali in un affresco che ci restituisce una visione della Cina più autentica, quella delle campagne, spesso dimenticata nelle autrici e negli autori più in voga in questi anni ma che in ogni caso annovera fra i suoi celebratori più illustri autori del calibro di Su Tong o Mo Yan, dai quali comunque Chi Zijian si discosta per il suo sguardo prettamente femminile e apparentemente “sottotono”. Un bel libro, capace di procurare momenti di intensa lettura.