Davide è lì in silenzio inebetito dalla risposta di Silvia. C'è poca luce, così lei non vede i suoi occhi fissare la foschia che si leva dal fiume. Anche Silvia non parla, china un po’ il capo e osserva la punta delle scarpe. Si sente più leggera, forse.

Be’, dice Silvia, ti ha sconvolto questa cosa?

No, risponde lui, è che non me l’aspettavo. Voglio dire, sono passati così tanti anni. Allunga la mano sul volante, lo tocca come per verificare che non è un sogno. Insomma, chi se lo aspettava?

Silvia sorride. Imbarazzata.

Lui si guarda la fede all’anulare. Quindi, se quella volta non hai fatto niente, inizia a dire.

Silvia annuisce. È perché c’eri tu.

E non me l'hai mai detto.

Come potevo dirtelo, all’epoca? Silvia si muove un poco sul sedile. Eravate amici. Eravate migliori amici.

Già.

Davide, ascolta, dice Silvia. Forse potevo anche risparmiarmi tutta ‘sta menata. Però m’è sembrato giusto che tu lo sapessi.

Dopo dieci anni?

Lei scrolla le spalle. Meglio tardi che mai, no?

Forse era meglio ancora più tardi, dice Davide. Stringe ancora il volante. Il fiume, davanti alla macchina, è silenzioso e sembra non esistere. Giusto un po’ di bruma.

Merda, dice a bassa voce.

Silvia alza lo sguardo. Lo fissa con curiosità. Che c’è?

Niente. È ora di andare a casa.

Di già? Ma non siamo stati n

Gabriella si chiederà dove sono finito.

Ah già, dice Silvia sorridendo. Non riuscirò mai ad abituarmi al fatto che sei sposato.

Davide sorride di rimando, ma non sa bene che cosa rispondere. Per prendere tempo avvia il motore, accende i fari. È così strano?

No, in un senso... generale. È che per me sei quello di dieci anni fa.

L’auto ritorna sulla strada principale. Lo stesso vale per me, dice. Non riesco a rendermi conto che ormai hai venticinque anni.

Quasi ventisei.

Davide sorride. Quasi ventisei.

Non è che tu sia tanto più vecchio di me, sai?

Davide scrolla le spalle. Supera un’automobile. Lo so. È che quando hai un’immagine di una persona, è difficile.

Cosa?

Niente. È difficile, e basta.

Rimangono in silenzio mentre Davide porta la macchina sotto il palazzo di lei. È stato un piacere, dice spegnendo il motore.

Anche per me, davvero. Silvia sorride. Si allunga a baciargli la guancia. Fatti sentire, adesso che abbiamo ripreso i contatti.

Sicuro.

Lei scende dalla macchina, si sistema la borsetta, si liscia i capelli. Gli sorride, chiude la portiera. La vede avvicinarsi al portone, tirare fuori le chiavi dalla borsa, aprire e poi scomparire.

Cazzo, dice sbattendo una mano contro il volante. Cazzo.

Muove l’auto, prende la strada di casa. Parcheggia sotto il suo palazzo. Chiude l’auto, apre il portone, sale le scale. Entra in casa. Ciao, dice.

Ciao amore, dice Gabriella dal salotto. Ha telefonato tua madre.

Ah. Si sfila il giaccone, entra in salotto, raggiunge la moglie.. Ciao.

Ciao, dice lei: è distesa sul divano, sta guardando un vecchio film con Lemmon e Matthau. È divertentissimo, ‘sto film.

Cos’è?

Non so il titolo, dice lei. È una tivù locale. Da morire, davvero.

Il film?

Lei ride, guarda lo schermo.

Davide va a riprendere il giaccone, lo appende. Lungo il corridoio si passa una mano tra i capelli, ripete: Cazzo. Si cambia, infila il pigiama. Rimane a lungo in bagno, a guardarsi nello specchio.

Non vede nulla che non gli piaccia.

Sul bordo del letto alza la cornetta e telefona a casa dei suoi. Ciao mamma.

Davide, ciao. Sono arrivate le analisi di papà.

E?

E niente, il dottore dice che non è niente, ma lui non si fida, lo sai com’è fatto tuo padre, e poi è vero che il dottor Verona tende a rimpicciolire i problemi, come se non contassero.

Sì mamma.

Niente, vuole andare da un altro dottore. Non è che ne conosci uno?

Ho un paio di numeri. Domani te li faccio avere, dice.

Grazie. Davvero, grazie, così magari sente qualcun altro e si calma un poco. Non è che è agitato o sta male. È nervoso. Un po’ triste. Lo sai com’è fatto tuo padre.

Lo so, mamma, sì. Buonanotte, allora. Ci sentiamo domani.

Grazie, eh. Buonanotte. Un bacio a tutti e due.

Riattacca, torna in salotto. Com’è andata la riunione, le chiede.

Lunga, dice lei. Gli sorride. Tu con chi è che sei uscito, amore?

Con Silvia.

Chi?

Silvia, ti ricordi? Quella che

Quella con cui c’ha provato Enrico una vita fa?

Una vita, pensa. Dieci anni fa, dice.

Ah, e come sta?

Lui alza le spalle: Bene, dai.

Cos’è che fa, adesso?