"Verosimile è ciò che sembra vero, e ciò che sembra vero è qualcosa che imita la realtà, ma che a essa non corrisponde. È, in sostanza, qualcosa di diverso dalla realtà. Usando l’espressione verosimile, il rappresentante dell’accusa ammette, implicitamente e inconsciamente, di non poter usare l’espressione: vero. Vedete bene come nelle stesse pieghe del discorso dell’accusa si celi la sua irrinunciabile debolezza."
Bari, agosto 1999. Un bambino di nove anni scompare, poco distante dalla villa al mare dei nonni. Due giorni dopo, viene ritrovato cadavere, in fondo a un pozzo: nessuna traccia di violenza. Le indagini dei carabinieri convergono su un ambulante senegalese, Abdou Thiam, immigrato con regolare permesso di soggiorno: vende borse e orologi, d’estate in spiaggia e d’inverno per strada. A suo carico, in passato, piccoli precedenti per reati in materia di marchi contraffatti. Gli indizi nelle mani degli inquirenti e la testimonianza del gestore di un bar, limitrofo al luogo della scomparsa del piccolo, inchiodano Abdou. Il quale, nonostante tutto, continua a proclamarsi innocente.
Bari, febbraio 2000. Avvocato penalista in crisi personale (matrimonio fallito e conseguente esaurimento nervoso), Guido Guerrieri è una di quelle toghe che non appare mai sui quotidiani: pure, sulla sua scrivania, capitano spesso casi delicati, “grane” alle quali non riesce a dire di no. Come quella di Abdou. È davvero innocente? Forse, se rifiuta il rito abbreviato, per un processo regolare, con lo spettro della condanna all’ergastolo. Basta questo spiraglio e si innesca una lotta per demolire la montagna accusatoria: infatti, con ritrovata determinazione ed energia, Guerrieri comincia a cercare nuove prove, tracce e con astuzia sottile insinua, nei giurati, il dubbio sulla attendibilità del testimone chiave. Perché fra il «mentire – cioè dire consapevolmente cose false – e dire la verità, cioè riferire i fatti in modo conforme al loro effettivo svolgimento – esiste una terza possibilità. Quella del teste che riferisce una certa versione dei fatti nella sua erronea convinzione che sia vera.» È la falsa testimonianza inconsapevole: perché i ricordi possono essere riprogrammati alla luce della teoria investigativa, nell’ansia e nello zelo di assicurare alla giustizia un colpevole, non il colpevole.
Svestiti gli abiti di pubblico ministero antimafia alla Dda di Bari, Gianrico Carofiglio ci conduce con il suo Testimone inconsapevole in un’aula di tribunale, al cospetto di una Corte d’Assise, con giudici, avvocati della difesa e di parte civile, giuria popolare e pubblica accusa. Tra dibattiti, controesami, requisitorie e attacchi reciproci fra le parti in causa, egli ricostruisce, con abilità, la tensione, l’ansia e la sorpresa finale di un verdetto liberatorio.
«Uno dei migliori gialli legali usciti in Italia», come lo stesso Corrado Augias ha scritto. Un’opera prima dal tono asciutto, appassionato e sottilmente ironico. Vincitrice di alcuni premi letterari, è già stata tradotta in inglese, francese e tedesco.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID