Ho controllato la rassegna stampa, di nuovo, da cima a fondo. L’ho ricontrollata con meticolosità e puntiglio o, meglio, in maniera “compulsivo-ossessiva”, come direbbero loro. Ma niente da fare, neppure un barlume. D’altra parte, si sa, la massa è ottusa: preferisce masturbarsi con le sue fantasie malate piuttosto che cercare di capire.
Cito testualmente: “E’ un soggetto metodico, attendista e calcolatore, animato da un movente di tipo psicopatologico/distruttivo/mutilatorio e di vendetta camuffata da missione [il corsivo è mio]. Un soggetto criminale che si sente fortemente gratificato dal senso di onnipotenza che vive nel fare parlare di sé e delle sue gesta. [...] Probabilmente, quello che a lui interessa è il rituale che egli mette in atto, il sapere di avere il controllo o il dominio su di un’altra persona attraverso il suo feticcio [il corsivo è loro].” 1
Ecco, è proprio questo metterla sempre e comunque sul personale che mi irrita maggiormente. Mai che facciano uno sforzo per astrarsi dalla loro piccola, squallida dimensione individuale. Mai che provino a sollevarsi di un centimetro dalla melma delle loro pruriginose proiezioni. Mai che riescano a intravedere la possibilità di un disegno diverso - disegno, non missione: nessun mandato apostolico di predicazione in quello che faccio, e vorrei ben vedere! - di un disegno, dicevo, più vasto e articolato, nonostante alcune... risonanze - acustiche, senza dubbio, ma prima ancora simboliche - avrebbero dovuto, quanto meno in qualche d’uno, fare scoccare la scintilla del riconoscimento.
E invece niente, niente di niente, sebbene questa fisiologica incapacità di comprendere, di ricordare la propria Storia - da parte dell’opinione pubblica in generale e dei mass media in particolare - sia prevista dal piano e ne costituisca anzi uno dei presupposti.
La dinamica, come sempre, è elementare: l’unico mezzo efficace per contrastare il diffondersi del panico è l’informazione; ergo, l’incapacità di cogliere elementi informativi utili rafforza il panico trasformando la massa in un ammasso protoplasmatico di terrore. Sostanza che, com’è noto, costituisce un materiale altamente malleabile.
“Strategia”. E’ questa la parola-chiave che ho cercato inutilmente, con divertita rassegnazione, negli articoli che si riferiscono alla mia ultima impresa. La parola che, se formulata, farebbe forse scattare l’assonanza che conduce al senso del disegno e alla necessità della sua realizzazione
Non sono un serial-killer, e neppure un maniaco: sono uno stratega.
Da vocabolario: “Chi predispone e coordina i mezzi necessari al raggiungimento di un determinato obiettivo”, dove l’Obiettivo è sempre lo stesso, anche se qualcuno fa finta di essersene dimenticato.
Dal che discende quanto segue: il disegno è in realtà un sofisticato dispositivo sperimentale il cui scopo è dimostrare in maniera empirica l’ineguagliata efficacia della dolce sinfonia della tensione.
...Ma se penso a tutti questi cani negri bastardi e arabi del cazzo che pretendono di venire ad insegnare a Noi - sì, proprio a Noi! - che è la paura a far girare il mondo! A Noi, che ci abbiamo costruito un impero, anzi due, su questo basilare, aureo Principio. E allora, dico io, allora, che aspettiamo? Che-cosa-cazzo-stiamo-aspettando? Sono più di vent’anni che ci siamo fermati, che rimaniamo qui con le mani in mano mentre questo schifo di pianeta brucia in un rogo che avremmo dovuto essere Noi - Noi! Non questa feccia qui - ad appiccare.
Non è troppo tardi. Siamo in grave ritardo, ma non è ancora troppo tardi. Però bisogna muoversi, sbrigarsi. Prima mettere a posto le cose di casa - come dice la rivista - poi tornare a occuparci del resto. E’ per questo che vado avanti, che non mi scoraggio: perché Voi capiate. Chissenefrega dell’ebete ottusità della massa, la cui idiozia non può che confortarci. Chissenefrega della putrida accozzaglia di zerbinotti televisivi: ci occuperemo anche di loro, quando verrà il momento. E’ a Voi che sto parlando: agli amici da troppo tempo lontani, dispersi o emigrati (con tutto il rispetto).
Voi mi conoscete, sapete chi sono e perché sto facendo tutto questo. Tornate dunque: è tempo di ricominciare, insieme, di nuovo, più forti che mai!
1 Carmelo Lavorino, “La Padania”, 30 aprile 2003
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