Petra Connor è la protagonista di Subito dopo mezzanotte di Jonathan Kellerman, Sperling and Kupfer 2007. Dato che la trama del romanzo, in questo tipo di ricerca che sto conducendo ci interessa il giusto, ricopio pari pari la presentazione del libro “Una e un quarto di notte. Petra Connor, l’affascinante detective della squadra Omicidi di Los Angeles, è svegliata da una telefonata del distretto di polizia: strage al Paradiso Club. Quattro morti. Adolescenti che avevano partecipato a un concerto hip-hop. Perché quell’orrendo massacro? Oltre al gravoso incarico di decifrare il rebus, Petra deve fare da baby sitter al ventiduenne dottorando Isaac Gomez, impegnato in una ricerca statistica sui crimini avvenuti in città dal 1991 al 2001. Il suo Q.I. è superiore alla media come la sua timidezza e la miseria in cui versa la sua famiglia. E se fosse proprio il giovane impacciato cervellone a fornire la chiave dell’enigma? Incrociando i dati risultano infatti sei efferati delitti commessi negli ultimi sei anni, tutti subito la mezzanotte. E tutti il 28 giugno. L’assassino sembra divertirsi un mondo a fracassare il cranio delle vittime osservandone colare la materia grigia…Quale disegno segue la follia? E quale legame con la carneficina del Paradiso? Non c’è un minuto da perdere, nemmeno per Eric Stahl, il collega che tiene in pugno il cuore di Petra: tra un mese è il 28 giugno”.
Occupiamoci di Petra Connor: intanto ha già risolto due casi di omicidio. Dopo subentra “la solitudine”. Temperamento arzillo, non può stare ferma senza far nulla. Innamorata di “un taciturno detective di nome Eric Stahl con un passato nei servizi speciali dell’esercito”. Certo non un tipo appariscente se al primo incontro gli sembra un becchino. In seguito, in un momento delicato in cui sta per affrontare un pluriomicida, le pare “elastico” e “armonioso”. Ma poi, quando lo vede in calzamaglia, la fa sorridere. Sfortunatissimo. Già sposato con moglie e due figli. Persi tutti. Impassibile nei momenti critici “Di fronte a un indiziato con la calotta cranica ridotta in poltiglia i poliziotti, anche i veterani più incalliti, reagiscono solitamente con un minimo di emozione. Eric non mostrava in quel momento più di quella che avrebbe provato nel limarsi le unghie”. Petra, “cresciuta in Arizona con cinque fratelli e un padre vedovo” si è anch’essa sposata ma poi divorziata. Tanto per restare nel solco desolato delle detective lady. Brava in cucina, ama dipingere. Ognuno vive nella propria casa. Primo rapporto con Isaac Gomez: da una parte si sente protettiva, dall’altra irritata perché è restia ad abbracciare subito la sua teoria. Cioè che gli omicidi del 28 giugno abbiano qualcosa in comune. Tuttavia sa bene che Isaac “era più intelligente di lei, molto di più. Ignorarlo avrebbe potuto risultare un errore di quelli malandrini”. Buon senso. E proprio da lui ci arrivano di tanto in tanto particolari sulla nostra Petra. Che è agile e aggraziata e con un bel caschetto di capelli neri. Occhi castano scuro tendenti al nero. Occhi “indagatori”, “lavoratori” e non “strumenti da flirt”. Lineamenti nitidi, la pelle d’avorio e sottili vene blu. L’antitesi della bambolona maggiorata. Ma proprio per questo “la rispettava il doppio proprio per come sapeva essere se stessa, resistente alle volgari pressioni della moda corrente”. Una persona seria, di cui, evidentemente si è innamorato. “Quella pelle, quegli occhi. Quel modo che avevano i suoi capelli neri di ricadere con naturalezza al proprio posto”. Sempre da lui sappiamo anche come si veste. Invariabilmente di nero tanto che i colleghi la chiamano “Morticia”, ma anche “Barbie” e questo non riesce a capirlo. Insomma, proprio una bella donna. Altri particolari verranno aggiunti in seguito. Mani affusolate e forti, aggressiva in un modo assai femminile. Non le dispiace un po’ di “sesso atletico”. E quando non resiste non resiste. Rischiando il grottesco “Poi non ce la fece più. Prima spogliò frettolosamente il suo corpo pallido e ossuto, poi si strappò quasi di dosso i vestiti, con tanto affanno che per poco non inciampò nei calzoni”. Oppure “Petra osservò la sua sagoma sfocata. Al diavolo. Si spogliò e lo raggiunse. Crudeli e sconsiderate le posizioni in cui lo costrinse”. E’ veramente innamorata di lui. Lo dimostra in ogni momento. Si commuove ai ricordi. Come quando piange ripensando a Shirley Lenois, una poliziotta madre di cinque figli che si era fatta in quattro per lei quando era entrata nella polizia. Non fuma ma non le dispiace un buon caffè. Non pare molto ordinata “Si versò dell’altro caffè, giocò con fili di mozzarella, prese uno dei fascicoli. Bevve e mangiò e cominciò a leggere. Sporcando le copertine di olio. Trattandole senza molto riguardo”. Esperta guidatrice sa districarsi nel traffico e orientarsi perfettamente. Anche quando con la mente è altrove. Ottima osservatrice “Il comportamento insolito di Kurt Doebbler si fissò nella mente di Petra e, dopo che per qualche giorno ebbe lavorato inutilmente al caso Paradiso, si ritrovò a pensare a lui”, “Eppure era sicura che la persona con cui aveva parlato al reparto di oncologia aveva reagito con ansia sentendola parlare di Sandra”. Spiccia e diretta con gli altri. Si fa capire anche senza parlare “Petra indirizzò un sorriso intinto nel veleno dritto al naso all’insù della fanciulla”. Già detto che non può stare ferma un attimo “Decisa a escludere dai suoi pensieri l’attentato nonché il lavoro d’ufficio, si era buttata anima e corpo in faccende domestiche e assalti maniacali alla sua tela, dai quali aveva ricavato solo una monumentale depressione”. Che risolve facendo anche la spesa e telefonando ai suoi cinque fratelli, nonché alle loro mogli. Solo a pagina 188 si viene a sapere che ha trent’anni. Ogni tanto pensa anche a se stessa: cena leggera, bagno caldo, un tocco di trucco. Mangia alla svelta essendo cresciuta con cinque fratelli famelici. In netto contrasto con Eric che mangia, invece, lentamente. Non disdegna i piccoli, buoni ristoranti dove può ordinare salmone alla griglia con patate al forno e cavolo stufato. Esperta nei travestimenti “Petra aveva nascosto la chioma nera sotto la parrucca bionda che usava per i suoi travestimenti ai tempi in cui si occupava di furti d’auto. Interpretava una donna di dubbie virtù a caccia di una Mercedes da comprare per pochi dollari”. Nei momenti di tensione ha “le budella torte”, le mani gelate e le martellano le tempie. Sa mantenere il controllo di fronte alle provocazioni. Soprattutto a quelle del suo capo Schoelkopf “Lei è un’amorale, vero?” l’apostrofò lui. Petra strinse i pugni. Tieni la bocca chiusa, bella mia”. Fino ad un certo punto, però. Quando il capo insiste si sente la faccia bruciare come se gliel’avesse infilata in una fornace ed è “pronta a saltare alla gola di quel bastardo…”. Testarda. Dopo che è licenziata non si dà per vinta. Subito a casa mette via cavalletto e colori e allestisce un tavolo di lavoro su quello da pranzo. Se c’è da dormire per forza manda giù un tranquillante e la mattina dopo si sveglia “più battagliera che mai”. Resistente. Può stare ore ed ore a sorvegliare un probabile assassino sgranocchiando caramelle.
Che dire del libro? Le solite cose che si dicono di altri libri. Sembrano tutti fatti con lo stesso stampino. Capitoletti brevi, smozzicati, dialogo imperante con frasi in corsivo che diano risalto al pensiero, battutine più o meno ironiche, aggancio ormai imprescindibile con il passato, serial killer di turno che sembra un tizio e poi è un altro…Insomma lascio a voi lettori il giudizio. Anche perché a me interessa la detective lady di turno. Ma anche qui niente di nuovo sotto il sole. Solita sfiga, solita ragazza forte, solita storia di amore e sesso…No, non è giornata.
Spazio libero
Non è giornata neanche per lo spazio libero in cui infilo un articolo sulle interviste già uscito su “Sherlock Magazine” per creare un po’ di discussione che qui ci si addormenta.
“Non vedo satire in giro, né frustatine, né pizzicotti, né piccoli sberleffi sul mondo del giallo in generale. Qualcosa che colpisca in modo giusto e faccia ridere o sorridere. Tutto è serio, tutto è rigido, tutto (o quasi) è plumbeo. E questo un po’ mi preoccupa. Non vorrei che succedesse quello che è successo nel campo degli scacchi quando un certo Tamerlano su una nota rivista ha tirato qualche sciabolata qua e là. Apriti cielo! E’ stato attaccato da tutte le parti prendendo, magari a pretesto, lo pseudonimo sotto cui si celava. Non so, sarà una mia impressione, ma certi tipi che girano nei due mondi hanno delle facce da puzza sotto il naso che te li raccomando.
Prendiamo le interviste. Che si trovano da tutte le parti. Molte sono belle e interessanti. Fanno scoprire l’anima vera di scrittori di razza. Con la S maiuscola. Fanno pensare, riflettere. Ma anche qui il loro numero diventa sempre più abnorme, inflazionato. E allora si assiste a delle cose assurde. A degli esseri umani (lo sono anche loro), maschi e femmine non c’è differenza di sorta, che, per avere buttato giù due o tre libretti si sentono arrivati, macerati, sdilinquiti dal lavoro che fanno. Tutti presi dal sacro fuoco della ispirazione. E giù a parlare, a scavare, a sviscerare come piccoli Proust. Intanto hanno la scrittura nel sangue. Sin da piccoli quando frequentavano le elementari. O addirittura nella placenta di mamma. Un imprinting naturale. In mancanza di questo il Destino. Che so una notte che non riuscivano a dormire si sono messi a leggere un capolavoro della letteratura poliziesca. Fulminati come Sant’Agostino lungo la via per Damasco. E da allora si sono buttati a scrivere a corpo morto perché la parola scritta ha un potere che dura nel tempo. E’ vita e libertà. E’ Poesia. Oppure hanno iniziato quasi per gioco. Scriviamo qualcosa? Dai che ci divertiamo! Ed il gioco è diventata una vera, incontrastata passione che li avvince tutt’ora e li avvincerà (purtroppo) per sempre. E come nasce un libro? Ma da un’idea, naturalmente. Che si fa strada piano piano (o prepotentemente a seconda dei vari temperamenti) nell’animo del prediletto di Dio che la plasma come uno scultore. Oppure semplicemente perché si sente l’urgenza di scrivere una storia che si sarebbe voluto leggere ma che ancora non c’è (su qualche miliardetto di storie). Oppure…oppure… Un mistero della vita. Come ce ne sono tanti a cui non è possibile dare risposta. E i personaggi? Come sono stati creati? Un lavoro lungo, difficile, una ricerca affannosa, quasi disperata. Stremati anche nel fisico. Figurati la psiche. E l’ambientazione? Quella poi. Da sfibrare le tempre più forti. E poi la critica alla società. E la filosofia che sorregge tutto l’impianto. Una faticaccia. Via non ne parliamo. E il rapporto con i propri libri (meglio ancora con il proprio, unico libro)? Li amo tutti. Sono come figli. Per loro darei la vita. E così via fino all’ultima, angosciosa domanda rivolta con lo stesso pallore sul volto che segnava l’attesa del responso delle antiche Sibille. E che cosa c’è nel cassetto? Con l’inevitabile, terribile risposta. Questa volta non ambigua (ibis redibis non…). Ma chiara, sicura, decisa. Nel cassetto c’è sempre pronto un nuovo libro, un nuovo progetto. Mai nessuno che ci rassicuri. Che ci faccia tirare un sospiro di sollievo. Che dica basta. Ho finito qui. Nel cassetto non c’è più niente.
Allora lo diciamo noi. Basta!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! E vi diamo fuoco al cassetto”.
Dunque un appello accorato a tutti gli intervistatori perché non facciano l’ultima, fatidica domanda.
Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it
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