Si è conclusa il 28 aprile la nona edizione del Far East Film Festival, la più grande rassegna europea di cinema popolare asiatico. Il premio del pubblico quest’anno è andato al sudcoreano No Mercy for the rude di Park Chul–hee, ma anche Fu Zi, l’ultima fatica di Patrick Tam, ha riscosso un enorme successo piazzandosi in seconda posizione. Proprio a Patrick Tam è stata inoltre dedicata la splendida rassegna, curata da Alberto Pezzotta, sui lavori televisivi degli anni ’70, e il pubblico di appassionati e giornalisti ha avuto inoltre modo di poter ammirare l’intera filmografia del regista hongkonghese, che al momento ha al suo attivo otto lungometraggi.
Nel caso della Corea del Sud, a una presenza ridotta di commedie faceva da contraltare un nutrito numero di thriller-noir, fra i quali il bellissimo A Dirty Carnival di Yoo Ha, o ancora opere drammatiche come l’emozionante Family Ties di Kim Tae–yong o ancora il divertentissimo e irriverente fantasy The Host di Bong Joon–ho.
Fra i giapponesi, troppi probabilmente erano i blockbuster di dubbio interesse, come il noiosissimo Umizaru 2: Test of Trust di Hasumi Eiichiro, il patinato dittico tecnologico Death Note e Death Note: The Last Name di Kaneko Shusuke o ancora il fantasy un po’ troppo lungo Dororo di Shiota Akihiko, anche se non mancavano film più interessanti come i coloratissimi Memories of Matsuko di Nakashima Tetsuya o Sakuran della regista esordiente Ninagawa Mika. Per quel che riguarda la Cina e Hong Kong, invece, la scelta è sembrata molto più omogenea: più orientati sul drammatico i film cinesi, fra i quali segnaliamo per originalità Young and Clueless di Tang Danian e One Foot off the Ground di Chen Daming (anche se non è mancato un sontuoso horror–mélo con The Matrimony di Teng Huatao), più verso il noir-thriller, immancabilmente, gli hongkonghesi.
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