Nel cuore di Manhattan, può accadere di tutto. Persino che un palazzo si animi della vita che dentro gli pulsa. E' il caso del Preemption Building, all'angolo fra l'Ottantaduesima Ovest e Riverside Drive: infatti, il  misterioso edificio in arenaria, con il tetto decorato da gargolle e affacciato sull'Hudson come una torre di guardia, è  il  protagonista  di Baciarsi a Manhattan, effervescente opera prima di David Schickler.

Con i suoi sospiri,  lo sguardo vigile (il portiere negro Sender, in impeccabile uniforme blu da ferroviere e con una cicatrice a forma di ovale in fronte, tipo "terzo occhio") e gli efficienti trasporti (l’ascensore Otis piu antico di New York, rifinito con porte di mogano a ogni piano), il gotico Preemption Building diventa  l'attrattore di un flusso vorticoso di vicende, dal riflesso alla “Sex and the City”.

Storie di solitudine, innocenza, tenerezza e stravaganza metropolitana, tratteggiate con una scrittura cristallina, cinematografica.  Incalzante e nitidissima come un eyeliner waterproof.  I protagonisti sono trentenni (poco meno o poco oltre), alla ricerca disperata di una geometria esistenziale, che mappi il quotidiano ritornello lavoro-&-successo. Undici episodi che sedimentano, uno dopo l’altro,  un mosaico di intrecci, dove il sesso non è urlo ma carezza, e l’amore non è gemito ma immagine riflessa nello specchio per ridestare autostima.

Nel surreale labirinto descritto da Schickler, nessuno stupore se il sotterraneo di un Sexy Shop, come la fucina mitologica del dio Vulcano, sputi in faccia a un timido contabile pietre preziose, neppure se uno studio legale, in Wall Strett, diviene il crocevia di occhiate fameliche e incontri; nemmeno, infine, se una vasca da bagno di inizio Novecento diviene il “luogo segreto” di un abluzioni rituali fra moglie e marito. E che dire del talentuoso e ricchissimo trader, che gira armato e, ogni sera, alla fanciulla di turno straccia gli abiti e immobilizza i polsi, davanti allo specchio, e la tiene così, per un’ora.  C’è, poi, un aspirante comico che si accontenta di recitare la parte di un topo arrabbiato in uno spettacolo, e un prete che annusa la presenza del maligno; e una studentessa che vorrebbe sposare il selvatico professore di Letteratura e una giornalista in cerca di amore che si innamora del contabile dagli occhi celesti e sonnolenti, il quale si confida con Otis, l’ascensore, da mezzanotte all’una.

Undici storie, una coralità simmetrica e cristallina, un flusso circolare che intreccia la trama come in un tranello, in cui si precipita pagina dopo pagina, assaporando la sottile lotta fra bene e male che i personaggi, inconsapevolmente, combattono. E, se fin da pagina 91,  in un romanzo spumeggiante come un cocktail, aleggia una pistola, questa non può non recitare la sua parte. Come? Sparando. Non aggiungiamo altro. Al lettore il piacere di scoprirlo a pagina n, con n = 279