Montella, provincia di Avellino. Leonarda Cianciulli sta dormendo nel suo letto quando, al suo fianco, appare lo spettro della madre. Leonarda tenta di scacciarlo, ma l’apparizione continua, la maledice, poi scompare. Non è la prima volta che lo spirito appare, anzi. Da quando la madre è morta appare costantemente. Del resto l’aveva temuto il giorno in cui la madre la maledisse per essersi sposata senza il suo benestare. La maledizione stava avendo un effetto devastante: diciasette gravidanze, tre parti prematuri e dieci figli morti ancora in fasce. Tutto questo le era stato predetto anche da una zingara: “Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi”. Non c’era altra soluzione, doveva togliere il malocchio che la madre le aveva lanciato. Leonarda comincia a frequentare numerose fattucchiere, chiromanti, streghe, cercando di combattere il malocchio con la magia. Una di queste chiromanti, leggendole la mano, le predisse: “Vedo nella tua mano destra il carcere, nella sinistra il manicomio”. Alla fine, grazie a una di queste fattucchiere riesce a portare a termine quattro gravidanze. Ma un’altra disgrazia si abbatte sulla famiglia: un terribile terremoto sconvolge l’Irpinia nel 1930, e distrugge tutti i beni della famiglia, che deve trasferirsi in Emilia, a Correggio. Gli abitanti del paese accolgono la famiglia con grande calore e senso di ospitalità. Leonarda è felice: il passato, quando i ragazzini del quartiere la chiamavano “bastarda”, perché figlia di un uomo che aveva sedotto la madre e poi era scomparso; quando il patrigno la picchiava tra l’indifferenza della madre; quando era costretta a chiudersi in se stessa, ed evocare amici immaginari; quando tentò il suicidio senza riuscirsi; sembra scomparso.
"Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l'altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l'intenzione di morire e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla". Leonarda Cianciulli
Ora è felice, allegra, si è anche separata formalmente dal marito ubriacone e violento e, soprattutto, ha i suoi quattro figli. Dopo un periodo di estrema povertà, dovuto alle conseguenze del terremoto, iniziano ad arrivare i fondi statali destinati ai terremotati, e Leonarda inizia un suo personale comercio di abiti usati con un certo successo. Ogni tanto si improvvisa cartomante: è intelligente, ha molte amiche, ed è ben voluta da tutti.
"Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l'altra dalla terra nera...per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli". Leonarda Cianciulli
Si avvicina, però, il periodo della guerra: Leonarda è nervosa, ha brutti presentimenti, teme soprattutto per la sorte dei suoi figli, per il maggiore che potrebbe essere chiamato in guerra. Una notte, mentre sta dormendo, al posto dello spettro della madre gli appare la Madonna, che tiene in braccio un bimbo nero e le dice che, per salvaguardare la vita dei suoi figli, deve sacrificare la vita di altri quattro esseri umani. Allora, tutte le immagini del passato tornano a galla: la maledizione, i figli morti, la fanciullezza difficile. La sua psiche cede. Deve trovare subito delle vittime da sacrificare, e le trova tra le sue amiche. La prima vittima si chiama Faustina Setti. Faustina ha settantatrè anni, è vedova, e non vuole passare la sua vecchiaia in solitudine. Leonarda la sprona a sposarsi con un suo ricco amico, si occuperà lei di tutti i preparativi. Faustina si fa convincere, decide di partire per Pola dove crede che ad aspettarla ci sarà il futuro marito. Prima di partire, delega Leonarda alla gestione dei suoi beni in paese. Faustina è contenta, ringrazia l’amica, sta per partire, quando un colpo d’ascia si abbatte su di lei. Leonarda decapita il corpo di Faustina, lo fa a pezzi, lo taglia in nove parti con una sega, fa bollire i resti in un pentolone contenente soda caustica, ne fa sapone. I pezzi non adatti li getta un po’ giù dal gabinetto, un po’ nel corso del fiume che scorre accanto alla sua abitazione. Le rimane un po’ di sangue che mescola a cioccolata e marmellata e ne fa dei dolci.
Una volta uccisa Faustina, divisi il suo corpo e gettai i nove pezzi nella pentola. Aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giovanni e io. Leonarda Cianciulli
Nel frattempo, continua la sua attività di cartomante, invitando molte amiche a casa sua, offrendo a tutte i suoi buonissimi dolci dal sapore particolare. A uno di questi incontri partecipa Francesca Soavi, cinquantacinque anni, in cerca di un lavoro. Non c’è problema, risponde Leonarda, ti ho trovato un posto come direttrice di un collegio femminile in Toscana. Nessuno vedrà più Francesca Soavi, ma, agli incontri a casa di Leonarda, i dolci sono sempre più frequenti. A questo punto la Cianciulli incontra Virginia Cacioppo, una vedova di cinquantanove anni, cerca anche lei un posto di lavoro. Non c’è problema, gli dice Leonarda, io ho tante conoscenze in Toscana. Anche Virginia Cacioppo svanisce nel nulla.
Virginia finì nel pentolone, come le altre due. La sua carne era grassa e quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone dì colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce Leonarda Cianciulli
Tre donne scompaiono dopo aver parlato con Leonarda: le amiche di queste donne pian piano cominciano ad avere dei sospetti, cominciano a parlare tra loro, cominciano a fare domande. La signora Fanti, cognata della Cacioppo, va addirittura dai carabinieri: ha dei sospetti. Le forze dell'ordine le rispondono che non ci sono prove, allora inizia le sue indagini private. Si piazza sotto un portone di via Cavour, osserva, interroga e analizza. Scopre che Leonarda ha venduto tutte le scarpe, i vestiti, e l'unico cappotto della cognata, e si chiede perciò con quali abiti questa sia partita per Firenze. Gira l'enigma al questore di Reggio Emilia che lo trova interessante e si incarica personalmente delle indagini.
Verso la metà del gennaio successivo il parroco di San Giorgio in Correggio, don Adelmo Frattini, vende dei titoli, tra i quali risulta anche il buono del tesoro H-241985. E' uno di quelli di proprietà della Cacioppo. Scatta l'interrogatorio, il prete dichiara di avere ricevuto il titolo da un certo Abelardo Spinabelli, il quale non esita a confessare di averlo avuto dalla sua amante, Leonarda Cianciulli.
La donna è arrestata e il suo appartamento perquisito. Gli investigatori trovano una dentiera nel pozzo nero e resti di ossa umane frantumate in solaio. Nella casa trovano gioielli e oggetti appartenenti alle vittime. Leonarda, messa alle strette, confessa i suoi crimini. Le prime pagine dei giornali definiscono la Cianciulli la “Saponificatrice di Correggio” e, con questo soprannome, passa alla storia.
In un primo tempo fu incriminato anche il figlio maggiore, Giuseppe, ma in seguito fu assolto e tutte le colpe ricaddero sulla madre. La Cianciulli, durante il processo, si dimostrò sempre consapevole dei propri crimini, ma si indignò per le accuse che la indicavano come un’assassina mossa soltanto dall’interesse economico.
Dopo aver fatto a pezzi i cadaveri, mettevo la caldaia sul fuoco la sera alle 19, e per tutta la notte la lasciavo andare, fino alle 4 del mattino... I pezzi non adatti alla saponificazione, deposti in un bidone a parte, li versavo un po' nel gabinetto e un po' nei canale che scorre vicino a casa mia. Mi accorsi che nel sapone c’erano dei pezzi più duri. Erano delle ossa che non ero riuscita a saponificare, ma erano divenute fragilissime, tanto che si dissolvevano a toccarle. Il sangue, di solito, lo riunivo a marmellata con cioccolato, aromi di anice e vaniglia, oppure garofano e cannella. Qualche volta, nelle torte che offrivo alle mie visitatrici, ci mettevo un pizzico della polvere ricavata dalle ossa delle morte... Leonarda Cianciulli
Infatti, asserì sempre che gli omicidi si erano resi necessari per salvare la vita dei suoi figli, minacciati da una tremenda maledizione. Il tribunale la ritenne seminferma di mente e la condannò a trent’anni di reclusione per triplice omicidio premeditato, continuato e aggravato, per rapina ai danni delle vittime e distruzione dei loro cadaveri.
Con questo non intendiamo negare che la mente dell’imputata sia malata: quale persona sana avrebbe potuto compiere simili atrocità? Ciò che crediamo di essere riusciti a provare è che nella sua follia questa donna agì con sorprendente lucidità…L’ha fatto soltanto per denaro, il denaro delle sue povere, sfortunate vittime. L’avidità è il demone che ha spinto sia la Cianciulli che suo figlio a uccidere. Non ve ne sono altri. Accusa durante il processo
La Cianciulli passò gran parte della pena nel manicomio di Aversa e, in seguito, in quello di Pozzuoli, dove morirà per un ictus il 15 ottobre 1970, dopo aver scritto un memoriale di settecento pagine intitolato Confessioni di un’anima amareggiata.
Bibliografia essenziale:
V. M. Mastronardi – R. De Luca, I serial Killer, Roma, Newton&Compton, 2006
L. Offeddu, Storia del male. Crimini e atrocità nel corso dei secoli, Milano, Boroli, 2005.
C. Tani, Assassine. Quattro secoli di delitti al femminile, Milano, Mondadori, 1998.
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