C'è qualcosa di fondo che non funziona nel romanzo Io aspetto nel buio di Massimo Pallottino, opera prima edita dalla peQuod.
Qualcosa che assume un aspetto sempre più consistente con lo scorrere della lettura: una sensazione, un'assenza, un senso di insoddisfazione che il lettore non riesce a scrollarsi di dosso.
Il romanzo racconta la storia di un fantomatico serial killer, che uccide donne tra Firenze e Roma a colpi di pistola, lasciando come firma un "d" incisa sul ventre delle vittime. Riccardo Conti, attore di teatro in pensione, è coinvolto in maniera occasionale nella vicenda e la sua vita è improvvisamente costellata da cadaveri.
Ha poco senso in questa sede fornire ulteriori dettagli riguardo alla trama, quello che conta è, invece, evidenziare la totale immaturità dell'opera, che pecca di gravi lacune e manca di alcuni elementi fondamentali per un romanzo definito in copertina come un thriller. Primo fra tutti il ritmo. L'opera è completamente priva della giusta tensione narrativa, di quel concatenarsi di eventi e vicende, gestite dall'autore in modo da tenere viva l'attenzione e la curiosità del lettore. E così 139 pagine sembrano improvvisamente 300, il libro sembra stagnare su pochi e instabili cardini, addirittura il lettore arriva molto prima dell'autore e dei personaggi a capire il seguito delle vicende.
A questo va unito uno stile piuttosto piatto e banale, anch'esso corrotto a tratti da sviste e refusi, ma soprattutto da lacune e imprecisioni di base, che dalla radice distruggono la credibilità della vicenda e la fiducia del lettore nei confronti del narratore.
Sicuramente parte di tutto questo va imputato al fatto che si tratta di un'opera prima, di un autore ancora inesperto, ma purtroppo non sorretto da un lavoro di editing attento da parte dell'editore e, in ogni caso, si rintracciano nell'opera troppe mancanze che possano essere giustificate dalla semplice immaturità.
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