Date una successione di numeri e una penna a un matematico e questi potrebbe fare convergere anche sangue e brividi. E allucinazioni irrazionali. Proprio come una serie armonica di ragione maggiore di 1. E uno è il romanzo che ha dato la notorietà a Bram Stoker (1847-1912), matematico irlandese attratto dalle lettere e dall’arte: Dracula. L’ultimo lampo della stagione gotica ottocentesca. Anzi, l’ultimo “morso” in forma epistolare.
E anche al di fuori di vampiri, esangui profili e paletti confitti nel cuore, Stoker si conferma un acutissimo evocatore di atmosfere nere e sovrannaturali, di sogni profetici e superstizioni che scavano nei meandri della complessità psicologica dell’uomo. Perché il mostruoso, sovente, non è altro che il riflesso del fango individuale della propria coscienza.
Governati da una scrittura lineare e matematicamente essenziale (quindi efficace, per definizione!), come in un pentagono, i cinque racconti della raccolta La catena del destino regalano al lettore emozioni inusitate. Perché certe epifanie conclusive ancora ci sorprendono ancora oggi, con lo stupore peculiare della scoperta. “La catena del destino” (il racconto più lungo, da cui la raccolta trae il titolo) assume il ritmo e la cadenza di una ballata popolare, in cui maledizione e attesa catarsi amorosa si rincorrono a vicenda e si fondono. Vibrante è il personaggio femminile attorno a cui ruota la maledizione familiare; come stregato è anche quello de “Il segreto dell’oro vivo”, una fiaba nera meravigliosa, in cui i capelli di una donna murata viva in un salone sgorgano da una crepa del pavimento come zampilli inarrestabili e finiscono per sommergere (e soffocare) il fidanzato assassino e la nuova, futura moglie. Pervaso da sottile humor britannico è il racconto “Le sabbie di Crooken”, in cui una serie di impronte sulla sabbia, che svaniscono dentro sabbie mobili (il tema del doppio, quindi), porta il presuntuoso protagonista a un passo dalla follia. Come un incubo, ne “Il sogno delle mani insanguinate” la visione onirica irrompe della narrazione e conferisce alla storia l’atmosfera shakespeariana di una tragedia che si scioglierà solo con la morte. Infine, “La profezia della zingara” fa il verso alla diffidenza innata nei confronti del destino impresso nei solchi della mano.
Infine, un piccolo giallo legato al sottotitolo ".. e altri racconti inediti": inediti perché poco conosciuti, forse. Visto che i medesimi furono già pubblicati da Theoria nel 1990.
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