34 anni sono tanti ma la verità non può essere negata: nel 1973 ho scritto HO INCONTRATO UN’OMBRA che uscì in televisione l’anno dopo, a febbraio del 1974, con un grande successo. Vinse il premio come miglior sceneggiato, attribuito dalla stampa televisiva, il Telegatto per la rivelazione dell’anno al protagonista Giancarlo Zanetti e anche la sua colonna sonora fu al primo posto della hit parade per molti mesi con il leit-motiv A BLUE SHADOW. Però, mi raccomando, non pensate a me come un vecchione, ho i miei anni, ma ancora me li porto bene. Per fortuna ho cominciato a lavorare nel mondo spettacolo molto giovane, a venti anni.
Quando Mauro Smocovich e gli amici di Thriller Magazine mi hanno proposto di pubblicare sul loro sito la sceneggiatura, ho aderito subito con ma con due timori: uno fisico, perché avrei dovuto trascrivere il testo nel computer che allora non esisteva come strumento comune di lavoro; il secondo, più profondo, da sembrare paura vera e propria, era quello di rileggere il testo dopo tanti anni e scoprire che non mi piaceva più. Erano 34 anni che non lo leggevo e pochi di meno che non vedevo lo sceneggiato, ridato in replica molte volte. Invece, a rischio di sembrare immodesto, ho provato un piacere immenso a rileggere il copione, ritrovando le mie correzioni scritte a mano, le varianti portate durante la lettura con gli attori nei mitici studi di Napoli, dove furono girati gli interni, e soprattutto ho ricordato, con grande commozione, il mio grande amico Daniele D’Anza, che non solo ha curato la regia in modo mirabile ma ha lavorato con me nella scrittura.
Vi racconto la vera storia di come sono arrivato a scrivere questo che ormai può esser considerato un classico della tv. Il soggetto è di altri autori e il dirigente di allora, il mitico Giovanni Salvi, volle D’Anza per la regia e Daniele chiese me per scrivere la sceneggiatura. Avevo gia collaborato con lui quasi 5 anni prima, quando avevamo lavorato insieme per scrivere CORALBA, tratto da un mio soggetto. Io ero quasi un ragazzo all’epoca e Daniele era invece un divo della tv, un uomo amato dalle donne e dalla stampa. Il soggetto di CORALBA aveva un altro titolo, si chiamava PER AMORE DI CARROL, e io lo scrissi per un divo come Rossano Brazzi, con il quale avevo lavorato per il cinema. La televisione acquistò il mio soggetto, considerandolo un romanzo inedito, e affidò a D’Anza non solo la regia ma anche il compito scrivere con me la sceneggiatura. Lavorammo bene insieme e CORALBA – che per inciso non il nome di una donna ma di un medicinale innovativo - fu un clamoroso successo sia d’ascolti - una media di 19,7 milioni di spettatori a puntata - sia di critica sia, per quanto mi riguarda, determinò il mio lancio come autore di gialli e di thriller per la televisione. Le nostre strade però si separarono ma per HO IN CONTRATO UN’OMRA Daniele mi chiamò e non solo fu un piacere lavorare insieme ma diventammo grandi amici. Al punto che da quel momento lavorammo spesso insieme: alcuni progetti non andarono in porto – per esempio un film per il quale lavorammo per molto tempo ma poi non si fece – però tanti altri sì e li cito perché sono sicuro che li ricordate anche voi: RACCONTI FANTASTICI, cinque episodi dai racconti di Edgar Allan Poe con Philippe Leroy, Gastone Moschin, Vittorio Mezzogiorno; L’ULTIMO AEREO PER VENEZIA, otto puntate sul caso Fenaroli-Ghiani con il grande Massimo Girotti; la versione televisiva del romanzo di Flaubert MADAME BOVARY con Carla Gravina e Paolo Bonacelli e nella quale apparivo come pessimo attore nel ruolo di un sindaco pasticcione) fino alla sua morte prematura nel 1984.
Io spero di riuscire a dedicare a Daniele una rassegna di tutte le sue opere, anche le tante che non ha scritto con me e che mi sarebbe piaciuto fare come IL SEGNO DEL COMANDO e LA BARONESSA DI CARINI. Sarebbe giusto far rivivere nella memoria del pubblico il nome di un regista che per la televisione ha veramente fatto moltissimo.
Per tornare a HO INCONTRATO UN’OMBRA, l’idea nuova fu quella di fondere lo stile e i ritmi del giallo con una storia d’amore. Di solito in una storia gialla si parte con un colpo di scena, un delitto o una rivelazione. Invece noi, in questo caso, siamo partiti con l’incontro fra un uomo e una donna e nelle scene iniziali abbiamo raccontato il nascere di una storia di passione e di sentimenti. Solo dopo una diecina di minuti, la storia si tinge di giallo, fino alla scoperta di un cadavere. A noi piaceva raccontare la nascita di una storia d’amore fra due persone felici di conoscersi e di amarsi. E che vivono una vita molto reale, normale, quasi persino troppo abitudinaria. Non a caso lui, Philippe Dussart, è chiamato dai colleghi e dagli amici il “cronometro”.
All’improvviso strani segni nella casa dell’uomo introducono la presenza di un fantasma, una donna dai capelli lunghi e biondi che frequenta quella casa per motivi misteriosi. Tale presenza diventa sempre più possessiva e invadente fino a trasformare la vita di Philippe, travolgendola. Un tema che ha sempre affascinato D’Anza e me - e che ci ha unito spesso - è come il mistero, il fantastico, l’irrazionale riesca a vincere ogni barriera e irrompa nella vita di un uomo sino a farla diventare una cosa molto diversa da quella precedente. Uno può aver vissuto nel modo più logico e rigidamente regolato, quando si trova di fronte a qualcosa che non riesce a capire non si limita a respingerla ma cerca di afferrarla, di risolverla, di capirla.
Questo qualcosa alla fine si rivela essere un donna, che ha le parvenze di un fantasma: capelli biondi, lunghi, grandi occhiali da sole che coprono il viso, quando questo viene “rubato” da una piccola macchina fotografica.
Philippe, per proteggere un donna che non conosce, è disposto a mentire alla polizia, a rischiare la vita, a fare cose che mai pensava di poter fare. Ma dietro il fantastico c’è qualcosa di molto reale e drammatico, anzi tragico. Siamo negli anni settanta, non dimenticatelo, quando in tutta Europa si stavano risvegliando orridi rigurgiti di nazismo con nuovi raduni, con la nascita di movimenti paralegali, con attentati dinamitardi. Si stava preparando la strategia della tensione. L’idea d’inserire in un giallo televisivo quest’aspetto politico come elemento essenziale della macchina gialla fu la grande novità e la carta vincente, a mio avviso. Nei gialli di solito tutto era mosso da moventi terreni e spesso mediocri, qui invece a far nascere la suspence era il rigurgito del neo nazismo.
Altro elemento di successo a mio avviso - e mi aspetto che nel rileggerlo qualcuno mi faccia sapere le sue reazioni, anche critiche - fu dare importanza a due storie d’amore che un uomo riesce a vivere contemporaneamente con due donne che non sono rivali ma complementari. Insieme, loro due sono il ritratto di una donna perfetta, una è la metà dell'altra, ognuna di loro è l’altra faccia della luna, per citare un soggetto che scrissi per Daniele e che non riuscimmo a realizzare. Ma un giorno o l’altro ci riuscirò.
Altro motivo di piacere che ho provato, nel rileggere la sceneggiatura e nel ricordare la sua realizzazione, è stato l’ampio panorama di personaggi tutti a mio avviso intriganti e descritti in modo esauriente. Anche quelli che si definiscono di solito minori. Basti pensare alla figura di Buache.
Forse è solo un’illusione la mia, perchè temevo peggio prima di rileggere, ma ho trovato una freschezza d’invenzione, un aggancio con la realtà, un ritmo di costruzione che non ricordavo. Soprattutto ho trovato una forte, quasi impudica, voglia di romantica tenerezza, d’abbandono e di disperazione esibiti senza la minima vergogna. Noi autori abbiamo avuto lo stesso coraggio del protagonista, gettandoci senza rete nel vortice di una passione che va al di là di ogni ragionamento razionale. Un giallo dove non contano gli interrogatori – la polizia quasi non esiste – i moventi, gli orari, i dettagli ma soltanto i personaggi. La ricerca della verità serve soprattutto a costruire personaggi, ad approfondirli, a farli muovere in un mondo reale descritto senza fronzoli.
Il finale, che non anticipo, forse a leggerlo non è così terribile come sullo schermo, con quella carrellata indietro, lunga e lenta, in una villa, tetra e fotografata con un bianco e nero da favola, dove un uomo resta per sempre prigioniero di un sogno, di un folle amore per un’ombra.
Alla fine di questa che avrebbe dovuto essere una prefazione, mi accorgo di averla scritta con scarsa lucidità, in un misto di ricordi e di spiegazioni, forse perché dopo 34 anni sono ancora innamorato di questo sceneggiato, così come la lettura lo ha fatto rivivere nella mia memoria. Con il ricordo di persone che sono state importanti nella mia vita. Ricordo ancora la bellissima Beba Loncar: una immagine che rimaneva nel cuore. E di lei, la donna fantasma, vittima di un passato terribile e senza un futuro, in fondo c’innamoravamo tutti come Philippe.
Quando s’incontra un’ombra, si ha sempre voglia di afferrarla. Ma non sempre si riesce. Anzi, quasi mai. Per essere sinceri.
HO INCONTRATO UN'OMBRA - Originale televisivo in quattro puntate di BIAGIO PROIETTI da un soggetto di Gianni Amico, Mimmo Rafele e Enzo Ungari
Personaggi e interpreti:
Philippe Dussart - Giancarlo Zanetti
Silvia Predal - Beba Loncar
Catherine Jobert - Laura Belli
Commissario Vian - Renato de Carmine
Kurt Wolf - Mico Cundari
Pierre Girard (Willy) - Carlo Cataneo
Buache - Corrado Gaipa
Gal Fabian - Simonetta Stefanelli
Gustav - Paolo Bonacelli
Soledad - Norma Jordan
Jean Marie Duclos - Bruno Cattaneo
Marta - Tina Lattanzi
Musiche di Romolo Grano eseguite dall'Orchestra di Berto Pisano
Scene di Antonio Capuano
Costumi di Giovanna La Placa
Fotografia Tony Secchi
Regia DANIELE D'ANZA
La prima puntata è andata in onda sabato 23 febbraio 1974 ore 20,40
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