Vi è archiviata una carriera che sfiora il quarto di secolo, il profilo di un professionista con più competenze accreditate: narratore, traduttore, sceneggiatore cinematografico... Mi soffermo soprattutto sullo scrittore. Lo faccio con profondo rispetto, ammirazione e una punta di – sana, lo giuro – invidia. Perché Alan D. Altieri è indiscutibilmente un autore unico, con stile proprio, inconfondibile, a cui va inoltre il merito di aver dimostrato, per primo, come l'action thriller non debba necessariamente essere un genere importato. Un merito acquisito con i fatti: conquistando, e conservando, i consensi di lettori e critica. I suoi libri, ripetutamente ristampati, sono infatti costantemente presenti nelle librerie. I romanzi di Altieri sono avvincenti, organizzati in matrici esemplari, incastri di trame e sottotrame che mai perdono di vista la scansione degli eventi. Che fanno sempre accadere qualcosa. Lo stile è spietato, rude, tagliente. Efficace. Ma anche ricco di iperboli evocative che sottolineano i momenti salienti del racconto. Una prosa perfettamente adeguata al ritmo sostenuto, alle cornici violente, al permeante pessimismo, ai protagonisti marchiati da vite sbagliate... Una scrittura dal taglio cinematografico, dove gli eventi "si vedono" piuttosto che essere letti, dove lo spessore interiore dei personaggi cresce (e tanto!) per effetto del loro agire piuttosto che di un dichiarato pensare. E' anche in tal modo che la narrativa d'azione di Altieri risulta molto più vicina all'Uomo, alle sue emozioni, alla sua essenza, di tanta altra pretenziosa, e a volte
ipocrita, letteratura.
Presupposto fiction: i documenti relativi al dossier "SFL – Segretissimo Foreign Legion" sono stati declassificati, le coperture sono saltate. Prima che si diffondano false notizie, vuoi raccontarci tu com'è avvenuto il tuo reclutamento nel Team "italiano" della collana Segretissimo?
Il mio reclutamento risale all’anno 1998, primariamente a opera del fraterno amico e compagno di avventure Stephen Gunn (Stefano Di Marino), creatore del Professionista e di Vlad. C’era bisogno nella squadra di un tiratore scelto. E io avevo a disposizione... just the man for the (dirty) job.
Alan D. Altieri è il tuo nome di battaglia da più di vent'anni, decisamente da mooolto prima che si formasse la SFL. Fu volontà tua, del tuo editore dell'epoca o di entrambi, la scelta di questo nom de plume?
All’epoca - parlo del 1981 - si trattò di una decisione presa di comune accordo tra il mio primo, storico editore, il grande Andrea Dall’Oglio, e me. Stavamo componendo l’immagine di copertina per la primissima edizione di Città Oscura. Sergio D., il mio vero nome, non
stava bene tra le due punte superiori della stella della polizia di Los Angeles. Da qui Alan D.
Per Segretissimo hai dato corpo e anima alla figura di Russell Brendan Kane. Entriamo nel personaggio, nella sua estrazione, nella sua psicologia...
Tenente-Colonnello del celebrato e famigerato Special Air Service britannico, Russell Brendan Kane ha sulle spalle tutte le contraddizioni e tutti i dubbi di un’epoca demente come la nostra. Ciò che lo segna nello spirito è una dura PTSS (Post-Traumatic-Stress-Syndrome, Sindrome da Stress Post Traumatico). Ma questa sindrome non viene da una qualche guerra bensì dalla morte del proprio padre. Russell Kane infatti è un medico. Che si è ritrovato impotente di fronte alla fine di un uomo che conosceva poco ma che amava molto. È da questo evento, da questa colpa interiore mai totalmente elaborata, che viene il suo intrinseco death wish, desiderio di morte. Dal tentativo di (impossibile) espiazione di questa colpa viene il suo arruolamento prima nell’esercito britannico, quindi nella brutale “selezione SAS”, la massacrante odissea che porta ben pochi uomini a entrare in quella che non solo io chiamo “la élite degli assassini”. Ma la contraddizione, gettata fuori dalla porta, rientra dalla finestra. A ogni missione Kane si lascia dietro una scia di cadaveri ma finisce, inevitabilmente, con il compiere una qualche chirurgia estrema.
In sostanza, Russell Kane è un uomo costantemente in bilico tra il tentativo di preservare la vita e l’orrore di toglierla.
Il personaggio seriale: come affrontarlo? E ancora: opportunità e pericoli di questa scelta.
In molti dei miei libri precedenti, da Città Oscura (1981) a Kondor (1997), un unico vettore narrativo collega eventi e situazioni. A tutti gli effetti però, i romanzi dello Sniper sono il mio primo vero approccio al personaggio seriale. Da un punto di vista narrativo continua a essere un’esperienza molto valida. Tra i vantaggi della serializzazione c’è l’operare con un cast di personaggi pre-definito, coinvolti in situazioni che devono per forza di cose avere a che fare con il contesto delle tensioni internazionali contemporanee. Tra gli svantaggi c’è la necessità di inventare, con quel medesimo cast, situazioni drammatiche inedite. A cui va ad aggiungersi il mutamento nella problematica del protagonista. A ogni nuova avventura di Kane, la domanda primaria non cambia: “d’accordo, adesso in quale nuova direzione può evolversi questo personaggio?”
Trovare nuove risposte ogni volta è, a mio parere, la vera sfida della serializzazione.
Campo di Fuoco, il primo romanzo della serie "Sniper" è stato recentemente portato in libreria dalla TEA, riveduto e aggiornato. All'epoca, questo romanzo sorprese (senza per questo tradirne le aspettative, tutt'altro!) il tuo lettore affezionato: si discostava infatti dai tuoi romanzi precedenti per alcune caratteristiche, tra le quali la più evidente era senz'altro la relativa brevità. Fu il risultato di una esigenza di collana, di romanzo specifico o di autore? Lasciami aggiungere che, secondo me, la differenza non fu solo di volume narrativo, ma anche, in parte, di modulo e stile. Una diversità che, pur in forma ridotta, ricordo avvertii anche confrontando Campo di Fuoco con i successivi L'ultimo Muro e Victoria Cross. L'emozione che sempre fluisce, ruvida e intensa, nei tuoi romanzi, mi pareva in qualche modo ancor più viva nella prima avventura di Kane.
Il “contenitore” ridefinisce il “contenuto”. La collana Segretissimo è un contenitore molto specifico, che risponde a esigenze (flessibili quanto basta, ma sempre esigenze) ugualmente specifiche. Nella serie Sniper non mi è consentito dilagare come mio solito. Si tratta di testi che non devono superare le trecento/trecentocinquanta pagine, nei quali devono apparire almeno due diverse “location esotiche”. Oltre all’intrigo, la storia deve avere anche una componente erotica. L’aspetto per me molto positivo di questa esperienza narrativa è stato, e continua a essere, l’imparare a narrare all’interno di parametri rigorosi. Campo di Fuoco, prima avventura di Russell Kane, è uno scontro nella jungla del Messico tra i servizi segreti occidentali e il cartello messicano della cocaina. Ecco l’intrigo. Anche se gran parte dell’azione ha luogo south of the border, parecchio accade nella California del sud e nella città di Los Angeles. Ecco le due “location esotiche”. Ci sono tre personaggi femminili primari. Uno dei quali, Dolores Echevarria, è la quintessenza del wet dream (sogno bagnato), secondo la percezione del maschio non solo latino. Ecco la componente erotica. Sistemati i parametri seriali, lo stile in cui ho scritto e continuo a scrivere i romanzi dello Sniper (come hai citato: L’Ultimo Muro e Victoria Cross) ha dovuto adattarsi alla sinteticità della proposta narrativa. Anche qui, è un’altra esperienza positiva: scrivere in modo secco e sincopato “paga”. La nuova sfida è riuscire comunicare immagini ed emozioni con pochi, crudeli colpi di sciabola.
Non molto tempo fa, Russell Kane, lo Sniper, è andato in aiuto a Chance Renard, il Professionista. Un pregevole cameo che troviamo nel corale finale del romanzo La Vendetta del Marsigliese, di Stephen Gunn. Chance ricambierà il favore in uno dei prossimi Sniper?
Poco ma sicuro. Voglio addirittura anticipare che Sniper 4: Orizzonti di Acciaio vedrà un’azione diretta e collaborativa tra Chance Renard e Russell Kane. Nella “location esotica” di Manila, Filippine, i due si troveranno alle prese con un nemico comune con il quale chiudere i conti. E saranno conti parecchio salati.
Quando leggeremo Orizzonti di Acciaio, la quarta puntata della serie Sniper?
Orizzonti di Acciaio è già completamente strutturato. La storia parte nel punto esatto in cui finisce Victoria Cross, la famigerata Isola di Katawan. Da qui l’azione si sposta prima nelle Filippine di cui parlo sopra, e quindi nello stato americano dell’Arizona.
Al momento, sono impegnato in un mio grosso progetto al quale sto lavorando - e dico sul serio - da molti anni. Progetto sul quale - almeno per ora - preferisco tenermi sul vago.
Spero di riuscire di affrontare Orizzonti di Acciaio attorno alla fine del 2005.
So che era tua intenzione aggiungere un nuovo capitolo ai successi di Città Oscura e Città di Ombre, chiudendo così una sorta di Trilogia di Los Angeles...
Anche qui, una anticipazione: ci sarà - anche se non so dire con esattezza quando - il terzo e ultimo capitolo della Trilogia di Los Angeles. Il libro è in avanzata fase di strutturazione. Un working title è Citta di Tenebre. Al fulcro della storia ci sarà, manco a dirlo, The Big One, il mega-terremoto che i sismologi americani continuano a profetizzare colpirà la California meridionale lungo la famigerata Faglia di San Andreas. Città di Tenebre vedrà ancora una volta Alan Wolf in prima linea ma - seguendo la stessa modalità di transizione tra Città Oscura e Città di Ombre - ci sarà un nuovo protagonista. Chi segue il mio lavoro, sa che alcuni dei miei vettori narrativi continuano anche “oltre” Los Angeles. Verso Kondor e infine Ultima Luce. Quindi, chi ha orecchie per intendere...
I tuoi romanzi conquistano il lettore perché sono efficacemente strutturati, solidi e avvincenti. E sono animati da un linguaggio spesso essenziale, crudo e spietato. Come le storie che narrano. Come autore, ti ha mai sfiorato la tentazione di buttarti a raccontare qualcosa di totalmente diverso (per tematiche e/o modalità) da quanto hai finora scritto?
La tentazione mi ha non solo sfiorato ma a essa ho ceduto già svariate volte, per quanto non propriamente nel campo del romanzo. Nel corso della mia esperienza americana di sceneggiatore, ho scritto almeno quattro diverse sceneggiature originali che non sono storie d’azione dura. Una di queste, Magellan Run è una storia di fantascienza “calda” incentrata su un incontro ravvicinato del terzo tipo che finisce molto male. Un’altra, Black Sunrise (Alba al Nero), è basata sul racconto Caldo da un Altro Sole presente nella mia antologia Scarecrow/Lo Spaventapasseri.
A tutti gli effetti, tutti i racconti di Scarecrow esulano dalla mia produzione primaria.
Alcuni arrivano a esplorare il soprannaturale. Di recente, ho contribuito all’antologia Le Tre Bocche del Drago (Larcher Editore), curata dall’amico e autore Danilo Arona, con un racconto nientemeno che sulle “streghe”.
Lo ammetto: la domanda precedente era anche – non solo – una manovra di avvicinamento. Mi perdonino i lettori di ThrillerMagazine una breve sortita fuori dal genere qui trattato. Sono convinto che, proprio con il tuo stile e il tuo mordente, nonché con la tua capacità di strutturare trame, potresti regalare (si fa per dire, il libro lo compreremmo! ;-)) ) un ottimo heroic-fantasy "sudore e sangue", più vicino alla realtà storica che all'immaginario fiabesco o mitico. Più o meno, nella direzione di David Gemmell o di George R.R. Martin (che peraltro hai tradotto). Ci hai mai fatto un pensierino?
Ben più di un pensierino. Il “grosso progetto” che ho menzionato poco fa rappresenta una grossa deviazione, non solo spazio-temporale, da quanto ho fatto finora. Non si tratta di un “heroic fantasy”, ma è di sicuro “heroic”, anche se tutto gettato sul “lato oscuro”. Cedendo di nuovo alla tentazione dell’anticipazione: il progetto in questione è una trilogia storica ambientata nella Germania del Secolo.... Oops, al momento non credo di riuscire a ricordarlo.
Mi sembra di aver letto, da qualche parte, che hai ventilato una tua possibile collaborazione, un quattro mani, con Valerio Evangelisti. Ci vuoi/puoi dire qualcosa di più?
... Valerio e io siamo non solo ottimi amici, ma anche reciproci estimatori a dispetto di quanto diverse, per certi versi antitetiche, siano le nostre proposte narrative. Ritengo che Valerio Evangelisti - e con lui Stephen Gunn (Stefano Di Marino) - rimanga uno dei massimi narratori europei contemporanei. È vero: Valerio e io abbiamo parlato di un progetto a quattro mani. Abbiamo anche messo giù alcuni concetti. Poi, i nostri rispettivi impegni professionali ci hanno costretto a mettere la cosa on hold.
Ma siamo entrambi intenzionati a fare ripartire la macchina in un futuro speriamo non troppo remoto.
Sei anche un ottimo traduttore. In questa veste hai lavorato su molti bei titoli. Quali ti hanno colpito di più?
Ti ringrazio per “l’ottimo”. Al momento, sono impegnato in un progetto molto prestigioso che mi è stato affidato dai Meridiani Mondadori: una nuova traduzione di molti dei racconti di Raymond Chandler, il grandissimo maestro dell’hard-boiled. Si tratta di un’esperienza linquistica e stilistica straordinaria. Raymond Chandler rimane l’autore che più ha influenzato il mio lavoro per quanto riguarda la costruzione del personaggio protagonista. Inoltre, la traduzione dei romanzi del Meridiano Chandler è affidata alla inestimabile Laura Grimaldi, che io considero uno dei miei mentori. Essere affiancato a lei in questa opera è veramente un onore. Rimanendo in tema di Meridiani, di recente è stato pubblicato Hammett, con le opere dell’ugualmente grandissimo Dashiell Hammett, del quale ho ritradotto quattro romanzi. Su fronti meno impegnativi, sono ancora in attesa del quarto volume (formato americano) di A Song of Ice and Fire, la monumentale saga fantasy di George R.R. Martin. Proprio ora sto lavorando per Longanesi alla traduzione di The Last Citadel, di David Robbins, l’ottimo autore americano di La Fine della Guerra e Il Nemico alle Porte. The Last Citadel è un incentrato sulla Battaglia del Saliente di Kursk, primi di luglio 1943, la più grande battaglia di truppe corazzate della storia. Storicamente parlando, Kursk è lo scontro che segnò il rovesciamento definitivo delle sorti della Seconda Guerra Mondiale sul fronte russo. Dopo
Kursk, le forze naziste furono in costante ritirata fino a Berlino. Un grande romanzo epico.
Ritorniamo alla spy story. Come vedi la situazione dello spionaggio (puro, contaminato o contaminante) di produzione italiana? Uno sguardo al presente, una previsione per il futuro.
Credo di potere affermare che “The Italian spy-story is in excellent health, thank you.” Tanti ottimi autori stanno finalmente uscendo dal ghetto in cui sono stati relegati a causa della tutta italiKa, snobistica linea di confine tra “Kultura” e cio’ che “Kultura non è”. Ho già parlato di Stephen Gunn (Stefano Di Marino), autore di straordinaria inventiva e ancora più incredibile prolificità. A lui si affiancano, sotto pseudonimi assortiti, Andrea Carlo Cappi, Gianfranco Nerozzi, Giancarlo
Narciso e altri validi emergenti. A mio avviso, la “Italian spy-story” è un’avventura ancora tutta da scrivere.
Speranze di esportare in modo significativo la nostra spy-story, quantomeno in Europa?
Ritengo che ne esistano, soprattutto - come giustamente dici - in Europa. Il mercato editoriale si sta “aprendo”. Le fiere del libro di Torino e Francoforte rimangono grossi punti di riferimento editoriali. Inoltre, a differenza del mercato americano - pressoché inaccessibile a qualsiasi autore straniero a causa di un brutale protezionismo linguistico - l’Europa rimane disponibile a proposte alternative. Valerio Evangelisti è celeberrimo in Francia. Stefano di Marino è pubblicato in Germania. Io stesso ho avuto spazio nei paesi scandinavi. È un trend destinato a continuare. L’elemento chiave da parte degli autori italiani rimane uno solo: scrivere-scrivere-scrivere.
Cosa stai leggendo?
Tra le svariate “maledizioni dello scrittore” c’è anche quella di non riuscire a essere un lettore avido quanto si vorrebbe. Tra scrittura e traduzioni, tempo per leggere ne rimane sempre troppo poco. Per non parlare della concentrazione. Al momento, la mia focale è sul grandioso James Ellroy. In particolare il suo trittico sull’AmeriKa acida e venefica degli Anni ’60, il quale culmina con Sei Pezzi da Mille (Cold Six Thousand, Mondadori), nella straordinaria traduzione di Stefano Bortolussi.
Ti saluto e ti ringrazio. Lascio a te l'onere e l'opportunità di chiudere l'intervista. Questa missione è sostanzialmente conclusa. Hai l'ultima cartuccia prima di ripiegare. Usala, se lo ritieni opportuno.
Ti sono grato di questa ottima opportunità di dialogo. E sono grato in anticipo a tutti coloro che mi hanno seguito fino a qui e che vorranno continuare a seguirmi. Quella dell’immaginario è una prodigiosa avventura. Concludendo con un classico proverbio yankee: The possibilities are endless.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID