Una torrida serata romana, un pretenzioso autobus a due piani: si torna a casa, verso sud. Un sud che odora di affetti e di vergogna, o almeno così sembrerebbe ad ascoltare le due signore pugliesi, reduci da uno shopping capitolino, ma colme di deferente nostalgia per Milano e la sua algida e presunta superiorità.
Inizia così, con una conversazione “rubata” su un autobus, questa efficace raccolta di Giancarlo De Cataldo col timbro di esasperato distacco delle due amiche che declina in malinconico orgoglio non appena il profilo di “Casa” prende a definirsi oltre il riverbero dei finestrini. Sul filo di questo sentimento, De Cataldo s’inoltra nelle pieghe del “suo” sud: impasta memorie pubbliche e private, scolpisce ritratti emblematici su guappi, mafiosi, “grattini”, imprenditori, politici e strozzini, allarga via via il campo su un panorama elettrico, mobile e contraddittorio.
Dal populismo equivoco dell’ex sindaco di Taranto, Giancarlo Cito – forse un paradigma di tutti i Berlusconi passati e futuri – alla sublime follia di Carmelo Bene, dagli echi dello scirocco salentino ai segreti di Taranto vecchia, l’autore incide caratteri e tratteggia affondi quasi ad annodare la trama di un romanzo a venire.
Terroni, un romanzo “sociale” in cui lottano pulsioni criminali e aspirazioni borghesi, perbenismo provinciale ed eccentrica autonomia: un affresco che sfuma implicitamente le differenze tra Nord e Sud fino a suggerire l’idea di un intero Paese stretto tra l’orgoglio dello scirocco e la plumbea felicità di un’omologazione imminente.
Terroni di Giancarlo De Cataldo (Sartorio Editore, 2006) pp. 152 - € 13,00
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