Dopo dodici anni trascorsi in compagnia di Chance Renard, il Professionista, lo stesso autore si chiede a volte cosa ci sia stato prima. Capita così che, elaborando storie “nuove e attuali” emergano brandelli di quella mitologia che abbiamo visto indispensabile per creare un retroterra al personaggio.
L’approfondimento che segue ci aiuta oltre che a entrare nell’universo del Professionista anche a comprendere un importante meccanismo della creazione di un serial.
I personaggi anche se appaiono sulla scena senza preamboli e si definiscono attraverso le loro azioni, non nascono dal nulla. In caso contrario, alla lunga, non resistono, diventano figurine di carta, a due dimensioni, che il lettore si stanca presto di seguire.
In tutti i romanzi d’avventura, a ben guardare, c’è l’eroe tormentato ma deciso, un po’ tenebroso, seduttore e affascinante. La difficoltà sta nel renderlo un personaggio che, per quanto fittizio, sia unico nel suo genere.
Costruirgli un passato alle spalle, che magari risalga a diverse generazioni, può essere utile per due motivi. Il primo è un’evidente serbatoio di spunti avventurosi che potranno dare il via ad altrettante storie. Il secondo è una costruzione che, il più delle volte, il lettore percepisce ma non vede. Un passato, un sostrato culturale, che spesso s’intreccia con gli interessi dell’autore, e che non deve essere fatto pesare a chi legge. Sono finestre su panorami che si possono fuggevolmente aprire nel corso della saga ma che sono ben presenti in chi scrive. L’autore è un po’ il biografo del suo eroe, ma non necessariamente deve rivelare tutto e subito. Ma una certa dose di materiale e di “storia vissuta” sono indispensabili per la credibilità del personaggio.
E, ammettiamolo, anche per il divertimento di chi scrive che ha sempre bisogno di nuovi stimoli.
Chi segue le avventure di Chance sa che, dalla metà degli anni 90, si è trasferito in Francia e ha trasformato un appartamento-rifugio in una vera e propria abitazione situata in rue de LaRochefocauld (al numero 66) a Parigi a pochi passi da Place Pigalle e da Boulevard de Clichy, in un quartiere non a caso stipato di locali notturni e night.
Ma Chance Renard – che, ricordiamolo, è belga - ha un rapporto particolare con la città e le sue tradizioni popolari legate al crimine. Ancor di meno sono i lettori che sono al corrente del fatto che il bis-bis nonno di Chance era italiano, genovese per la precisione. Stefano LaVolpe fu costretto a lasciare l’Italia in seguito a una brutta storia di donne e di coltelli e giurò di vendicare la sua amata Laura, che al tempo veniva definita “sciantosa” con una storpiatura di chanteuse. Insomma donna da locali notturni, forse non un modello di virtù, ma degna eroina di un antesignano del Professionista. Buon sangue non mente…
L’assassino, un misterioso personaggio, forse russo, era scomparso. Il caso rimase irrisolto ma Stefano fu costretto alla fuga in Francia. L’epoca è differente - diversi decenni in realtà - ma l’ispirazione è evidente e già più volte confessata. Duri a Marsiglia di Gian Carlo Fusco, con quel suo Charles Fiori spinto dalle circostanze a trovar rifugio a Marsiglia e, sul finire del romanzo ad arruolarsi nella Legione… portando sottobraccio un’edizione dei Fiori del male di Baudelaire… Emozioni che hanno trovato una loro originale collocazione nella saga del Professionista.
Ma torniamo al bisnonno di Chance.
Stefano LaVolpe insegue l’assassino dell’amata - per vendicarsi ma anche per provare la sua innocenza - sino in Africa del Nord, nella peccaminosa Tangeri del Petìt Socco, ma, nel 1907, finisce proprio a Parigi senza aver raggiunto il suo scopo. Nella ville lumière per una serie di incredibili avventure, acquisisce la cittadinanza francese e viene reclutato nel corpo di polizia che Georges Clemenceau, ministro degli Interni dal 1906 al 1909, creò per far fronte a un’incredibile ondata di malavita organizzata che aveva sconvolto la Francia. È l’inizio secolo, la rivoluzione industriale ha portato cambiamenti sociali all’età degli Imperi.
L’alfabetizzazione è ancora bassa ma a Parigi si legge avidamente le Petit Parisien, giornale in verità più scandalistico che informativo, i cafè chantant, i teatri, i cinema della Pathè offrono mille possibilità di divertimento al popolo quanto ai borghesi.
E appaiono le prime auto. A bordo di queste una banda di spietati banditi che si professano anarchici guidati da Jules Bonnot inventa un nuovo modo di rapinare le banche. In automobile appunto, con le pistole in pugno e pronti a far fuoco su innocenti passanti quanto sulle forze della polizia tradizionale che ancora si spostano in bicicletta.
Ma Clemenceau, noto a tutti come il Tigre per il carattere focoso e reattivo, ha compreso che di fronte alla nuova criminalità ci vogliono uomini addestrati, aggressivi, un po’ voyous loro stessi e dotati di tutti i ritrovati della scienza moderna. Nascono così le Brigades des Mobilards, dotate di veloci - per l’epoca - auto a manovella (le celebri De-Dlon Bution, ormai veicoli vintage da collezionisti) ma anche di moderni mezzi d’investigazione. Macchine per scrivere, fotocamere, sistemi per rilevare le impronte digitali e altri sistemi che anticipano i moderni ritrovati dei vari CSI. La polizia scientifica era nata, in effetti, alla fine del secolo precedente e in Francia fu proprio Alphonse Bretillon a fornire ai Mobilards i più efficaci metodi per affrontare i criminali battendoli in astuzia. Dove questo non fosse bastato gli uomini del leggendario commissario Faivre potevano contare su armi moderne e una perfetta conoscenza della Savate, arte marziale codificata in Francia nel secolo precedente e diventata una vera e propria disciplina praticata nelle salles da nobili e flic assieme all’uso della canne française.
Ma il popolino comincia a chiamare i Mobilards con un altro nome. Le Brigate del Tigre, dal nome del ministro che aveva voluto la loro creazione, battendosi contro la burocrazia e le resistenze dei gruppi locali ancorati a vecchi metodi e privilegi.
Stefano LaVolpe, diventato Stephàne Renard, cittadino francese a pieno diritto, entra in questo corpo di polizia moderno e dinamico la cui base operativa era in rue Greffhule nell’ottavo arrondisment tra la Madeleine e la Gare Saint Lazare.
Per un salario di 3000 franchi all’anno gli agenti delle Brigate del Tigre affrontarono la banda Bonnot riuscendo infine ad averne ragione; anche se rimane il mistero del quarto componente del gruppo… dice la leggenda fosse proprio quel russo nemico mortale di Stephàne Renard.
È però un’epopea di spie russe e austro ungariche, di malavita cinese, di squallidi racket e tratta delle bianche gestite dal malavitoso corso Paolini. Insomma una saga che mi è servita per costruire un passato non sempre evidente ma presente nel passato di Chance Renard.
Nelle strade di parifiche oggi ci riportano a quei tempi, nelle vie del Marais, davanti alle Folies Bergerès, nei bistrot, sotto i ponti rivivono storie di apaches tatuati armati di coltello, donne con il Borsalino che nasconde occhi misteriosi.
È una parte della saga del personaggio che prima o poi avrò l’occasione di raccontare perchè è altrettanto appassionante delle moderne avventure del bisnipote di Stephàne… una sezione di quella mitologia che costituisce la spina dorsale della serie e che si va a intrecciare con le storie del milieu, della mala francese di Le Breton, di Simonin e dei film di Melville e che, seguendo una coerente rotta ideale, approderà in Indocina. Un’occasione per averne un assaggio per il lettore curioso sarebbe ripescare in Francia le stagioni di Les Brigades du Tigre raccolte in cofanetto DVD, un’operazione nostalgia per chi, come me, le seguì in televisione. Recentemente è uscito sempre in Francia un film di Jerome Corneau che speriamo di vedere anche in Italia accompagnato da un album a fumetti. Una storia interessante che trova un ruolo positivo anche per Jules Bonnot che di certo non era una mammoletta ma aveva un passato che, quantomeno, ne giustificava la parabola violenta. Ricordate In ogni caso nessun rimorso di Pino Cacucci pubblicato in Longanesi? Insomma, aspettando queste avventure d’epoca del professionista avrete da documentarvi.
Un piccolo indizio… tra non molto cercando con attenzione potrete leggere La Morte porta il Borsalino… dove?
Be’, per adesso è un piccolo mistero…
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