Ho paura dell'insondabilità della sorte e della follia umana, che non si può risanare e neppure separare dalla tensione al bene. Soffro ancora per le tristi esperienze che ho vissuto durante l'infanzia (voglio dire che è la bambina dentro di me a soffrire, non la donna adulta di oggi), e ho paura di una vecchiaia non protetta che mi ponga nuovamente in una analoga condizione di debolezza. Ho anche paura della stupidità, della burocrazia e dell'arroganza, che ti costringe a girare con il colpo in canna e ti toglie comunque serenità. Esorcizzo le mie paure come tutti gli scrittori, sprofondando in un orrore peggiore perché sia una scelta mia, qualcosa di voluto da me. In tutti i libri che ho scritto negli anni '90 ho cercato di risolvere i miei problemi nodali: autoanalisi e autoterapia. A volte uso le apparizioni pubbliche per liberarmi delle mie inquietudini, dei miei risentimenti. Pubblicare un libro permette di avere a disposizione, almeno per qualche minuto, persone che non possono evitare di ascoltarti. Mi sono ritrovata a dire cose molto personali a un pubblico di sconosciuti, con l'audacia degli attori molto timidi. E' uno dei pochi privilegi della fatica di scrivere: poter socializzare i propri mali. La vedo come un'infezione che si contrae e necessariamente si trasmette. Uso anche le interviste per liberarmi: anche QUESTA intervista.
Per me non è importante il luogo in cui vivo, dal momento che devo vivere in Italia, e l'Italia per me è un paese alieno, indifferente, sordo, inerte, molle... Nietzsche parlava di luoghi in cui si è possibili o impossibili. In Italia io mi sento impossibile. La mia grande fortuna è abitare in un posto a metà strada fra il mare della Liguria e Milano. Dalle finestre di casa vedo le colline e un fiume che scorre fino all'orizzonte. Mi aiuta il movimento continuo dell'acqua. Abito vicino alla stazione e mi muovo in treno. Abbiamo soppresso del tutto l'automobile. Non mi piace molto viaggiare.
Non prendo mai appunti e non uso carta e penna da anni. Il lavoro, il ruminare, è soltanto mentale, ma incessante. Comincio a una certa ora dopo pranzo e stacco dopo tre, quattro ore (oltre non riesco più a dare tutto), in genere tutti i giorni. Non c'è nessuna ritualità di preparazione (forse il caffè), ma scrivere E' in sé già una ritualità. Uso solo il PC. Ho un rapporto scandalosamente goduto con l'informatica, non faccio tutte quelle storie sull'aridità del mezzo, e non sopporto quelli che lo demonizzano. Credo anzi che il mio stile abbia acquistato precisione ed efficacia dai procedimenti del word... abbiamo mai pensato all'influenza del taglia e incolla sulla scrittura? Scrivere è una fatica, a volte un dolore fisico (mi ci sono fottuta la schiena), un dolore morale (quando si va a fondo), ma anche gioia, delirio... Si lavora per quegli attimi in cui tutto sembra realizzarsi e brillare al meglio, rispondere in perfetta armonia. Sono una scrittrice visionaria ma le visioni non si impadroniscono di me. So sempre cosa voglio fare e dove voglio andare. Un equilibrio fra razionalità e magia. Essendo femmina, porto nella scrittura il bisogno di dominio e controllo di tutte le femmine.
Non ho problemi con le scadenze e i contratti. Mi danno realtà e solidità, dei binari tracciati sui quali avanzare. Facendo questo mestiere autistico il rischio talvolta è che ti si insinui dentro un certo senso di irrealtà, il sentimento di essere fatto della stessa sostanza dei personaggi e delle situazioni che inventi. Sapere che il lavoro è atteso, che esistono un agente, una macchina editoriale eccetera, mi conforta. E' importante il rapporto con interlocutori, altri scrittori e amici, anche per telefono o per mail. Non ho problemi neppure a spalmare il lavoro nel corso delle settimane, dei mesi.
Il rapporto con gli altri non è mai semplice. Non è solo un problema mio, è una cosa che ho notato osservando anche gli altri scrittori. Ci portiamo dietro una tale quantità di fantasmi, segreti e vita interiore che necessariamente si manovra con difficoltà nelle relazioni umane. Il che non significa che siamo scostanti o misantropi o intrattabili. In genere uno scrittore viene percepito come simpatico, divertente e anche buono... in un contesto in cui il suo ego è gratificato, per esempio una presentazione, un evento letterario. Non è una critica ai colleghi, io sono un animale della stessa natura. Voglio dire che bisogna trovare una soluzione alla menzogna sociale (che è di tutti, ma in uno scrittore, che mente due volte, è ancora più ingombrante) e mettere a punto una specie di personaggio sociale.
Vorrei rendere omaggio a mio marito Massimo Caviglione, che sta al mio fianco da più di trent'anni. Mi ha conosciuta nel mio periodo più oscuro e irrisolto, e ha sempre creduto in me. Credo che mi abbia salvata da molti pericoli e sicuramente dal rischio di suicidio (non dal suicidio, ma dalle chine discendenti che ti ci possono portare). Ha sopportato la mia depressione e il mio temperamente intransigente, tirannico e vendicativo. Ha una pazienza da santo, e una generosità praticamente illimitata (al contrario di me che sono piuttosto tirchia). E inoltre, gli tocca pagare i costi di una cultura che non premia gli uomini che stanno a fianco di donne creative, donne che nelle riunioni mondane sono sempre in primo piano. Come dire che ha tutti i pesi di una vita dedicata alla scrittura, senza la gratificazione dell'ego.
Ho conosciuto i miei nonni abbastanza per ricordarli, ma solo come fugaci apparizioni. Se ne sono andati presto. Il mio nonno materno mi amava molto; mi dicono che morendo chiedesse continuamente di me, cosa che non smette di intenerirmi. Ho un rapporto decisamente proustiano con il passato; credo che tutta la creatività sia nostalgia, del passato o dell'avvenire, o di un eterno presente che li abolisca entrambi.
Sono terrorizzata da quel genere di malattie invalidanti che privano dell'autonomia e della libertà, cose che per me sono essenziali. Ho un'età in cui non ci si percepisce più come eterni, e d'altra parte non c'è modo di prepararsi alla morte: la nostra cultura l'ha esclissata a favore dell'eterna giovinezza. Il pensiero della morte a volte mi annichilisce, a volte mi esalta, com esaltano le grandi sfide... Quello che mi turba di più, è non poterne conoscere in anticipo le modalità, e non avere nessuna certezza che il transito abbia avuto un senso.
Con la notte ho un rapporto pessimo, anche se non saprei spiegarne la ragione. Non vorrei dormire, ho difficoltà ad addormentarmi e paura dell'insonnia, che mi distrugge e mi rende incapace di scrivere il giorno dopo, come se avessi la testa piena di stracci bagnati. La stanchezza mi abbatte anche moralmente. Per contro, la mattina faccio fatica a svegliarmi e alzarmi. Colpa anche della pressione bassa e del metabolismo, credo. Le mie mattine sono spesso dense di incubi, in cui rivivo i momenti più umilianti della mia infanzia. Sogno anche intere sceneggiature, a volte a puntate, di cui al risveglio ricordo poco. Un sogno positivo è sempre legato all'acqua (mare o lago). Un'immagine di armonia e serenità, con la sensazione di essere tornata a casa.
Dicono che non si possa vivere di scrittura. E' vero e falso. Si può vivere di scrittura benissimo, bene, in genere male. I compensi per chi fornisce una prestazione letteraria ad altissimo livello sono scandalosamente bassi, rispetto a quelli di altre categorie di persone talentate. Io vivo di scrittura sacrificando alcune cose (macchina, lussi, status sociale da "arrivata", abiti, trattamenti per garantire l'eterna giovinezza), ma sono contenta di poter rimanere a letto fino alle 11 del mattino e di non dover obbedire a nessuno. Alcuni scrittori svolgono attività collaterali non distanti dal mondo dell'immaginario: traduzioni, sceneggiature, collaborazioni editoriali eccetera. Sono quelli che sento più vicini a me: io sono precaria da sempre, ho vissuto la flessibilità sul lavoro dieci o quindici anni prima che se ne parlasse. Ho cominciato come sceneggiatrice di fumetti: adattamenti di cartoni giapponesi, pornohard, poi Disney e Bonelli. Poi ancora il premio Tedeschi nell'85, che mi ha aperto la pista per la narrativa di genere. Avevo deciso intorno ai 13 anni di fare la scrittrice, e credo di essere stata una donna fortunata.
Non farei sparire nessuno.
Se mi piacerebbe essere invisibile? Ooooh, sììììì, taaanto! Per tutti i motivi elencati, e anche di più. Il voyeurismo è una componente organica in uno scrittore, direi. Purtroppo, oggi lo scrittore non è più l'invisibile ladro che ruba la verità per rivelarla a chi non la vede. Non c'è più nulla di segreto; i segreti ci vengono rovesciati addosso da ogni parte.
I miei passatempi preferiti? Cene al ristorante, film, riunioni con amici d'inverno. Nelle altre stagioni passeggiate per i boschi e nuotate nel lago (a disposizione, a un chilometro da casa) o in mare.
Il mio rapporto di coppia dura da oltre trent'anni. Negli anni ''70, ci siamo lanciati negli esperimenti erotici d'epoca, come surfisti sull'onda della liberazione sessuale. Bisogna aver vissuto in quegli anni per capire, è stata una specie di ubriacatura. Ultimamente mi è tornata la voglia di scrivere un altro libro sugli anni '70 (il primo è stato La canzone di Iolanda). Per un certo periodo che non so quantificare è sembrato che il mondo stesse veramente per cambiare, che stesse per iniziare una rivoluzione nella vita affettiva e sessuale umana: le coppie aperte, la bisessualità naturale, le comuni. Un modo di amare meno egoistico. Poi tutto è finito, è rientrato a livello di tensione: edonismo politicamente corretto. Ma per un certo tempo è stato (o ci è sembrato) una REALTA'. E' stato un interludio breve, e quando è finito è finita anche l'infanzia. Poi ci siamo assestati sulla monogamia. Niente esperimenti, ma tante suggestioni. Scrivere significa portarsi dietro echi di molte e diverse esperienze erotiche, a volte solo immaginate, ma non per questo meno consistenti.
Claudia Salvatori, 1954. Italia. Scrittrice e sceneggiatrice per cinema e fumetti. Esordisce con Più tardi da Amelia (premio Tedeschi 1985), a cui fa seguito Columbus day e Mistero a Castel Rundagg. Da Schiavo e padrona, viene tratto il film Amorestremo. Altri titoli: Superman non muore mai, La canzone di Iolanda, Sublime anima di donna (premio Scerbanenco 2001), Il sorriso di Anthony Perkins, La donna senza testa, Nessuno piange per il diavolo. Ultimamente un racconto (Fairy) è apparso per la Aliberti Editore nel libro Sexy Thriller che contiene anche un racocnto (Distrazione Fatale) di Sabina Marchesi. Nel campo fumettistico, lavora tra gli altri per Lanciostory, Intrepido, Scorpio, Gordon Link, Nick Raider e Julia. (FN dal DizioNoir)
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