Nelle numerose interviste che hanno accompagnato la promozione del suo nuovo romanzo, Mare delle verità, Andrea De Carlo ha sottolineato più volte come siano appunto tante le verità sistematicamente rimosse dai governi in fatto di sovrappopolazione del mondo e aumento esponenziale di sieropositivi e malati di Aids. È stata sicuramente questa esigenza di denuncia una delle molle principali che lo hanno spinto a scrivere questo libro, che si distingue dalle altre sue opere per l’intreccio avventuroso-spionistico di stampo classico con la successione lineare inizio-svolgimento-fine.

Vediamo la trama. In una fredda mattina di novembre, Lorenzo Telmari, romano, ex skipper ed ex giramondo, ritiratosi in un eremo umbro per scrivere un libro sui naufragi nell’oceano (“otto storie diverse, dall’Ottocento a oggi”), riceve la telefonata di suo fratello Fabio – politico rampante, importante esponente del partito del “Mirto Democratico”, poco felicemente sposato con la giornalista Nicoletta (Rutelli e Palombelli?) – che lo avverte della morte del padre, notissimo e illustre virologo. Appresa la notizia, Lorenzo a bordo del suo pick-up si precipita immediatamente nella Capitale. Durante le esequie funebri, viene avvicinato da una ragazza danese dai capelli rosso-miele, Mette Dalgaard, che lo guarda dritto negli occhi e gli chiede a bruciapelo: “Hai mai sentito parlare di Ndionge?”, per poi scappare via, rinviando ulteriori chiarimenti ad un altro incontro.

A partire da questo momento, Lorenzo si trova coinvolto come un personaggio hitchcockiano in un complicatissimo intrigo internazionale. Mette, militante dell’organizzazione – definita dai media e dalle autorità inquirenti "ecoterrorista" – Stopwatch (Green Peace?), gli rivela che Ndionge era un cardinale senegalese, morto poco tempo prima di Aids. Dopo aver saputo di essere ammalato, il religioso ha avuto una crisi di coscienza che lo ha spinto a scrivere un memoriale, affidato in custodia al padre di Lorenzo. Si tratta di un durissimo atto di accusa contro la politica della Chiesa cattolica in materia di contraccezione. Sono carte dal valore esplosivo perché scritte da un cardinale cattolico, sempre ligio ai dettami delle gerarchie vaticane, su cui vorrebbero mettere le mani varie organizzazioni e persone, come la Chiesa, che ne vorrebbe insabbiare il contenuto, o come Stopwatch, che vorrebbe renderlo pubblico.

Dopo una certa riluttanza, secondo tradizione del genere, Lorenzo si schiera dalla parte dei "buoni", nonostante i pressanti inviti del fratello, che per ragioni di opportunità politica ha restituito alla Chiesa una copia dello scritto. Ne esiste, infatti, un’altra, custodita in un luogo segreto, il cui nome può essere ricavato solo risolvendo la soluzione di un rebus (in verità tutt’altro che difficile)…

Memoriale nascosto, servizi segreti, uomo capitato per caso nel mezzo di una vicenda più grande di lui, morti misteriose, rebus, indizi sparsi da decrittare sono tutti elementi che fanno pensare alla narrativa enigmistica alla Dan Brown, a una sorta di “Codice De Carlo”, come qualcuno ha scritto. Ma con questo libro lo scrittore milanese punta a un risultato più ambizioso: piegare il format del thriller liberal al racconto di costume.

Al di là della trama complottistica, sostanzialmente ben gestita, anche se piuttosto convenzionale, lo sguardo di De Carlo si ferma a lungo sui rituali della Roma delle auto blu e su un modo di far politica – sempre piegato alle logiche e agli interessi di questa o quella consorteria – consunstanziato alla classe dirigente italiana, tanto da apparire agli occhi dello scrittore un elemento di continuità tra il governo Berlusconi e quello dell’Ulivo.

La volgarità e la tracotanza della politica romana è ben rappresentata nel libro dal personaggio di Fabio, con i suoi telefonini eternamente trillanti, i lacché, le amanti segretarie. La sua carriera viene descritta da De Carlo come "una trasformazione progressiva, da medico ricercatore “prestato alla politica” a politico a tempo pieno, a politico a grandezza crescente": “Non c’era dubbio che per lui la politica italiana coincidesse con l’universo, ogni segretario e presidente e capocorrente e capocommissione dotati della forza gravitazionale di pianeti rotanti. Mi colpiva quanto la sua visione fosse totalmente priva di squarci e perfino di fessure attraverso cui intravedere luci o colori o polvere della vita normale”. Ma se in questo conflitto tra fratelli, in cui si può vedere in controluce quello tra sinistra idealista e sinistra di potere, De Carlo cade spesso nella banalità, è nelle pagine d’amore che dà senza dubbio il meglio di sé, tornando ai toni e alle atmosfere a lui più congeniali. Molto bello è il racconto della difficile e pericolosa navigazione di Lorenzo e Mette alla volta della Corsica con il mare in burrasca che fa da pendant alla passione tra i due con effetti di grande lirismo. Questi momenti riscattano un romanzo indubbiamente ben costruito, che ha il pregio innegabile di una grande leggibilità, capace com’è di trascinare il lettore fino all’ultimo rigo, nonostante a metà strada appaia ben chiaro lo sviluppo e lo scioglimento della trama, ma incapace di eliminare quel senso di artificio che troppo spesso trapela qua e là tra le pagine.