“Lascia perdere" disse l’aviere tornando a sedersi per terra e guardando il caporale dal basso verso l’alto "quello stronzo del tenente non merita tutto questo casino che stai per fare.” E fece un tiro con la sigaretta appena accesa, una delle tante che fumava tutti i giorni, che si infilava in bocca una dietro l’altra quasi senza neanche sapere di farlo, e guardando il fumo che saliva verso l’alto gli scappò da ridere pensando che il tenente non si meritava tutta quella perdita di tempo perché oltre che essere stronzo come lo sono pochi in circolazione, era uno che quando fumava teneva la sigaretta all’altezza del filtro con la punta delle dita rigide, come fanno i ragazzini quando fumano e non sanno fumare, e come fanno le ragazzine per farsi notare da qualche fighetto più vecchio di loro. E cosa ci si può aspettare da uno così? Lo disse ad alta voce ma il caporale non stava più a sentirlo, perché pensava ad altro. Pensava che c’era una cosa troppo importante che il tenente non aveva capito. E cioè che quella volta la sorpresa era andata a puttane, e il gioco era cambiato. Le parti si erano invertite. Adesso il tenente gatto si era trasformato in topo. E il cacciatore non si tirava indietro, aveva accettato la sfida e alzato la posta in gioco. Un cacciatore con i gradi di caporale, e che al corso di tiro non se l’era neanche cavata tanto male. Gli avevano pure dato una licenza premio di due giorni. E al suo superiore rimanevano solo pochi, piccoli frammenti di istanti per riuscire a comprendere quel concetto così semplice, ma così prezioso per il suo futuro. Il tenente doveva riuscire a cogliere al volo che questa volta c’era in ballo la sua pelle e non il culo di un paio di avieri al turno di guardia.
Il tenente era ormai per metà allo scoperto.
“Ti vedo, e sei sotto tiro.” Gridò il caporale. Ma in realtà non lo vedeva. Vedeva, anzi intuiva solo una presenza, non poteva dire di essere certo che fosse lui, perché non distingueva gli occhi del superiore, il suo profilo, il naso, la bocca. Non vedeva proprio nulla. Percepiva solo la sua essenza, il peso della sua ombra, del suo respiro, e lui lo fiutava da lontano come fanno gli animali a caccia.
“Sono io.” rispose l’altro, agitando un braccio, e pronto a schizzare fuori.
“Io chi? Fatti riconoscere.”
“Dài caporale non fare il furbo, mi hai riconosciuto benissimo.”
“Io non conosco nessuno. Esci con le mani alzate.”
“Ehi caporale, non mi piace come stai parlando" disse l’aviere cercando di dare alle sue parole un tono deciso "mi fai paura."
“Vuoi incularti la licenza?” urlò la figura sul fondo.
“Non so di cosa stai parlando.” Rispose il caporale.
“Lascia perdere… se ci vuole piantare delle grane lascialo fare, si diverte così, è un povero stronzo frustrato che sta sulle balle a tutti" disse ancora l’aviere "al massimo ci prendiamo un paio di giorni di consegna, e ce ne stiamo chiusi in questa caserma di merda… e dài… non possiamo uscire, ma non è la fine del mondo, stiamo dentro, e ce ne fottiamo, anzi diciamo che ci è venuto mal di gola e andiamo in infermeria che così nessuno ci rompe i coglioni e ce ne stiamo tutto il giorno a dormire e a farci seghe con un paio di riviste porno… e rispondimi cazzo…”
“Adesso vengo lì e ti rompo il culo, prima con queste mani, poi sbattendoti dentro per quindici giorni. Così te lo insegno io il rispetto per i superiori.”
“Prima alza le mani e fatti riconoscere.”
“Altrimenti cosa fai brutto finocchio?”
“Se metti fuori la testa senza dirmi chiaro e forte chi sei sarò costretto ad aprire il fuoco.”
“Hai imparato bene la lezione. Vuoi un premio? Uno non ti è bastato?”
“Non voglio farti saltare il cervello.”
“Dài caporale metti giù quel fucile non è più divertente…” disse l’aviere, ma ormai le sue parole erano solo un mormorio, quasi sembrava parlare da solo, con poche speranze nella voce, come quegli ubriachi che si fanno le domande e si rispondono da soli facendo danzare il bicchiere a mezz’aria.
“Ma davvero vorresti sparare? Sei proprio coraggioso! E allora fallo, testa di cazzo, e poi vediamo chi è il più bravo fra di noi… ma ricordati… ammazzami e scivolerai all’inferno anche tu… insieme a me…”
“Lo ripeto per l’ultima volta, fatti riconoscere.”
“Cristo… ma come devo dirtelo che sta diventando un gioco che non mi piace." Disse l’aviere alzandosi sconcertato e guardando il suo capoposto. "E dài caporale smettila con queste stronzate, non vorrai diventare imbecille come lui, se ti parte un colpo…” e incominciò a biascicare quest’ultima parola mescolando paura, imbarazzo e voglia di ridere che gli saliva su mano a mano che il fumo gli passava dai polmoni al cervello.
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