“Claudia vestiti veloce. Dobbiamo portare Luca dai miei e i cani dal veterinario.
“Cosa è successo ai cani?”
“Niente di preoccupante credo.”
Il veterinario dopo aver visitato i cani raggiunse nell’anticamera del suo studio Massimo e Claudia.
“Tutto bene, hanno entrambi una piccola ferita che ho suturato.”
Il veterinario allungò una bustina di plastica trasparente. Massimo la prese e diede un’occhiata al contenuto.
“Sono i pallini che hanno ferito i vostri cani. Non è la prima volta che li vedo, sono stati feriti altri cani allo stesso modo negli ultimi mesi.”
Massimo guardò quelle due semisfere nella busta.
“Ci sono anche dei pezzi di plastica?”
“Si.” Risponde il veterinario. “Dev’essere un lavoro artigianale. Secondo me è una sfera fatta di plastica e alluminio. Nella plastica ci deve essere il sonnifero, non trovo altre spiegazioni.”
“Con l’impatto il sonnifero si libera.”
“Credo di si.”
Massimo disse a Claudia di aspettare dal veterinario che i cani si svegliassero dall’anestesia, lui nel frattempo avrebbe denunciato l’accaduto alla caserma più vicina.
Appena uscito dallo studio Massimo compose il numero della centrale operativa del nucleo infiltrati, chiese di parlare con il dottor Stefani, il capo.
“Ciao Massimo, che piacere sentirti.” Gli disse il capo appena prese la telefonata. Era stupito di sentirlo dopo tre anni. Massimo aveva lavorato per molti anni con lui al nucleo infiltrati, ed era stato uno dei migliori. Ma diede le dimissioni prima che nascesse Luca. Quel lavoro era troppo pericoloso per chi aveva famiglia.
“Ciao capo.” Rispose Massimo. “Ho un problema. Stanotte dei ladri sono entrati in casa mia, mi hanno rubato la pistola e la cartelletta dove c’erano i documenti del mio stato di servizio.”
“Stai scherzando? Quei fogli sono troppo pericoloso nelle mani sbagliate. Per la pistola non ci sono problemi, la denuncia la faccio fare qui ai ragazzi. Ma quei documenti vanno ritrovati.”
“Lo so.” Rispose telegrafico Massimo. “Ho bisogno di alcune informazioni.”
Massimo domandò al capo di fare delle ricerche su quel tipo di pallini con cui avevano sparato ai suoi cani. Il capo gli promise che a breve avrebbe avuto notizie. Poi gli chiese se aveva bisogno di una mano. Massimo rispose di no.
Massimo lasciò la macchina nel parcheggio del veterinario in modo che se non fosse tornato in tempo Claudia poteva andare via. Prese un taxi e si fece portare a casa.
In un casolare di campagna i tre uomini tenevano la refurtiva degli ultimi mesi. Un cane legato fuori abbaiava in continuazione senza sosta. Due dei ladri erano dentro e stavano concludendo un affare con un ricettatore. Il terzo dei tre era a casa e a breve li avrebbe raggiunti.
“Questa è un’ottima pistola, fidati. L’abbiamo rubata stanotte. Per cinquecento euro è tua.”
Il ricettatore prese in mano l’arma.
“È una buona arma. Quattrocento va bene.”
“Okay. Solo perché sei tu.”
L’uomo pagò e se ne andò con la sua arma.
Il tassista scaricò Massimo davanti casa. Massimo pagò ed entrò. In casa c’era tutto il caos creato dai ladri, iniziò a salirgli la rabbia.
Il fax suonò.
Massimo di avvicinò e prese il foglio che stava uscendo dalla bocca del fax. C’era una foto in bianco e nero. C’era anche nome e cognome e indirizzo dell’individuo nella foto. Poi c’era una frase: Questo dovrebbe essere il tuo uomo, ha precedenti penali. È un patito di armi. Vacci piano! Chiama se hai bisogno.
Massimo prese il foglio, lo ripiegò e lo mise in tasca. Andò in garage, accese la sua Mv Augusta Brutale. Mise il casco in testa, e usci dal garage. Quando fu fuori dal cancello si fermò. Tornò in dietro a piedi lasciando la moto sul cavalletto. Tornò con il giubbotto da motociclista con le protezioni a spalle, gomiti e schiena. Meglio portarlo sempre, pensò.
Salì sulla moto, tirò la frizione, appoggiò il piede sinistro sul cambio e spinse verso il basso ed innestò la prima. La via dove abitava l’uomo la conosceva, ci mise poco ad arrivare. Parcheggiò la moto vicino ad un bar, si sedette ad un tavolino e attese che l’uomo tornasse o uscisse di casa.
Non dovette attendere molto, pochi minuti dopo l’uomo apparve sulla porta di casa con uno zaino in spalla.
Figlio di puttana, pensò Massimo. La rabbia stava salendo ancora. In un primo momento gli venne d’istinto saltargli addosso e spaccargli la faccia, ma poi si fermò. Era meglio seguirlo.
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