Un serial killer insanguina coi sui atroci delitti la città di Firenze. Uccide le sue vittime riproducendo i martìri di alcuni dei più celebri santi cristiani. E scompare dopo lo scempio, lasciando un macabro messaggio, indecifrabile agli occhi altrui. Le indagini sono affidate al commissario Franco Mezzanotte, che nella propria carriera di sbirro ha affrontato tante sfide, ma che questa volta non riesce a capacitarsi di tanto orrore. Accanto a lui i suoi uomini, l'intera Questura, ma soprattutto Simon Renoir. Ex poliziotto, amico del commissario, torna a indagare su questo mostro, sfidando la burocrazia, il dolore, ma soprattutto se stesso.
Questi sono alcuni degli elementi del romanzo Dio del Sagittario, opera prima di Simone Togneri, disponibile nelle librerie a partire dallo scorso giugno. Un libro che avrà fatto compagnia a molti durante le vacanze e che accompagnerà altri in questo autunno, condendo con quel tocco di tensione che i lettori cercano in un romanzo del genere. Un thriller a tutti gli effetti, con tutti gli ingredienti giusti e una trama ben strutturata.
Il romanzo è complesso, si snoda poco alla volta, seguendo le mosse dei personaggi che lo popolano e che portano avanti la vicenda fino alla conclusione finale. Oltre alla vicenda principale si sovrappongono le storie personali, il passato doloroso che riaffiora, un presente carico di attualità.
La tensione resta elevata, elemento fondamentale in un thriller, unita però a una componente sentimentale e riflessiva non irrilevante.
Forse in certi passaggi la narrazione diventa esasperata, eccessiva, non solo nella descrizione quasi maniacale dei delitti e dei cadaveri, ma anche nel voler sondare e approfondire fino allo spasimo alcuni passaggi, cadendo così nella ridondanza e sporcando con troppe parole immagini molto espressive.
In generale il romanzo è buono, adatto in particolare a quei lettori che amano il thriller più puro in generale e che hanno apprezzato i romanzi di Giorgio Faletti, le cui atmosfere si ritrovano anche in Togneri.
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