In questo – non recentissimo - romanzo appassionato e appassionante Pino Cacucci racconta la vicenda singolare di Jules Bonnot, che con la sua banda passò alla storia nella Francia dei primissimi anni del novecento per le azzardate rapine in automobile e per il sogno di libertà che nella fantasia corrente in qualche modo riuscì ad incarnare elevandolo al ruolo di eroe popolare.

"Avevo il diritto di viverla, quella felicità. Non me lo avete concesso. E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per tutti... Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, ma in ogni caso nessun rimorso... "

Queste le ultime parole di Jules Bonnot scritte su un taccuino a quadretti pochi minuti prima che la Sureté francese lo crivellasse di colpi insieme alla sua banda: e in queste parole sta sicuramente tutto il senso della biografia singolare di un uomo che fu sostanzialmente un tragico sognatore.

Figlio di quella classe operaia solcata dalla miseria, dalle contraddizioni sociali e dalla volontà di riscatto, Bonnot inizia prestissimo a lavorare in fonderia: geniale, ipersensibile, vive una vita durissima ma grazie alla sua intelligenza e determinazione impara il nuovo mestiere di meccanico che lo porterà ad essere l’autista di Sir Arthur Conan Doyle. Affascinato dal movimento anarchico e suo malgrado perseguitato, è anche un uomo che persegue un desiderio di normalità e di famiglia che si chiuderà tragicamente con la perdita della moglie e della figlia.

Quando i suoi sogni si infrangeranno uno ad uno, Jules Bonnot radunerà attorno a sé una singolare banda di rapinatori che rischierà sempre il tutto per tutto, si servirà dell’automobile – fatto che contribuirà non poco ad alimentare la dimensione epica delle vicende della banda –, riempirà la pagine dei giornali dell’epoca. Il finale tragico – non la cattura bensì la morte – sarà coerente con le vicende della banda. Vicende che in realtà non furono prive di ombre e contraddizioni: la banda Bonnot resterà pur sempre un banda di rapinatori, e il legame con il movimento anarchico francese che più di una volta prese le distanze dalle azioni di Bonnot fornì il pretesto per la durissima repressione politica del movimento che seguì la distruzione della banda.

Pino Cacucci ricostruisce la storia con capacità documentaristica, amore per i personaggi e un eccellente ritmo: la scrittura è estremamente godibile e ricostruisce il senso di un “romanticismo politico” che, seppur tragicamente, insegue un sogno di libertà intenso e nello stesso tempo straordinariamente normale: si potrebbe dire una felicità delle cose piccole, tanto più irraggiungibile perché inattuabile senza giustizia sociale. Ed in effetti per tutto il romanzo si avverte la predestinazione alla morte senza che questo renda la narrazione cupa, tutt’altro: Pino Cacucci riesce a ricostruire la vicenda con un gusto salgariano per la storia, e pur nella consapevolezza che si tratta di vicende criminali non si riesce a non amare questi personaggi disperati e, perché no, puri.

Alla vicenda della Banda Bonnot fu dedicato l’omonimo film di produzione italo-francese del 1968, per la regia di Philippe Fourastié, che nella versione francese si chiamò Les Anarchistes. Jules ebbe il volto di Bruno Cremer (molti lo ricorderanno come il colonnello Rol di Parigi brucia?, nei panni del commissario Maigret, o in Sotto la sabbia), mentre Jacques Brel - che compose anche le musiche insieme a François Rauber - era Raymond la Science e Annie Girardot impersonava Marie la Belge, compagna del poeta Octave Garnier.

Anche il poeta Boris Vian dedicò molte canzoni alle vicende della banda raccolte in La belle époque della Banda Bonnot.

In ogni caso nessun rimorso è un romanzo coinvolgente, intenso, forse permeato da “demàsiado corazon” (troppo cuore, come titola un altro consigliabile romanzo dell’autore), ma talvolta è davvero piacevole lasciarsi andare alla lettura con quello spirito un po’ ingenuo e avventuroso con cui si è letto, da piccoli lettori, Jack London o Emilio Salgari, rimanendone catturati per sempre.