L’epopea dei banditi corsi, il contesto quasi “tribale”, una fratellanza arcana, isolata non solo fisicamente dal resto del mondo rimane uno dei punti fondamentali della mitologia con cui ho costruito il Professionista ma si riflette soprattutto nella prima parte del mio lavoro (i romanzi Pista cieca- Lacrime di Drago e Giungla mortale che leggerete in una nuova e rinnovata edizione nel corso del prossimo anno con il titolo Il Luparo, inserito in un contesto… insospettabile). Come ho più volte ripetuto la ricerca e la documentazione sono tra gli aspetti più interessanti e divertenti della costruzione di un romanzo. La realtà è esattamente quella che leggete sulla pagina? No, è verosimile ma rivendico la libertà del narratore di interpretare e rileggere luoghi e fatti per creare una sua atmosfera funzionale al romanzo. Ovviamente la verosimiglianza dello sfondo rende più plausibili azioni e avventure di per sé “improbabili”. Come dice il mio amico Altieri si tratta di “comprare un biglietto” per un viaggio molto particolare. Visto che siamo in estate, vi invito a un bel giro sull’isola bella alla ricerca di tradizioni e aspetti poco conosciuti che sono poi entrati a far parte integrante del mio mondo immaginario. Cercate di cogliere quegli elementi che, trasfigurati, mi hanno aiutato nella formazione di questa particolare mitologia. Potrete applicarli ad altre culture e altri mondi e, forse, conoscere i punti fondamentali di questa tecnica potrebbe esservi utile.
La mia passione per la Corsica e le storie dei banditi delle montagne risale in effetti a una decina d’anni prima della scrittura dei romanzi che ho dedicato all’argomento. Quindi, come prima annotazione direi che il background - quale che sia - di una serie nasce sempre in un momento antecedente alla scrittura stessa e necessita di essere pensato e “ricucinato” secondo il vostro gusto.
Agli inizi degli anni ’80 ebbi l’occasione di leggere un romanzo pubblicato da Sonzogno intitolato Il Clan dei Corsi di William Hefferman pubblicizzato come un nuovo Padrino, ambientato tra la Corsica e l’Indocina. Rimasi profondamente colpito dalla descrizione della malavita corsa, dalle sue somiglianze e al tempo stesso dagli elementi di originalità con quella siciliana. In particolare mi forniva uno spunto di partenza vicino all’Italia ma abbastanza esotico per non essere già troppo sfruttato (sulla mafia siciliana c’erano stati centinaia di libri e film). Allo stesso tempo avevo trovato un ponte con l’altra mia grande passione, l’Oriente. L’Indocina, la Francia, la Legione… tutti elementi che dovevano poi trovare un loro posto preciso nel mio lavoro. In seguito lessi anche Corsican Honor (dello stesso autore ma rimasto inedito in Italia) e svolsi una serie di ricerche su libri ma anche sul campo recandomi più volte in Corsica con la scusa delle vacanze ma, in verità per raccogliere materiale per costruire quella “mitologia” da cui sono scaturite molte avventure che hanno lasciato un segno nella mia produzione.
Qui di seguito troverete alcune note che potrebbero essere il filo conduttore di un reportage. Parliamo di Corsica esaltando quegli elementi “neri” utili per costruire una serie di avventure noir, ma l’ambientazione potrebbe essere qualunque paese del mondo. L’importante è l’occhio del narratore…
Anche un semplice viaggio da turista in Corsica non può lasciare segni profondi nell’immaginazione. I porticcioli con le falesie, la natura aspra che passa da monti scoscesi al mare nel giro di poco tempo, le strade “impossibili” tortuose e disseminate di carcasse d’auto uscite di carreggiata e lasciate lì. Le cappelle mortuarie che sorgono lontane dai borghi, le cerimonie penitenziali, il senso cupo dell’onore e della vendetta coltivata tra città strette in vicoli di pietra poco distanti da frastagliate formazioni rocciose che si tingono di riflessi cromatici rosso sangue al tramonto…
Tutto ciò è rimasto nella mia mente e si è arricchito a mano a mano che mi sono spinto nella ricerca della storia criminale dell’isola, nella radice di quella che i francesi chiamavano semplicemente la “pegre” ma per gli isolani non era semplicemente la “mala”. Per i corsi le faide familiari, i giri loschi, i traffici, l’irredentismo si fondevano in una complessa trama di clan e famiglie che chiamavano semplicemente il milieu…
Marsiglia, per la Francia, è sempre stata fonte di gioie e dolori. Porta d’ingresso e d’uscita per traffici e commercio con le colonie in Africa e in Asia ha visto proliferare movimenti sovversivi (non per nulla l’inno della Rivoluzione si chiama La Marsigliese) e, naturalmente, è stata teatro per le gesta di una malavita organizzata legata alla prostituzione, al contrabbando di sigarette, d’armi, di droga, di donne e di preziosi, quantomai vario e colorito. C’è da dire però che la maggior parte dei malavitosi di Marsiglia non erano francesi. Erano corsi. Venivano da un’isoletta che sin dal Medioevo non si considerava territorio francese ma neppure genovese o, inseguito, italiano. Erano, per dirla tutta, brutti soggetti, sempre vestiti di nero, gelosissimi delle loro donne, permalosi, abituati a una vita dura come la natura in cui erano cresciuti (Ricordate la descrizione che ne fecero Goscinny e Uderzo in Asterix in Corsica? Non siamo molto lontani dalla realtà).
C’era una innegabile similitudine con i siciliani con i quali mostravano diversi punti in comune ma anche parecchie differenze.
La prima e più evidente sta proprio nell’organizzazione della malavita. Mentre in Sicilia l’organizzazione dei Don, pur con le sue inevitabili e periodiche sanguinose guerre tra Vecchio e Nuovo sistema, ha sviluppato una struttura piramidale con la Cupola, la gerarchia delle famiglie esportata anche negli Usa, in Corsica tutto sembra rimasto più limitato alle viuzze del paesello, più circoscritto ai vari clan.
I primi malavitosi corsi a far parlare di sé furono anche i primi a stabilirsi sul suolo francese. Dominique Carbone e François Spirito furono, negli anni 20, protagonisti di un’epopea guascona e irriverente che il film Borsalino ha trasposto con efficacia sullo schermo con una variazione. Belmondo e Delon (allora pilastri del cinema d’azione e non solo d’oltralpe) erano furfanti simpatici, più occupati a gestire, ma con rispetto, donnine allegre che a fare a pezzi la gente come i loro ispiratori della vita reale. La differenza tra maquereaux reali e ideali (e qui torniamo al processo della scrittura che tutto trasfigura in funzione della storia) che uno dei due personaggi nel film cambiò persino nome diventato Roc Siffredi, che era in, verità, il gestore dei più importanti bordelli della Costa Azzurra e che, molti anni dopo, avrebbe suggerito uno pseudonimo immediatamente riconoscibile dal popolo francese per un italico mito del cinema hard-core, diventato poi produttore. Rocco Tano è oggi Rocco Siffredi proprio perché la sua casa di produzione (la Siffredi Communication) ha sede in Francia è richiama nel nome immagini di piaceri che da noi sfuggono.
In verità Carbone e Spirito cominciarono con le femmine, ma passarono presto alla politica prestando uomini e strutture contro i socialisti del porto di Marsiglia. I loro crumiri e picchiatori furono più volte utilizzati negli anni 30 e passarono al servizio del governo di Vichy e dei nazisti durante la guerra. Al termine di questa, la loro organizzazione, che aveva prosperato con il mercato nero, cambiò disinvoltamente fronte e divenne uno dei principali strumenti di repressione anticomunista alla fine degli anni 40, serrando legami e amicizie con la neonata CIA impegnata dapprima nella Guerra fredda contro i russi e poi nel conflitto vietnamita in Indocina.
In questo settore è importante notare che i corsi possedevano due particolari talenti. Erano abilissimi nel contrabbando e nella lavorazione della morfina che veniva trasformata in eroina. Divennero così preziosi alleati sia dei francesi che degli americani ma anche un anello importante nel traffico internazionale di droga che i siciliani avevano cominciato a dominare sin dai tempi di Lucky Luciano e poi di Santo Trafficante (personaggio reale che ispirò il mio Santo Castiglione di Lacrime di Drago). I corsi erano meno organizzati dei siciliani e delle famiglie americane, forse a causa dell’ambiente fisico in cui si era sviluppata la loro società della quale la criminalità era solo uno specchio. In verità l’irredentismo non si è mai totalmente discosto dalla malavita e “guadagnarsi il pane”, come si diceva in gergo, presupponeva sempre un forte legame con quell’isola rude e bellissima che i suoi abitanti sognavano libera da qualsiasi giogo. Questo modo di pensare i corsi se lo portarono nel Togo, nella Polinesia francese, in Algeria, nelle Antille francesi, in Indocina e a Marsiglia. Per dirla tutta, non è che avessero particolari simpatie per nazisti e fascisti, li utilizzavano come mezzo per contrastare quelli che per loro erano i veri oppressori. La struttura organizzativa stessa dell’Unione Corsa (e qui permettetemi un aggancio doveroso ai romanzi di Ian Fleming e a quel Marc-Ange Draco che sarebbe diventato il suocero di James Bond!!!) era basata sui clan familiari che, a loro volta formavano il Milieu. All’interno di questi l’equivalente del don siciliano era chiamato “un vrai monsieur”, un vero signore e la carica di Consigliori (resa celebre dal padrino cinematografico da Robert Duvall/Tom Hagen) era ricoperta dal Pacieri che era anche un capo clan. Nel Luparo (pubblicato in una prima versione nel 1993 con il titolo Giungla Mortale), Bernard Prestia, il padre del protagonista, era un pacieri ma anche un vrai monsieur. E, come nel romanzo, anche nella realtà, c’erano divisioni, screzi e faide tra i componenti del milieu. Così, con il declinare della potenza di Carbone e Spirito, altri capi emersero, sempre meno legati alla destra, quali i Guerini e i Francisci, magari avversari tra loro, ma sempre consapevoli che i corsi erano soli contro tutti.
Antigaullisti irriducibili, negli anni 50, i corsi trasferirono le loro raffinerie di morfina dalla Costa Azzurra alla Corsica quando in Italia fu radicalmente diminuita la produzione di questo elemento base per la raffinazione dell’oppio turco in eroina. Ma se l’Occidente da una parte combatteva la droga, d’altro canto se ne serviva per sostenere la lotta al comunismo. Negli anni 60, avvenne un particolare evento che cambiò radicalmente la storia della malavita corsa e del traffico dell’eroina come elemento fondamentale nella Guerra fredda. Con le confessioni di Joe Valachi Cosa Nostra ricevette un bruttissimo colpo e attraversò un periodo di guerre intestine per la successione al potere. Nel frattempo l’opinione pubblica mondiale aveva preso coscienza del problema del dilagare della droga in Occidente e ciò indusse il governo turco, amico degli americani e desideroso di inserirsi già da allora in Europa, a dare un giro di vite alla produzione di oppio in Anatolia. Nel giro di pochi mesi la regione di Aphyon perse d’importanza e le raffinerie di Marsiglia furono costrette a cercare nuove fonti di approvvigionamento. Nel frattempo in Indocina gli americani avevano non solo preso il posto dei bastonati francesi ma si stavano impegnando in una delle più disastrose e “sporche” campagne belliche del secolo scorso (quella di questo la stiamo vivendo adesso…). In poco tempo il Triangolo d’Oro tra Birmania, Thailandia e Laos divenne - e rimase sino alla metà degli anni 90 - il principale centro di produzione di oppio, morfina ed eroina che, spesso veniva lavorata a Saigon, a Vientiane a Hong Kong prima di arrivare a Marsiglia e a Los Angeles per essere smistata. E chi, in Indocina, disponeva di chimici qualificati, trafficanti astuti e inafferrabili e al tempo stesso in buoni rapporti con i kaitong laotiani e cambogiani, quanto coni signori della guerra birmani e thailandesi?
I corsi, che presero così a “guadagnarsi il pane” fungendo da collegamento tra gli eserciti del Kuomintang, i signorotti Meo e Yao tra Cambogia e Laos e la CIA che, nel caso specifico, si chiamava UsAid, associazione umanitaria con sede a Luang Prabang, nel Laos. Con i proventi del traffico d’eroina gli americani foraggiarono una inutile guerra contro il comunismo che aveva pure una linea aerea che aveva due nomi. Il primo era quello di facciata, Air America, il secondo era comunque noto a tutti e rendeva chiaro a tutti di cosa si trattasse: Air Opium.
Associazioni segrete millenarie, servizi moderni, Guerra fredda, semplici banditi da strada. Tutto ciò fa da sfondo all’epopea dei banditi corsi che non hanno mai dimenticato di essere, alla fine, soli contro tutti. I “cattivi” ufficialmente additati come criminali dai governi ma che, agli stessi potenti erano utili perché fornivano una utile copertura. Un destino difficile ma che uomini come Guerini seppero gestire dai loro casinò di lusso come il Club Haussmann nel centro di Parigi e che, probabilmente, hanno tramandato sino a oggi a uomini schivi, dai nomi vagamente italiani che, una volta all’anno, sfilano con i cappucci rossi, trascinandosi dietro pesanti catene per le vie di Sartène, un paesino arroccato tra i monti a sud dell’isola, per espiare i loro peccati. Sull’isola, malgrado alcune azioni dinamitarde realizzate dal Movimentu du Populu Corsu, le questioni d’onore si regolano ancora alla vecchia maniera con il bastone che richiede anni d’esperienza nel maneggio come accade per il suo corrispettivo siciliano, con il coltello forgiato secondo tecniche secolari da artigiani in scure bottegucce e con la lupara, il fucile a canne mozze caricato a pallettoni. La lupara come i Lupari, i cacciatori di lupi, difensori delle greggi e, per esteso delle comunità, sono spariti da molti anni proprio come le belve che minacciavano pecore e galline. Ma la loro leggenda è rimasta ed è proprio dalla base di questa che ho creato questa “casta” di uomini soli, disperati e spietati, protagonisti della storia che avete letto e di molte altre scritte nel corso degli anni. Per chi non è un vero corso è praticamente impossibile procurarsi un’arma rusticana originale benché le botteghe dei paesi ne offrano di ogni genere. Tra quelle in vendita potrebbe capitarvi anche di fare un buon acquisto. Vecchie pistole, pugnali Spaccacuore a lama triangolare o persino dei serramanico con il manico d’osso. Attenti però, nella maggior parte dei casi si tratta di materiale prodotto per i turisti e i più pittoreschi coltelli sono pur ottimi Laguiolle, che vengono lavorati in Francia e non in Corsica.
E questa, per un vrai monsieur, è una differenza fondamentale…
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