"Pensai ai cinque amici entrati in una vecchia casa per gioco e ai cinque giovai estranei, che solo due giorni dopo faticavano a salutarsi…."
Ci sono episodi che deformano l’esistenza normale.
Inghilterra, 1989. Cinque quindicenni curiosi, spavaldi e incoscienti. Una dimora abbandonata, probabile ricettacolo di fantasmi. Il fascino della trasgressione e dell’indagine proibita. Una storia sinistra che riemerge dal passato. Una violenza sotterranea che esplode a distanza di anni. Sparizioni a catena e delitti inspiegabili. Una lista in cui compare il numero 6. Un giovane avvocato che si lascia prendere la mano dal caso. Un libro nero, con un simbolo inquietante e profetico.
Nel romanzo La casa del bambino che grida, gli ingredienti del thriller e dell' horror si mescolano con reminescenze cinematografiche. Atmosfere allucinate, discreto ritmo narrativo e sottile ironia sottendono una vicenda che termina con un finale aperto, perché il "male esiste e non può essere sradicato completamente. Ma riconosciuto sì, e tenuto sotto controllo". Come ci aspettiamo nel sequel.
Leonardo Polverelli vive e lavora a Igea Marina (RN). Scrittore e autore di canzoni, canta con il gruppo rock Super Hero. Nel romanzo d'esordio La casa del bambino che grida si è ispirato alla canzone The house of the screaming baby: un caso singolare, quindi, di storia che scaturisce da una canzone. E per di più, in lingua inglese, come inglesi sono i nomi e i riferimenti. Perché, per dirla con l'autore, "la fonetica della lingua stessa ha fatto sì che il significato della storia cambiasse da solo e si distinguesse dalla storia reale, evidenziando che il bene esiste grazie al male e viceversa."
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