Luci soffuse, candele profumate qua e là, camerieri che calpestano piano piano l’erbetta del giardino, musica soft e lo scrosciare del mare.
Il residence Faraone con l’Egitto non c’entra un cazzo, è una bella e moderna colata di cemento a strapiombo sul mar Jonio. Solido, abusivo, condonato.
Stasera si festeggia il matrimonio di Pino e Rosanna. Tanti gli invitati presenti: imprenditori, soprattutto edili, autorità varie tra assessori regionali, deputati e mafiosi, il che è dire la stessa cosa. Tutti accompagnati dalle loro mogli pluricornute. Aspettando il taglio della torta sorseggiano cocktail, limoncelli e amari del Capo, qualche mattacchione tira cocaina in bagno.
Pino, lo sposo, si intrattiene col compare Nicola Guardì, panzuto puttaniere, ufficialmente eurodeputato e amico personale del Presidente del Consiglio.
Rosanna, la sposa, cerca di installarsi sul cesso per una sana pisciata. E mica è facile con tutti quei pizzi e contropizzi. Con lei c’è Marietta, la sorella maggiore, cinque figli all’attivo per festeggiare le altrettante corna che le ha messo il marito. Cinque pargoli per cementare il matrimonio. Ppì evitare u’scuarnu. Ipse dixit: l’uomo che tradisce la moglie è un grande piliere, la donna che tradisce il marito è una gran puttanazza.
Citu e musca.
Finalmente Rosanna riesce a svuotare la vescica. Ascolta i bla bla della sorella: hai visto quella sguaiata della moglie di Tizio, quella troia della moglie di Caio, l’abito merdoso della moglie di Sempronio. Quella lo ha preso da questo, quell’altra l’ha data a chistu e a chillu.
Rosanna vorrebbe scomparire, forse morire, sicuramente fuggire. Fantastica su una possibile via di fuga. Pensa che, potendo, si intrufolerebbe nel cesso per arrivare al mare: in Calabria molte fogne portano al mare e nessuna strada a Roma, a malapena a Salerno, ammesso che un giorno finiscano l’autostrada.
Rosanna sorride. Ma sente un nodo in gola.
Manda via la sorella.
Appena è sola piange.
Poi comincia a vomitare.
È incinta.
Pino, quella merda, l’ha sposata per rimediare al danno. S’è dovuta sposare col cugino, chillu puarcu, che, ubriaco, la infilzò in occasione della prima comunione di Immacolata, la primogenita di Marietta.
Piange e si dispera, Rosanna.
Schizzi di vomito le finiscono sulle tette, si insinuano fastidiosamente tra la pelle e il vestito.
Pensa al bambino che le sta crescendo in pancia. Vorrebbe che nascesse handicappato, scemo o idiota, così da non capire chi è il padre e in che razza di terra è nato.
Improvvisamente esce dal chiasso dei suoi pensieri.
È il silenzio.
Gocce di sudore le imperlano il viso. Il respiro è affannoso.
Ha trovato la soluzione a tutti i suoi problemi. E a quelli del nascituro.
Comincia a prendersi a pugni la pancia.
Forte, fortissimo.
Con rabbia e con amore.
Continua fino a quando il sangue le scende tra le gambe e le macchia il vestito. Fino a quando il feto non vede la luce fredda del neon del bagno.
Lo abbraccia e se lo porta al seno.
Faticosamente arriva in giardino, dove tutti la stanno aspettando per la torta.
Gli invitati restano impietriti. Qualcuno si sente male.
Rosanna siede calma su una sedia come una Pietà michelangiolesca bagnata di sangue e lacrime, una Madonna che tiene in braccio il feto di un Cristo abortito.
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