Abel pensa che, per un vampiro, essere prete cattolico sia veramente chic, e anche un segno che il mondo sta cambiando: o almeno, che sta ulteriormente cambiando, da quando la scuola progressista del Pensiero Estremo ha indotto l’umanità a superare ogni paura delle diversità più diverse, e i mostri vivono fra noi. Un prete cattolico vampiro è il massimo di quello che chiamano monstersmirk, il ghigno del mostro, che sarebbe qualcosa come l’umorismo yiddish: un cocktail di autosberleffo, vittimismo aggressivo e provocazione. Monstersmirk è la mania dei vampiri di portare vistosi crocifissi barocchi e gemme di tutti i colori incastonate nei canini. E’ quando un lupo mannaro si tinge il pelo di verde, fucsia e blu elettrico e dice: guardate il mio look, non è da urlo? O quando gli zombi fanno scherzi agli amici sbucando dagli angoli delle strade truccati come i cadaveri ambulanti dei vecchi film. Monstersmirk era quel vampiro eccentrico che si era fatto una dozzina di plastiche per somigliare a Nosferatu di Murnau, e passeggiava appoggiandosi a un bastone da passeggio di legno di frassino. Guizzante, bifida ironia, che serpeggia e avvolge umani e mostri come la lingua di una serpe.

Lui stesso, Abel, è un po’ monstersmirk, quando si presenta dicendo di essere un po’ morto, alludendo al suo quarto di sangue zombi che gli viene dalla madre, Vida Dark, figlia di un santone resuscitato di Haiti e di una intellettuale newyorchese. Lo stesso nome che si è scelto all’interno della Non Human Defence, l’associazione che si batte per la difesa dei mostri e la loro integrazione sociale, è una rivendicazione tipicamente monstersmirk: Alive. Ma questo risale a un periodo della sua vita in cui era ancora fragile, e non avrebbe sopportato di essere trattato da mostro. Come tutti i non umani belli, vincenti e dotati di una diversità non visibile, a lungo si è spacciato per umano; più tardi, disprezzandosi per la sua vigliaccheria, ha attraversato una fase in cui sentiva il bisogno di dichiarare a tutti, in qualsiasi situazione, quello che è. Fino a quando, all’inaugurazione di una galleria d’arte, una pittrice lo ha schizzato, alzando le spalle con un sorrisetto annoiato: Sei un pelino zombi, e allora? Non è un privilegio da sbandierare, né una vergogna da nascondere.

Da allora, Abel non confessa di essere in parte mostro, se non glielo chiedono. Ma, se glielo chiedono, non ha difficoltà ad ammetterlo.

Queste sono più o meno le riflessioni di Abel mentre si dirige verso la parrocchia di Santa Maria Goretti, nella sezione 6 dell’hinterland, dove Padre Gabriel lo ha convocato. A mezzanotte, sotto una luna piena lattiginosa diluita in una nuvola, la fatiscente chiesa barocca erosa da un milione di epoche barocche, incastrata in un’architettura di vetro, metallo, plastica e cemento, sembra avvolta da morbide dita d’ombra. A un lato della chiesa, c’è un cimitero di automobili. All’altro lato, un cimitero gotico: finto, ricostruito dal parroco vampiro per far giocare i membri più piccoli della sua comunità. Padre Gabriel raccoglie intorno a sé mostri impazziti o drogati, zombi senza tetto, puttane in fuga da mercanti di carne non umana, vampire bambine create dai succhiasangue pedofili.

Abel trova Padre Gabriel in sacrestia, intento, come al solito, a guardare la televisione. La teledipendenza dei vampiri è una barzelletta ormai; in realtà, la tivù è il solo strumento che hanno a disposizione per vedere la vita che si svolge durante il giorno, e bisognerebbe ben capire quanto possano esserne avidi. Padre Gabriel ha scelto, come molti della sua specie, un nome da angelo o da demone o da antico re o mago, e ha la propensione a lasciar cadere in disuso il cognome. Veste con eleganza vampiresca, di stoffe fruscianti e setose grigie o nere; stanotte porta la tonaca e un piccolo crocifisso d’argento. E’ una specie di Cristo sbarbato, con lunghi capelli biondi e lisci che ricadono in due bande su un volto nevrotico e convulso, e non dimostra più di diciotto anni, sebbene ne abbia vissuti almeno trenta. Le parrocchiane lo trovano deliziosamente tragico, e affollano in massa le sue messe celebrate al crepuscolo o un’ora prima dell’alba, messe che pur non essendo nere devono sembrare loro un po’ confuse nella tenebra. Perfino Abel, una volta, ha provato un brivido alla schiena nel vederlo celebrare un funerale. Non c’è dubbio che i mostri abbiano un talento per la morte; gli snob umani adorano far seppellire i parenti defunti a zombi e vampiri, e molti zombi sono impresari di pompe funebri.