Jeff ruotò su se stesso distendendo la gamba in un calcio circolare all’indietro. Confuso dal dolore e dal cappotto che svolazzava come la cappa di un vampiro, il gorilla con la pistola non riuscì neppure ad abbozzare un gesto di difesa. Il tallone di Jeff si abbatté sulla carotide, spezzandogliela. Il cinese crollò come un giocattolo senza pile. Jeff era appena ansante. Riportò la sciarpa intorno al collo e, con un movimento fluido, impugnò la Beretta e la Glock, quindi sferrò un calcio per aprire il battente della suite. Poi tutto si svolse a ritmo sincopato come in una coreografia scritta per accompagnare un jazzista di talento.
I bersagli erano seduti a un tavolo imbandito. C’erano tutti. Alle loro spalle stavano in piedi altri tre guardaspalle. Nessuno di essi impugnava un’arma, ma erano sicuramente i più pericolosi. Meglio toglierli di mezzo immediatamente. Jeff rimase poche frazioni di secondo sulla porta con le braccia tese. Premette i grilletti senza mirare. Il tiro istintivo era una delle sue specialità. La suite riecheggiò di una scarica di batteria balistica.
Lampi e detonazioni accompagnati dal clangore dei meccanismi di espulsione dei bossoli. Ritmo, azione, velocità. Due gorilla furono inchiodati alla parete senza neppure rendersi conto di quello che accadeva. Per il terzo fu necessario un altro proiettile. L’uomo compì un mezzo giro su se stesso, sprizzando un getto di sangue scuro.
Jeff rotolò sul pavimento riacquistando l’equilibrio con il solo uso delle gambe. Puntò la Glock e premette ancora il grilletto. Il primo dei bersagli fu sollevato dalla sedia. L’osso frontale si aprì, spappolato dall'Hydra-Shock. Jeff ruotò su stesso e sparò ancora. Il secondo bersaglio si beccò due colpi al torace. Lo smoking esplose in una nuvola cremisi. La musica del jazzista immaginario saliva, travolgente. Non fermarsi mai. Era la regola del pianista quanto dell’assassino. Jeff rotolò nuovamente assestando un calcio al tavolo che rovinò addosso agli altri bersagli. Prima che potessero riprendersi, Jeff era già in piedi. Vuotò i caricatori cancellando i due cinesi in un’emulsione di sangue, ossa e materia cerebrale. Il carrello della Beretta scattò indietro imponendo una battuta d’arresto. La Glock aveva ancora un colpo. Sopra il frastuono delle detonazioni, Jeff riconobbe un rumore familiare alle spalle. Il meccanismo di un fucile a pompa che spingeva il proiettile in canna. Si volse puntando la Glock verso l’ingresso del corridoio che portava alle camere. Altri gorilla. L’ultimo colpo fulminò l’uomo col fucile scaraventandolo contro un paravento di lacca. Saper distinguere i rumori anche nel frastuono generale era fondamentale, come riconoscere le note più importanti da quelle inutili. Passi. Dalle camere della suite. Altri guardaspalle. Doveva andarsene immediatamente. Il concerto era finito.
Jeff contrasse i muscoli delle cosce, slanciandosi dietro il mobile bar inseguito da una sventagliata di Uzi che frantumò vetri e bottiglie in una pioggia di coriandoli taglienti. Il bancone fu scosso dall’urto dei proiettili. Jeff aveva già impugnato la Sig Sauer e la Desert Eagle. Ora che il Lavoro propriamente detto era terminato poteva dar voce all’artiglieria pesante per aprirsi un varco. Senza neppure guardare sporse le braccia dal bordo del bancone indirizzando una pioggia di proiettili contro gli avversari. Li vide cadere quasi al rallentatore mandando scariche imprecise a tatuare il soffitto. Nuovamente il rintocco delle armi che picchiavano contro il pavimento coprì il fragore delle detonazioni simile a un rullo di tamburi.
Jeff saltò oltre il bancone, andando a rotolare con una capriola verso la porta sfondata. Da terra sollevò leggermente il busto con le braccia protese. Investì con una scarica l’uomo che si stava affacciando sulla soglia.
Il gorilla fu sbalzato contro la parete opposta, crivellato. Jeff rotolò su un fianco piegando una gamba per rimettersi in piedi. Non aveva tempo per contare i colpi ma calcolava di avere ancora una riserva sufficiente. Il corridoio sembrava una fornace. L’aria era greve. Cordite e sangue. I timpani ronzavano impazziti. Madido di sudore, Jeff rimase un attimo addossato alla parete con la Sig Sauer spianata. La Desert Eagle era lungo il fianco, pronta all’azione. Stava per scattare verso la porta antincendio quando, da un angolo del corridoio, apparvero altri due uomini. Impugnavano corte mitragliette HKMP5. Cadenza di fuoco: 800 colpi al minuto. Inaffidabili a lunga distanza ma micidiali in ambienti ristretti.
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