Sul molo, le luci del mercato erano quasi tutte spente. Le barche erano in mare e tra i banconi restavano solo poche donne occupate ad allestire le bancarelle, in attesa dell’alba. Aveva piovuto nel pomeriggio, uno di quei rapidi acquazzoni che oscurano il sole solo per pochi minuti. Il selciato era coperto da una patina viscida sulla quale i fari della limousine lasciavano una scia irregolare. Jeff aprì la portiera posteriore, scivolando, sul sedile. Al volante c'era una donna con una capigliatura bluastra e l’uniforme da chauffeur. Chiu Chaw, a giudicare dal taglio obliquo degli occhi riflessi nel retrovisore.
"Benvenuto a Hong Kong - disse la donna, mentre eseguiva una curva per immettersi nel tunnel sotterraneo che univa Victoria a Kowloon, la Penisola dei Nove Draghi. – L’equipaggiamento e le istruzioni sono accanto a lei, nel cofanetto."
Jeff pose sulle ginocchia la valigetta chiusa da cerniere nichelate. Fece scattare il meccanismo sollevando il coperchio. All’interno c'erano una busta gialla e quattro pistole inserite nei vani sagomati dell'involucro imbottito. Beretta 92, Glock 14, Sig Sauer P226, Colt Mark IV Desert Eagle. Quattro ferri in acciaio brunito con scorta di caricatori e munizioni Hydra-Shock a punta cava. Proiettili immersi nel mercurio, letali anche se non raggiungevano punti vitali. Jeff controllò rapidamente il caricamento di ognuna delle armi, inserendo il primo colpo in canna. Le nascose poi nelle fondine che aveva applicato sulla giunca. Completata questa operazione, dedicò la sua attenzione alla busta. Ne strappò il sigillo per fare scivolare all'esterno quattro fotografie in bianco e nero, scattate con un teleobiettivo molto potente. I bersagli erano tutti orientali vestiti elegantemente, con l’aspetto di uomini d’affari. Jeff non conosceva i loro nomi, né aveva interesse per il fatto che, in realtà, non fossero affatto finanzieri, come il loro abbigliamento suggeriva.
Erano bersagli e basta.
Non gli era stato chiesto di programmare un'operazione elaborata. Il Lavoro prevedeva un Tocca-E-Fuggi senza troppe complicazioni. Mentre la limousine si inoltrava nella galleria, Jeff si soffermò per qualche attimo su quei visi. Essere fisionomisti era una qualità richiesta dalla professione. "Hotel Peninsula - disse la donna, che aveva seguito le sue mosse nel retrovisore. - Sono in riunione nella suite 4123. Quarto piano, la sesta porta a destra uscendo dagli ascensori."
Non c’era altro da aggiungere. Jeff respirò a fondo nel tentativo di rilassarsi. La tensione era inevitabile. Non cercò di allontanarla. Non era un animale a sangue freddo, non lo sarebbe mai stato. La paura serviva a mantenerlo all’erta.
Il Peninsula era un vetusto ma ben conservato edificio in stile coloniale. Vi si accedeva per un vialetto sorvegliato da leoni di pietra. Jeff controllò l’orologio. Le sette. Ormai l’oscurità era calata completamente, avvolgendo in un drappo di velluto bagnato l’intera colonia.
"L’uscita di servizio è su Canathan Road - annunciò l’autista, senza intonazione. - Ci vediamo là. Tra quindici minuti."
"D’accordo" rispose Jeff, preparandosi a scendere. Tempo più che sufficiente per terminare il Lavoro.
Era il momento del cocktail e l’atrio del Peninsula sembrava percorso da un fragoroso fiume di persone. Uomini d’affari cinesi ed europei, con le rispettive amanti ingioiellate, sciamavano verso il Mandarin Lounge, l'elegante bar del mezzanino vicino alla portineria. Jeff individuò subito gli uomini della sicurezza, vecchi poliziotti con pistole e ricetrasmittenti che restavano discretamente sullo sfondo come ragazze timide a un ballo della scuola. Gli uscieri sikh si profondevano in cerimoniosi inchini, celando dietro l’impeccabile cortesia il disprezzo che nutrivano per l’umanità vociante che sfilava nell’atrio.
Avvicinandosi agli ascensori, Jeff vide la donna più bella che gli fosse mai capitato di incontrare. La considerazione lo colpì, creando la curiosa impressione che il tempo rallentasse. Doveva essere arrivata poco prima di lui e stava aspettando l’arrivo della cabina con una certa impazienza. La ragazza si volse, come se avesse potuto distinguere i passi di Jeff nella confusione circostante. Lo sguardo aveva una qualità liquida che esprimeva sensualità e malinconia assieme.
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