Guarda i reality show che ti passa, anzi, già che ti ci trovi fatti in quattro per parteciparvi; potrebbe essere l’occasione che aspettavi. Magari American Dreamz di Paul Weitz rispettasse le promesse che semina, si uscirebbe dal buio alla luce rinfrancati. Invece no, si esce mediamente insoddisfatti e un pizzico infastiditi, colpa di una sceneggiatura, si è detto, che promette e non mantiene.
Promette schiaffi in faccia all’Occidente opulento e timoroso, con un kamikaze pronto a farsi esplodere nel bel mezzo del programma più seguito della TV (l’American Dreamz del titolo…). Promette sganassoni allo share drogato che più il caso è clinico (anziché umano…) e più va su. Arriva persino ad annunziare di voler fare i conti una volta per tutte col reduce dall’Iraq che sbrocca non per quello che ha lasciato (l’Iraq appunto…), ma per quello che trova una volta tornato.
Infine promette, ed è l’unica cosa che mantiene, un Presidente idiota (facile scorgervi dietro G.W. Bush) che più idiota non si può, uno Chance senza giardino, ma soprattutto senza uno straccio di weltanschauung (mutuata magari dalla stessa TV…) capace di renderlo perlomeno un soggetto curioso.
Sommate il reduce al kamikaze, quest’ultimo ai complici, vittime pure loro dello share. Aggiungete al Presidente una cantante alle prime armi disposta a tutto pur di ottenere i quindici minuti di celebrità, moltiplicate per il conduttore iena (Hugh Grant perfetto per come sa incarognire la faccia una volta bella…) e il prodotto American Dreamz sarà bello è servito: promettere a tutto spiano e fermarsi sempre due passi prima delle estreme conseguenze.
In fin dei conti nessuno schiaffone, tutt’al più qualche carezza…
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