“Lo sai che in Italia muore una prostituta al mese?”
“Sì, e il novanta per cento di quelle che stanno in strada hanno l’aids. Ma noi non lavoriamo in strada. Nessuno ci spegne una sigaretta sui capezzoli.”
“E Vanessa…”, lancio un’occhiata al foglio “Liverani… perché lo fa?”
“Per mantenere suo figlio, per… Che ne so?”
Sollevo gli occhi dal blocco di carta. “Ha un figlio?”
“William. Sta un po’ con lei e un po’ con i nonni.”
“Quanti anni ha?”
“Dieci, credo. Quella notte era con noi, cioè… in un’altra stanza. Van non aveva trovato una baby sitter.”
“Non mi sembra una cosa molto educativa.”
“Willy non sa cosa fa sua madre, a parte andare a delle feste, svagarsi con gli amici.”
La fisso a lungo. Lei non abbassa lo sguardo.
“Hai una foto di Vanessa?”
“Certo”, dice tirando fuori dalla sua miniborsa di stoffa una fotografia.
“E’ lei?”
“Sì,” afferma con orgoglio “è la mia amica.”
La ragazza della foto è la sosia di quella che ho di fronte: stessi capelli biondi, gambe affusolate e fianchi da adolescente.
“Vi somigliate”, constato.
“Ce lo dicono tutti. Ma Van ha sprecato dei doni. Lei scrive poesie, strimpella la chitarra, ha una bella voce.”
Riguardo Vanessa Liverani, l’espressione del viso: un misto di candore e fascino.
“Ha anche un bel sorriso.”
“Quando sorride è bellissima. Peccato che abbia sempre il broncio.”
“Scrivi poesie anche tu?”
Non perde tempo a rispondermi.
“Van mi chiama tutti i giorni e non è mai successo che…”
“Perché è sparita, secondo te?”
“Ha il talento dei guai. Deve sempre piacere a tutti. Forse è finita
con la persona sbagliata.”
“All’una di notte, con in spalla un bambino di dieci anni?”
“Non so… il giorno dopo.”
“E’ andata via con la sua auto quella notte?”
“Una Clio rossa.”
Annoto e strappo il foglio dal blocco.
“E’ un anno che si lamenta, dice che vuole cominciare una nuova vita,
andare da Angelo, il padre del bambino.”
“Dove vive?”
“Angelo? In Umbria, in Toscana, non so… Fa il fonico ai cantanti, è sempre in tournèe. L’ho chiamato al cellulare ma non mi ha risposto.”
“Il cognome?”
“Fabbri.”
“Sta ancora con lui?”
“Van non sta con nessuno.”
“Ha storie fuori dal lavoro?”
“Si vedeva con Lele… Emanuele Dardi, se vuoi segnarti il nome. Uno con la villa sui colli e il fuoristrada, ma è durata un mese. Con Van poche cose durano più di un mese.”
Passo a un argomento più spinoso. “Se accetto di occuparmene…”
Non è stupida. “Vuoi un anticipo? Non c’è problema”, dice posando
duecento euro sulla scrivania.
Le passo un foglio e una penna.
“Se intanto vuoi lasciarmi i tuoi numeri e quelli che mi occorrono…”
“Devi andare dai Liverani, stanno a Sasso Marconi. Con me non parlano.”
Mi tampono il sudore del viso col palmo della mano.
“Perché?”
Fa spallucce.
“E se fosse da loro?”
“Te l’ho detto, Van non sopporta sua madre.”
Il caldo mi sta esaurendo le forze.
“Ti preparo la ricevuta.”
4
Mi fermo al bar Enzo per un bicchiere di chardonnay. La sorpresa di un nuovo incarico merita il rituale dell’aperitivo, con corollario di olive, dadi di mortadella e scaglie di formaggio grana. Mi siedo su un trespolo e apro il giornale esposto sul bancone: tre orgasmi a settimana – dice un articolo – regalano dieci anni di vita. Il sesso previene il cancro alla prostata, protegge da diabete, ipertensione e malattie cardiovascolari; guarisce dal mal di testa e stimola la materia grigia. In soldoni, avere molti orgasmi rende più sani e più intelligenti. Faccio un rapido conto mentale. Negli ultimi anni quanti rapporti ho avuto? Tre, quattro, ogni sette, otto mesi? La mia attitudine alla castità sfiora la beatificazione. Ma ecco trovata la risposta. Ecco perché sono sempre cupa e non mi ricordo le cose, ecco perché mi becco un paio di influenze all’anno e ingoio tre Aulin al giorno per l’emicrania, massacrandomi il fegato con massicce dosi di nimesulide: perché non faccio abbastanza sesso!
Bevo il vino d’un fiato, sfrego le dita unte di mortadella sul bordo di una pagina e chiudo il giornale, poi dico a Enzo di mettere lo chardonnay sul mio conto e esco dal bar.
Abito in una zona di periferia dove incrocio mescolanze umane dalla mattina alla sera. Gli autobus notturni sono pieni di disperati di ogni razza e colore; nel parco sottocasa c’è chi dorme all’addiaccio tra cacche di cane e siringhe. La polizia è sempre all’erta: spari, risse da coltello e accapigliamenti vari sono il reality show quotidiano.
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