Il confronto finale è infine arrivato. Da una parte l'agente Pendergast, già visto in azione nei precedenti romanzi del duo Douglas Preston e Lincoln Child. Dall'altra parte il fratello di Pendergast, Diogenes, che condivide con lui i modi raffinati e un'intelligenza quasi sovrumana, votata però al male più assoluto.
Accennato a più riprese nel corso dei precedenti romanzi, alcuni dei quali assolutamente interlocutori come il precedente (e non particolarmente memorabile) Dossier Brimstone, il duello tra i fratelli Pendergast esplode dunque nell'episodio centrale di questa trilogia, dedicata dal duo di autori al loro personaggio più riuscito.
La trama è all'apparenza semplice: gli amici e i conoscenti dell'agente Pendergast iniziano a morire in modo misterioso. Non occorre molto tempo per capire che la mano dietro a questi omicidi è proprio quella di Diogenes, anche se questa perfida vendetta personale sarà solo la punta dell'iceberg di un piano assai più complesso.
Rispetto agli episodi centrali di altre trilogie, La danza della morte soffre meno della "sindrome da cerniera", per cui la vicenda è letteralmente senza capo né coda e diventa pienamente fruibile solo accostandole anche il primo e il terzo episodio. Qui invece la storia è compiuta in sé e ha una conclusione soddisfacente, anche se ovviamente il finale resta aperto per lasciare spazio al terzo episodio, Il libro dei morti, di prossima uscita. Ciò detto, La danza della morte è un libro che riprende una marea di personaggi tratti da altre opere di Preston & Child, e per goderne appieno è consigliato dunque aver letto prima gli altri romanzi, anche quelli in cui Pendergast non compare come protagonista.
E sempre a proposito di questo agente speciale, il duo di autori lo consacra nel presente romanzo come la perfetta sintesi di tutti i suoi predecessori più archetipici. Pendergast ha l'intelligenza inumana di un detective alla Sherlock Holmes, i modi quasi pomposi di un Poirot, ma anche capacità di travestirsi e sapersela cavare in qualsiasi situazione che lo avvicinano a James Bond e in generale agli eroi delle riviste pulp. Nonostante questa evoluzione del personaggio, che vira decisamente verso l'avventuroso e abbandona progressivamente il realismo, Pendergast ci viene qui mostrato per la prima volta in tutta la sua umanità: abbandonati per qualche istante il suo distacco e i modi raffinati da gentiluomo del sud, arriverà a conoscere l'amore - per quanto di sfuggita - e addirittura a fare una solenne sfuriata con il fratello: l'unico al mondo, probabilmente, capace di fargli perdere le staffe.
Preston & Child nei loro ultimi romanzi hanno reinventato il feuilletton ottocentesco, rivisitandolo alla luce del thriller contemporaneo. L'operazione può dirsi felicemente riuscita e porta quasi alla definizione di un nuovo genere in cui si mescolano avventura e poliziesco, erudizione e serialità (il "techno-feuilletton"...?). Certo, come in ogni romanzo d'appendice che si rispetti, bisogna essere disposti a concedere ampi margini alla propria sospensione dell'incredulità e non stupirsi se si incontrano situazioni romanzesche e personaggi che gli anglosassoni chiamano larger than life... ma se si è disposti a saltare in giostra, il divertimento è assicurato.
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