Con gli anni ’50 si raggiunge il picco nell’evoluzione del noir, si producono film fondamentali per trama e stile e non sono pochi i gioielli che segnano vette ineguagliabili per quanto riguarda personaggi, situazioni, temi e visioni. Dopo i capolavori di questo decennio il genere certo non si fermerà ma per mantenersi in vita avrà bisogno di finire e rinascere, mutare pelle e dna, contaminarsi, dimostrando ancora una volta di essere un sentimento più che un semplice genere narrativo. Un sentimento sempre attuale, perché attuale è sempre la questione etica, sentimento in metamorfosi necessaria, dato che il mondo cambia con rapidità nel dopoguerra, e in particolare gli anni ’60 e gli anni ’90 del novecento ridisegnano la realtà planetaria.
Quelli di cui parliamo sono invece gli anni in cui il senatore McCarthy lancia una campagna persecutoria contro chiunque, all’interno dell’industria cinematografica, sia dichiaratamente comunista o solo simpatizzante o abbia come unica colpa fare film obbiettivi sugli Stati Uniti. Non presentare un’icona stereotipata e fasulla del sogno americano è abbastanza per essere accusati di tramare contro la patria, di essere nemici della libertà, di operare come sabotatori.
Un periodo d’oro, come questo, è fatto di molti gioielli, di molti buoni film, storie e immagini che lasciano il segno, che disturbano, fanno riflettere o semplicemente affascinano. C’è solo l’imbarazzo della scelta e noi prendiamo in considerazione alcuni dei titoli che emergono per il loro impatto estremo e si caratterizzano per l’unicità della loro forma.
Cominciamo da quello che è un punto d’arrivo (e di non ritorno) dell’estetica del noir, Un bacio e una pistola (Kiss me deadly) di Robert Aldrich, anno 1955. In quest’opera tutto ciò che costituisce l’”immagine” del genere viene fatto esplodere, in modo che possa investire lo spettatore con le sue schegge, attrarlo nel racconto sulla base di stimoli quasi esclusivamente sensoriali. I fatti che costituiscono la storia sono tutti, per chi guarda, esperienze limite, fatte di puro movimento, pura cinesi. Scazzottate, sparatorie, inseguimenti, torture, omicidi: la violenza regna incontrastata e, mentre si mostra nella sua crudezza, resa iperreale dalla regia di un Aldrich in stato di grazia, mentre esibisce una ferocia fredda e capillare, non si cura di dare troppe ragioni della sua origine. Una ricerca disperata muove tutti i personaggi, che si scontrano e si eliminano in un crescendo che arriva fino all’apocalisse nucleare, letteralmente…
Un’epopea che la critica del genere vede chiudersi tradizionalmente con il grandioso L’infernale Quinlan (Touch of Evil), 1958, dove Orson Welles erige, con il suo stile inimitabile e raffinato, un monumento consacrato allo scontro tra la luce e le tenebre, dove il tempo si declina solo al passato, dove chi vince perde le proprie certezze e chi perde guadagna se non altro l’oblio…
Al di là dei detective, il noir maturo degli anni ’50 offre storie che mettono al centro dell’attenzione maggiormente le pulsioni. La sanguinaria (Gun Crazy), 1950, di Joseph H. Lewis, è emblematico in questo senso, vicenda estrema di passione erotica e eccitazione omicida.
L’amour fou che trascina Burt e Laurie in una spirale di sangue che alimenta, forse ancor più del sesso, la loro relazione, e che alla fine la distruggerà, appare una necessità, un istinto, un imperativo bio-psichico che dona la pienezza dell’essere in cambio della morte del corpo e della negazione della civiltà… L’amore della coppia assassina non può restare a galla in mezzo a tanto sangue e sarà Burt, avvelenato dal rimorso, a giustiziare Laurie prima di essere crivellato dalla polizia. Il tutto sotteso a una narrazione bellisssima, costruita da una regia ricca di intuizioni e sentimento.
Come l’analisi di questi tre film dimostra, il noir si è lentamente spostato dall’analisi dell’interazione tra legge e fuorilegge all’interno della società, allo scandaglio dei rapporti pulsionali e istintuali tra individuo e civiltà.
Nella stessa direzione, seppur con un impianto di base da favola (e non da tragedia come è quello di La sanguinaria), va La morte corre sul fiume (Night of the hunter), uno dei due unici film girati come regista dall’attore Charles Laughton nel 1955.
Ritornando a quanto detto all’inizio, noir è un sentimento e, tra tutti quelli che il mondo ci insinua nell’animo, forse il più sincero… A dimostrarne potenza e duttilità c’è tutto ciò che segue e travolge il noir classico, il quale rimane in ogni caso padre non rinnegabile di tanto cinema emozionante e poco rassicurante…
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