E' da poco trascorso il 25 aprile. Ricorreva l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. L’Italia s'è fermata. Si sarebbe dovuta fermare a ricordare, forse ha solo portato sui suoi monumenti fiori alla memoria destinati ad appassire per poi partire, di corsa, per un giorno di vacanza.

Ricordare: meditare sulla storia del nostro Paese sembra un’impresa titanica, al di là della commemorazione, del "rosso" sul calendario.

Come spesso accade, il noir o il giallo, dipende da come lo volete chiamare, il nostro genere preferito insomma, può aiutarci a smuovere i nostri neuroni presi dal torpore ormonale primaverile. C’è un libro giallo nella nostra letteratura che ci può dare spunto a riflettere: Fiori alla memoria, di Loriano Macchiavelli.

Lo scrittore bolognese non ha bisogno di presentazioni, il romanzo, per chi non l’avesse letto, sì.

Fiori alla memoria ha i suoi anni, trentuno per la precisione, ma è di un’attualità sconcertante, forse perché dentro vi scorre parte della storia politica dell’Italia, quella storia piena di conflitti rimasti irrisolti, di strani misteri e di buchi grandi come crateri, puntualmente ignorati o peggio ancora dimenticati.

Ma con che guai ha a che fare Sarti Antonio, sergente in questa sua seconda avventura (La prima, lo ricordiamo è raccontata nelle Piste dell’attentato)? Leggiamo la quarta di copertina della recente ristampa Einaudi Stile Libero Noir: "A Pieve del Pino, una paese dell’Appennino tosco-emiliano, si sta ergendo un monumento ai Caduti partigiani. Un incendio doloso distrugge parte del cantiere: un attentato fascista? Chissà. Dell’indagine viene incaricato Sarti Antonio, colitico sergente della questura bolognese. Subito la situazione precipita: malgrado la sorveglianza, sul monumento appare una scritta inneggiante alla destra. Non solo, lì vicino viene trovato il cadavere di un giovane del paese. Che si tratti di un delitto a sfondo politico? Chissà."

Chissà.

Però certe parole di Rosas (l'anarchico/talpone amico di Sarti) suonano amare: "Se vogliamo essere onesti, non è che il loro sacrificio sia stato del tutto utile: oggi ce ne accorgiamo bene. Ma loro, poveretti, non immaginavano che sarebbe finita così. [...] Fare un monumento alla loro memoria, oggi, non ha proprio nessun senso: ci siamo dimenticati persino perché sono morti. Può essere solo una sfida a chi vuole che dimentichiamo lo loro morte."

E chi vuole che dimentichiamo la loro morte?

Chissà.