Se il noir esplora gli anfratti più marci della società e dell'animo umano, l'ultima prova di Giampaolo Simi è sicuramente un noir. Ed è soprattutto un gran bel romanzo, al di là delle anguste etichette del genere: bello, sì, oltre che cupo, cupissimo e impietoso.
Il corpo dell'inglese racconta tre storie, tre mesi di vita di altrettanti personaggi che la vita ha in qualche modo lasciato indietro e non sembra molto intenzionata a degnare di considerazione. Si tratta di un ex rivoluzionario, appena uscito da vent'anni di carcere dopo avere commesso un omicidio politico; di un giovane ingenuo, invischiato in un losco traffico unicamente per amore; e di un ex tossico con amicizie pericolose, per il quale la dipendenza non avrà mai termine. Queste tre storie si intrecciano, si rincorrono e si accavallano a più riprese, delineando un quadro sempre più ampio e corrotto, una raffigurazione tratteggiata nei colori del sordido al cui interno si muovono ex terroristi riciclati al capitalismo, donne fatali, traffici internazionali di droga e armi, servizi segreti, fiumi e fiumi di rifiuti. Rifiuti umani, anche: perché ognuno dei tre protagonisti è un individuo derelitto, cui il passato e il presente si sfaldano in mano senza riuscire a tratteggiare un futuro. Il "corpo dell'inglese" del titolo rappresenterà per tutti e tre qualcosa di differente ma, al contempo, un'unica fonte di tormento e di vergogna, qualcosa da obliare al più presto.
A fare da filo conduttore fra le tre storie, quasi un ironico contrappunto al marciume che emerge ovunque, è un libro di poesie di Shelley che passa tra le mani dei protagonisti, inconsapevoli per la maggior parte del tempo di ciò che sta capitando intorno a loro. D'altronde solo il lettore, a romanzo ultimato, avrà un quadro globale di tutto ciò che è accaduto. Il libro è costruito infatti come una sorta di gioco a incastri, dove eventi, oggetti e personaggi ritornano più volte in tutte e tre le storie e si chiariscono l'un l'altro, fino a formare di fronte agli occhi del lettore un'unica tragedia. Simi in questo dimostra un controllo perfetto della materia, costruendo piano piano un tessuto narrativo convincente. Non si tratta di un arido puzzle per esperti della Settimana Enigmistica, ma di una storia che coinvolge, raccontata per di più in uno stile evocativo, a tratti quasi lirico, capace di passare con naturalezza e disinvoltura dall'ironia di un dialogo alla disperazione più totale. Particolarmente degno di nota, per esempio, il brusco passaggio dalla leggerezza di un party in spiaggia all'orrore più puro e delirante delle complicate operazioni necessarie alla dissezione di un cadavere.
Una prova ottima e matura, insomma, con il valore aggiunto di far conoscere la metà oscura di una terra, il livornese e i suoi dintorni, finora poco toccata dalla narrativa di genere. Simi dimostra che la provincia e le città minori, in un mondo multipolare e decentrato come quello attuale, possono nascondere segreti ben peggiori di quelli delle grandi capitali del crimine.
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