Otto esponenti del bel mondo di New Orleans ricevono un misterioso invito a una festa ancora più misteriosa. Quando gli otto si ritrovano assieme diventa presto chiaro che c'è qualcosa di strano: tanto per cominciare, sebbene ciascuno di loro pensi che sia qualcuno degli altri il loro misterioso anfitrione, si scopre ben presto che in realtà nessuno di loro ha diramato gli inviti. C'è poi l'imbarazzo di scoprire che ognuno degli invitati ce l'ha a morte con qualcun altro, fornendogli un ottimo motivo per rovinare la serata con qualche commento acre (o peggio). Ma le cose iniziano ad andare veramente storte quando dall'impianto radiofonico della casa si diffonde la voce dell'anfitrione misterioso, che rivela che la casa è sigillata e che gli otto dovranno pagare un tributo salatissimo al nono convitato: un'ospite invisibile meglio nota come... la Morte. Ed è così che i convitati iniziano a morire, uno dopo l'altro...

È questo l'incipit de L'ospite invisibile, romanzo giallo scritto dalla coppia Gwen Bristow e Bruce Manning nel 1930 e proposto dalla Polillo Editore nella pregevole collana I bassotti, oltretutto nell'ottima traduzione di Alberto Tedeschi. La storia è serrata e claustrofobica, come si conviene a questo genere di romanzi; c'è anche, pur se all'acqua di rose, qualche velato accenno di critica sociale al mondo un po' snob ed estremamente conservatore della società di allora. Rilevante anche l'impianto tecnologico messo in campo per un giallo che ha più di 75 anni e che immagina metodi assai ingegnosi per i vari omicidi che si susseguono all'interno della casa-trappola. Certo, visto con sguardo contemporaneo, il romanzo appare a tratti un po' ingenuo in certi passaggi, o forse semplicemente davvero poco credibile nel descrivere un assassino che prevede così nel dettaglio le reazioni dei suoi prigionieri; se si è comunque disposti a lasciar vagare la fantasia e ad aumentare di un poco la propria sospensione dell'incredulità, ci si può godere benissimo questo originale giallo d'annata, che tra gli altri suoi meriti potrebbe avere (non è escluso) quello di avere ispirato l'impianto di Dieci piccoli indiani di Agatha Christie.