Sabato 25 marzo, ore 12 il creatore di Lazzaro Santandrea presenta Orchidea di Alessandro Maiucchi, alla Libreria del Giallo a Milano (via Peschiera, 1).
Andrea G. Pinketts che presenta il primo romanzo di Alessandro Maiucchi: in pratica un "professionista" del noir che si appresta a leggere secondo i propri schemi la storia di un altro, esordiente, avendo facoltà di giudicarla e analizzarla davanti al pubblico, per la prima e probabilmente unica volta.
Il "professionista" è l'uomo che ha fondato un movimento letterario anni fa, "La scuola dei duri", secondo il quale è possibile analizzare la realtà secondo gli schemi attivi del giallo, e così analizzandola, meglio comprenderla; la cosa "divertente" è che non sono mancate le occasioni in cui ha dimostrato di avere ragione.
Ora, perché un autore affermato e impegnato su vari fronti dovrebbe assistere, e per di più partecipare attivamente alla presentazione del primo romanzo di uno sconosciuto, che per altro non ha tratto ispirazione dai suoi lavori per questa opera, bensì da un altro maestro del genere? Probabilmente perché la considera un'opera degna di attenzione, che solleva molte questioni all'attenzione del lettore, senza scadere nella pedanteria come spesso accade. Perché hanno dei punti in comune, Pinketts e Maiucchi, e non puntini microscopici, ma macchioline che promettono di allargarsi diligentemente.
A parte la lucidità che entrambi gli scrittori hanno nel far esaminare e affrontare le situazioni ai propri personaggi, a parte il disincanto in cui tutto viene immerso inesorabilmente, e ancora tralasciando la crudezza delle immagini che si susseguono, o che vengono semplicemente suggerite, il fatto da sottolineare è un altro: è l'idea. L'idea che la storia raccontata sia solo un pretesto per sfruttare la lingua in un certo modo, o che serva da trampolino per mettere in luce problemi diversi, di respiro molto più ampio, ma sottovalutati: la donna, l'uomo, l'immagine che entrambi hanno dell'altro e di sé, e il loro modo di affrontare queste immagini e conviverci, aggrappandosi magari al sarcasmo, fino alla disperazione, che non è mai nera se si conserva la mente lucida.
Andrea G. Pinketts suscita reazioni differenti nei suoi lettori, dall'assoluta adorazione al commento sarcastico, dal desiderio di consacrare la propria vita alla lettura dei suoi lavori, alla considerazione di quanto essi siano invece sopravvalutati. Accade sempre la stessa cosa nella massa quando qualcuno ha il coraggio di smuovere la nebbia che ci ottunde i sensi. Pinketts allora ci trae in salvo, deridendo insieme a noi la realtà e mostrandoci che non è necessario prendere davvero tutto sul serio per avere una vita dura, o soddisfacente, o dignitosa, ma che spesso invece i nostri sforzi ottengono un risultato opposto a quello sperato, e a quel punto si può anche semplicemente ordinare un'altra birra.
L'unico rischio leggendo i lavori di Andrea G. Pinketts, infatti, è non riuscire a comprenderlo: chi racconta di trovarlo noioso, sempre uguale a se stesso e ai cliché del giallo e del noir, non ama la lingua in cui si esprime, e non riesce ad apprezzarne appieno la bellezza e la ricchezza.
Il romanzo di Alessandro Maiucchi ormai è in giro da alcuni mesi, e le recensioni continuano a piovere da tutte le parti; appare ovvio quindi rivolgersi a uno "pratico" (che eufemismo!) del settore per avere un parere professionale. Non svelerò i meccanismi del romanzo in presentazione, che si sa che non si fa, ma qualche notizia allettante potrei lasciarmela scappare: come già sa chi ha letto la prefazione o qualche commento in giro per la rete, il romanzo ha preso vita da una "sfida" lanciata dal maestro King, sfida più o meno prontamente raccolta da Maiucchi. La sua storia si snoda in una cittadina americana, e qui molti storcono il naso, e viene recitata credibilmente da personaggi americani anch'essi; non starò qui a dire che tuttavia i sentimenti che agitano l'animo del protagonista non sono esclusivamente americani ma appartengono a tutti noi, nè vi racconterò quanto sia stato bravo a incastrare i suddetti patemi con le scene movimentate o appassionate (in più di un senso) del suo scritto. Quello che davvero voglio sottolineare è il senso di asciuttezza con cui il tutto viene portato avanti, senza il tentativo di distrarre da una trama poco avvincente, o di incantarequalcuno col sacro fuoco della propria arte.
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