Io sono uno scettico che deve concretamente vedere le cose mentre accadono, per essere sicuro che stiano accadendo, perciò profondamente scettico su tutto quello che non si può provare e che spesso ha odore d’inventato, se non di truffaldino. Ma da amante del mistero e della fantascienza non posso limitare la mia passione solo a quello che ci appare come reale, ma la estendo a tutte quelle cose che sono nell’aria, che esistono anche se noi non le vediamo. O pensiamo di non vederle. Il fascino dell’insolito come recitava il titolo di una serie di film per la televisione da me curata che andò in onda per tre anni consecutivi dal 1980 al 1982. Una serie che comprendeva racconti presi dalla letteratura mondiale di varie epoche, spaziando dal racconto gotico al fantastico di Truman Capote, alla fantascienza di autori come Dick, Bradbury, Matheson ecc.. Una serie a basso costo che fu un’alternativa spettacolare e culturale a tanta televisione popolare (definirla brutta sarebbe meglio) e che proprio per questo a volte è dimenticata, anche se in realtà mi rendo conto adesso che in molte Università quei nostri lavori sono studiati e considerati cult-movies. Al punto che sta per uscire un volume curato dall’Università di Salerno proprio sui lavori seriali realizzati dalla RAI negli studi televisivi di Napoli. Ma avremo modo di riparlarne nel seguito del nostro lungo viaggio quando il libro sarà in uscita.
Stavolta ho fatto questa premessa perché sono stato colpito da due notizie apparse sui giornali in questi giorni. Una, uscita con molta evidenza anche in prima pagina perché riguardava la scomparsa del cardinale Marcinkus, personaggio noto soprattutto per le sue disavventure finanziarie e giudiziarie. Lo stesso giorno ho letto una notizia piccola pubblicata solo da qualche giornale che riferiva della morte tragica di un attore americano, Richard Bright, investito a New York da un bus, nel quartiere dove abitava. I due personaggi sono morti lo stesso giorno per cause diverse e con età differenti, nel senso che il primo era molto anziano e malato, il secondo aveva avuto la malasorte di un incidente mortale, avendo solo sessantacinque anni.
Perché sono stato impressionato da queste due notizie e dalla pura coincidenza della morte, avvenuta nello stesso giorno? Tutti voi sapete chi era il cardinale Marcinkus ma pochi ricordano chi era Richard Bright, ottimo attore e caratterista che aveva avuto un momento di gloria partecipando a tutti e tre i film della saga di Il padrino. Nel primo era il killer che alla fine si vestiva da poliziotto e uccideva Richard Conte, nel secondo aveva fatto carriera ed era sempre a fianco di Al Pacino come capo dei suoi scherani, in Il padrino 3, sempre in questa veste di uomo di fiducia e killer numero uno, riceveva l’incarico più difficile: uccidere il cardinale che aveva tradito e rovinato Corleone, in accordo con il banchiere ispirato al personaggio reale di Calvi. Il cardinale, senza alcun dubbio – mancava solo che facessero nome e cognome - era preso di sana pianta dalla figura del cardinale Marcinkus. Quindi nel film l’attore Richard Bright nelle vesti di un killer uccideva il cardinale Marcinkus, ovviamente nella finzione. Ma per strani giochi del destino che mi affascinano sempre, il destino ha unito la sorte di questi due uomini nel giorno della loro morte reale: uniti da una morte finta hanno terminato la loro esistenza reale più o meno nello stesso momento. Come sempre la realtà supera la fantasia.
Io nella mia lunga carriera ho scritto soprattutto storie gialle e nere ma ho anche affrontato il tema più vasto del mistero fantastico, oltre i limiti del mondo reale. Così nell’anno 1976, un anno importantissimo per me, accanto al successo clamoroso di una serie realistica come Dov’è Anna? ebbe un grande successivo il lavoro presentato subito dopo e che fece discutere molto per il suo essere diverso e soprattutto per i temi che affrontava: il lavoro era intitolato La mia vita con Daniela ed era interpretato da Ivana Monti, attrice del Piccolo Teatro di Milano all’esordio televisivo, e da Walter Maestosi con il quale, come sapete, sto vivendo in questo momento una eccitante avventura teatrale con HAMMETT N.3241, lo spettacolo in scena a Roma al teatro dell’Orologio fino al 26 marzo (con possibilità di sconto per i lettori di questo sito), dedicato al famoso scrittore americano ma soprattutto alla sua capacità di opporsi ai gravi pericoli del maccartismo.
La mia vita con Daniela era una storia del tutto diversa che aveva un inizio memorabile: una donna arriva in un ufficio per essere assunta come segretaria di un avvocato ma con sorpresa si accorge che tutti quelli che incontra sembrano conoscerla. Quello che manca invece è il lavoro: l’avvocato non ha bisogno di una nuova segretaria. Ma quando la vede, l’uomo le corre dietro e la ferma: perché si è presentata con un altro nome e con la scusa di un impiego? Lei lo guarda con rabbia e con stupore: sicuramente la sta confondendo con un’altra donna. L’avvocato sorride: non si può commettere un errore simile con la propria moglie. Perché lei è Daniela, la moglie che da sei mesi lo ha lasciato e adesso finalmente è tornata.
Come vedete una partenza strana, spiegabile con le solite scuse razionali: per colpa di una amnesia la donna non ricorda più chi sia. Ma la cosa strana è che la donna sa perfettamente chi è e descrive nei minimi particolari i ricordi della sua vita. Ecco, non voglio raccontarvelo anche perché insieme con mia moglie Diana Crispo lo abbiamo riscritto in forma di romanzo e lo faremo uscire al più presto, sperando di accoppiarlo alla versione televisiva, libro + dvd che funziona sempre. Da questa partenza emerge una ricerca condotta da una coppia nella quale uno ha impresso nella memoria tutti i momenti belli e tristi del loro rapporto, l’altra invece deve tentare di ricostruire se stessa annullando la persona nella quale tutti gli altri vorrebbero trasformarla. Lei deve cominciare a convivere con un’altra donna, Daniela, che però potrebbe essere lei stessa. E l’altra, la Bianca Rizzi che lei sostiene di essere, chi è? Che fine ha fatto? Se realmente esistono due persone, Daniela e Bianca, perché adesso una sola si aggira per le strade di Roma, di Firenze, di Bruxelles alla ricerca di una tragica verità?
Il fatto di lavorare adesso in teatro con Walter Maestosi – uno splendido attore di quelli che adesso non li fanno più - mi ha fatto ricordare questo importante momento della mia vita perché il filone fantastico è molto interessante e sarebbe il caso di farlo rivivere, senza le esagerazioni di effetti speciali e della truculenza alle quali spesso si associa. La mia vita con Daniela metteva paura senza un effettaccio ma soltanto perché poneva degli interrogativi ai quali è difficile dare risposte. E nello sforzo di farlo bisognava mettersi in discussione, fare una scelta fra la totale razionalità e la possibilità che esista qualcosa ai confini della realtà. Qualcosa che non so definire ma che esiste. E segna la vita di ognuno di noi, facendoci accettare anche soluzioni che forse all’inizio avremmo rifiutato senza il minimo dubbio. Nel finale di La mia vita con Daniela la donna ci guarda dallo schermo e ci racconta la sua versione, dicendoci chi è lei e come è diventata così. Sta a noi crederle o no. Quello che conta è che la sua vita, qualunque sia, non è una vita sprecata.
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